Turkish elections. 24 June 2018

LE ELEZIONI PARLAMENTARI E PRESIDENZIALI TURCHE DEL 24 GIUGNO 2018

di Elisa Pagano

Il 24 giugno scorso i cittadini turchi sono stati chiamati alle urne per l’elezione sia del Presidente della Repubblica che del Parlamento, la Grande Assemblea Nazionale Turca, come stabilito dall’emendamento dell’articolo 77 della Costituzione approvato con il referendum del 16 aprile 2017. Questi emendamenti, proposti dal partito al governo, ossia il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP), sono stati approvati solo con il 51% dei voti a favore e hanno provocato forti incertezze nel Paese. Si tratta di modifiche funzionali alla transizione della Turchia dalla forma di governo semi-presidenziale a quella presidenziale e prevedono, per esempio, l’abolizione della carica di Primo Ministro e l’ampliamento smisurato dei poteri affidati al Presidente.
Le elezioni, che avrebbero dovuto aver luogo nel novembre del 2019, sono state anticipate su proposta del Presidente in carica Erdoğan con l’obiettivo di superare l’incertezza presente nel paese creatasi in seguito a eventi quali le missioni militari in Siria e Iraq e i timori diffusisi a causa del cambiamento radicale dell’ordinamento turco in seguito al referendum di revisione costituzionale citato in precedenza. Inoltre, l’intero processo elettorale si è svolto durante il regime di stato di emergenza dichiarato nel luglio del 2016 da Erdoğan a seguito di un tentativo di colpo di Stato, poi rinnovato ogni 4 mesi e fatto cessare solo il 20 luglio 2018.
Le elezioni turche sono state oggetto di una missione di osservazione elettorale internazionale da parte dei funzionari dell’ODIHR, i quali hanno monitorato l’intero processo elettorale per salvaguardare in particolare la libertà di associazione e di espressione, considerate a livello internazionale come essenziali per lo svolgimento di elezioni democratiche. Lo stato di emergenza infatti aveva ridotto radicalmente la possibilità di esercitare questi diritti da parte dei cittadini turchi.
La Grande Assemblea Nazionale Turca è un Parlamento unicamerale il quale, ai sensi degli articoli 75 e seguenti della Costituzione, è eletto a suffragio universale per un mandato di 5 anni. Il sistema elettorale adottato è quello proporzionale, in base al quale ognuno degli 87 distretti turchi elegge un certo numero di seggi in proporzione alla propria popolazione. La ripartizione dei seggi è attuata attraverso il metodo d’Hondt ed è previsto uno sbarramento del 10% per l’accesso al Parlamento. Si tratta della soglia elettorale più alta in Europa, la quale da un lato limita la possibilità di accesso in Parlamento dei partiti minori e dall’altro favorisce i partiti più grandi e già affermati.
Anche il Parlamento è stato influenzato dagli emendamenti costituzionali derivanti dal referendum del 2017 e da modifiche della legge elettorale, favorevoli al mantenimento del potere del partito dominante guidato da Recep Tayyip Erdoğan, le quali sono state adottate solo poche settimane prima delle elezioni, a marzo del 2018.
La novità più importante è sicuramente la possibilità, non ammessa in precedenza, di formare alleanze tra partiti. La soglia elettorale del 10% si applica, nel caso di coalizioni, alla somma delle percentuali ottenute dai diversi partiti che ne fanno parte. Questa misura dovrebbe avere l’effetto di favorire il superamento della soglia elettorale del 10% necessaria per ottenere seggi in Parlamento, ma di fatto il suo inserimento nella legge elettorale è considerato da molti strumentale al raggiungimento della maggioranza da parte del partito già detentore della maggioranza parlamentare, il Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP). Questo, infatti, si è immediatamente avvalso della possibilità di formare una coalizione.
Durante la campagna elettorale per la Grande Assemblea Nazionale Turca si sono formate in totale due coalizioni. La prima, chiamata Alleanza del popolo, tra il già citato AKP, partito di stampo conservatore guidato da Erdoğan, e il Partito di Movimento Nazionalista (MHP), di estrema destra. La seconda coalizione, chiamata Alleanza nazionale, è invece composta da quattro partiti: il Partito Popolare Repubblicano (CHP), partito di centro-sinistra fondato da Atatürk, il Partito della Felicità (SP), partito islamista e conservatore di destra fondato nel 2001, il Partito del Bene (IYI), nuovo partito di destra e infine dal Partito democratico (DP). Si tratta di un’alleanza singolare a causa delle profonde differenze ideologiche tra questi partiti, le quali sono state temporaneamente accantonate per avere una possibilità concreta di rovesciare il potere di Erdoğan creando una forte coalizione di opposizione. I punti in comune su cui questi partiti hanno basato la loro alleanza sono principalmente la necessità di ripristinare la separazione tra i poteri, il ristabilimento della libertà di stampa, la volontà di abolire la riforma costituzionale del 2017 e tornare al sistema parlamentare.
Tuttavia, dalle elezioni per il Parlamento, il cui numero di seggi è stato incrementato dalla riforma da 550 a 600, è risultata vincitrice la coalizione Alleanza del popolo formata da AKP e MHP, la quale, avendo ottenuto in totale il 53,7% dei voti, si è assicurata circa 350 dei 600 seggi. Si può notare che i voti a favore dell’AKP sono diminuiti del 7% rispetto alle ultime elezioni, tenutesi nel 2015, e che l’11,1% totalizzato dal MHP è stato determinante per il raggiungimento della maggioranza parlamentare da parte della coalizione. Con un totale del 32,6%, la coalizione Alleanza della Nazione ha ottenuto circa 190 seggi, suddivisi tra Partito Popolare Repubblicano (22,6%) e Partito del Bene (10%). Infine, si sono assicurati l’accesso al Parlamento i filo-curdi dell’HDP, pur non essendo parte di alcuna coalizione, totalizzando l’11,7%, un risultato soddisfacente se si considera che il leader del partito, Selahattin Demirtaş, è detenuto per terrorismo. L’affluenza è stata molto alta, in quanto ha votato circa l’86% degli aventi diritto.

In base agli articoli 101 e 102 della Costituzione turca, come emendati nel 2017, il Presidente della Repubblica viene eletto direttamente dai cittadini per un mandato di 5 anni. Alle elezioni presidenziali del 24 giugno i candidati erano in tutto sei, dei quali una donna, Meral Akşener, la prima a essersi mai candidata alla carica presidenziale in Turchia. Muharrem İnce, Recep Tayyip Erdoğan e Selahattin Demirtaş erano già parlamentari e sono stati candidati dai propri partiti, rispettivamente CHP, AKP e HDP. I restanti tre candidati, Meral Akşener, Temel Karamollaoğlu e Doğu Perinçek, si sono avvalsi della possibilità, introdotta dall’articolo 101 come emendato nel 2017 della Costituzione, di essere accettati come candidati indipendenti alla carica di Presidente della Repubblica a patto di aver raccolto un minimo di 100.000 firme entro il 9 maggio 2018.
Erdoğan era già stato eletto alla carica di Presidente della Repubblica alla prima elezione diretta del Presidente svoltasi in Turchia nel 2014 ottenendo il 51,7% dei voti al primo turno; in precedenza aveva ricoperto la carica di Primo Ministro per quasi un decennio. In vista delle elezioni del 24 giugno 2018, egli ha condotto una campagna elettorale particolarmente aggressiva, insistendo sulle questioni nazionaliste, incolpando il terrorismo e l’Occidente per i problemi economici del paese e per l’aumento della disoccupazione. Gli osservatori della OSCE hanno sottolineato che l’opposizione non ha potuto fare campagna con eguali condizioni rispetto alle forze che sostenevano il Presidente Erdoğan.
Alle elezioni presidenziali tenutesi il 24 giugno l’affluenza è stata molto alta (86%), dunque sono stati registrati circa 51 milioni di voti validi. Erdoğan, con il 52,6% ha ottenuto la maggioranza assoluta necessaria per essere riconfermato Presidente della Repubblica, senza la necessità del secondo turno previsto dalla Costituzione turca nel caso in cui nessun candidato raggiunga tale maggioranza. Muharrem İnce, principale concorrente del Presidente in carica, ha ottenuto il 30,6%, un risultato mai ottenuto prima da un candidato del CHP, ma che non è bastato a superare Erdoğan. Demirtaş, che nelle elezioni del 2014 aveva raggiunto il 10% dei voti, ha ottenuto l’8,4% dei voti e Akşener il 7,3%. Infine, Karamollaoğlu e Perinçek hanno ottenuto meno dell’1% dei voti.

Nonostante le diverse accuse di brogli elettorali da parte dell’opposizione, i risultati di queste elezioni sono da considerare come una duplice vittoria per Erdoğan, il quale ha sostanzialmente raggiunto la maggioranza sia per la carica di Presidente della Repubblica che in Parlamento, risultato raggiunto grazie alla coalizione con il MHP.
Con l’effettiva entrata in vigore degli emendamenti alla Costituzione approvati con il referendum del 2017, Erdoğan ha consolidato radicalmente il suo potere poiché, dopo queste elezioni, la carica di Presidente, la quale in passato era principalmente simbolica, vede ora i suoi poteri moltiplicati. La divisione dei poteri, elemento fondamentale dello Stato democratico, diventa sempre più sfumata nell’ordinamento turco, in quanto il Presidente non solo assume i poteri che precedentemente erano affidati al Primo Ministro, ma prende il controllo esclusivo dell’esecutivo. Egli infatti, in seguito agli emendamenti alla Costituzione e all’indebolimento del ruolo del Parlamento, può nominare direttamente i ministri e il vice presidente, adottare atti presidenziali vincolanti e inoltre riservarsi la facoltà di controllo su organi in precedenza indipendenti, quali il potere giudiziario e la Corte Costituzionale. Il Presidente ha dunque assunto quasi poteri assoluti, ma in un Paese spaccato a metà e in grave crisi economica dopo il crollo della lira turca, le cui conseguenze ancora oggi influenzano negativamente l’economia e lo sviluppo del Paese.

FONTI:
1) Costituzione turca https://global.tbmm.gov.tr/docs/constitution_en.pdf
2) Sito della commissione di Venezia https://www.venice.coe.int/webforms/documents/default.aspx?pdffile=CDL-REF(2017)005-e
3) Risultati elettorali sito Supreme Electoral Council http://www.ysk.gov.tr/doc/dosyalar/Ingilizce/ElectionResults/2018MV-96A_en.pdf
http://www.ysk.gov.tr/doc/dosyalar/Ingilizce/ElectionResults/2018CB-416D_en.pdf
4) Report finale della missione di osservazione elettorale OSCE-ODIHR https://www.osce.org/odihr/elections/turkey/397046?download=true
https://www.osce.org/odihr/elections/turkey/385671?download=true
5) http://parties-and-elections.eu/turkey.html
6) https://www.balcanicaucaso.org/aree/Turchia/Turchia-la-nuova-legge-elettorale-187218

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