TUNISIA: PRESIDENTIAL ELECTION MARKED BY THE REJECTION OF THE CURRENT POLITICAL SYSTEM

TUNISIA: LE ELEZIONI PRESIDENZIALI ALL’INSEGNA DEL RIFIUTO DELL’ATTUALE SISTEMA POLITICO

Di Sara Zanotta[1]

Domenica 15 settembre 2019 si sono tenute in Tunisia le seconde elezioni presidenziali dalla fine del regime di Ben Ali. I risultati, come previsto dai sondaggi nei giorni precedenti al voto, sembrano segnalare un cambiamento nella politica della giovane democrazia nordafricana: al secondo turno, che si terrà il 6 o il 13 ottobre, si sfideranno infatti i due outsider. Questi sono Kaïs Saïed, che ha ottenuto il 18,40% dei voti, e Nabil Karoui, sostenuto dal 15,58% dell’elettorato. In una tornata elettorale in cui si sono scontrate tutte le anime della politica tunisina con 26 diversi candidati, i due vincitori del primo turno sono figure in aperta rottura con l’establishment rappresentato dai principali partiti. In particolare, esce sconfitto il capo del Governo Youssef Chahed, in quanto esponente di una politica che non è stata in grado di risolvere i gravi problemi economici e sociali del Paese.

Da queste elezioni emerge un lato indubbiamente positivo: la transizione democratica in Tunisia sembra aver avuto un certo successo. Si è trattata della quinta volta dalla Primavera Araba in cui il Paese è andato al voto, non sono stati segnalati problemi di ordine pubblico e la missione di osservatori dell’Unione Europea ha definito pluralista la campagna elettorale e ha sottolineato come le libertà fondamentali siano state rispettate. L’unico dato negativo rilevato dagli osservatori ha riguardato la candidatura di Nabil Karoui, attualmente detenuto, per la quale le autorità non avrebbero “preso le misure necessarie per permettere a tutti i candidati di svolgere una campagna nel rispetto del principio di pari opportunità previsto dalla legge tunisina”.

Al tempo stesso non mancano le preoccupazioni per il futuro di un panorama politico frammentato a poche settimane dalle elezioni parlamentari, che si terranno il 6 ottobre, con una popolazione che non si sente rappresentata dai principali partiti politici. Difatti, le elezioni presidenziali sembrano segnare una svolta nella politica tunisina emersa dalla Rivoluzione dei Gelsomini. Negli ultimi otto anni, questa è stata caratterizzata da una divisione in due blocchi, espressioni di ideali opposti, che hanno però collaborato nel sostegno all’attuale governo di coalizione guidato da Youssef Chahed. Questi due blocchi sono l’uno occupato dal partito islamista moderato Ennahda (Movimento della Rinascita), l’altro dal partito modernista e laico Nidaa Tounes (Appello della Tunisia). Sembrerebbe, quindi, che al cuore delle attuali elezioni non ci sia più il contrasto tra Islam e secolarismo, quanto piuttosto i bisogni economici e sociali della popolazione tunisina, aprendo ad uno scontro tra il conservatorismo di Saïed e il populismo di Karoui.

Kaïs Saïed, un costituzionalista sessantunenne, sembra aver sedotto soprattutto i giovani istruiti dei ceti popolari, togliendo a Ennahda parte del proprio elettorato. Sostenitore della democrazia diretta, ambisce ad una profonda revisione della Costituzione mirata ad incrementare il potere dei governi locali. Saïed non ha mai nascosto le proprie posizioni ultraconservatrici: è favorevole alla pena di morte e ad una legge che punisca le coppie non sposate che manifestano il proprio affetto in pubblico, ostile alla depenalizzazione dell’omosessualità e contrario alla riforma, proposta dal precedente capo di Stato Beji Caid Essebsi, per riconoscere l’uguaglianza tra uomo e donna nell’eredità. La chiave del suo successo è stata probabilmente la decisione di condurre la propria campagna andando porta a porta a spiegare il suo programma e di riprendere, evocando i “martiri della rivoluzione” gli ideali di giustizia sociale che hanno caratterizzato la Primavera Araba tunisina.

In seconda posizione vi è invece il cinquantaseienne Nabil Karoui. Nel 2007 ha fondato con l’approvazione di Ben Ali il canale televisivo Nessma TV e dopo la rivoluzione ha collaborato con Beij Caid Essebsi per la creazione di una forza modernista in opposizione al partito islamista Ennahda, che aveva vinto le elezioni per l’Assemblea Costituente del 2011, giungendo alla fondazione del partito Nidaa Tounes, da lui lasciato nell’aprile 2017. Ha gettato le basi del suo successo mettendo in atto una serie di campagne di beneficienza, portando cibo e medicine nelle regioni interne del Paese, le più povere. Ovviamente ha pubblicizzato queste campagne attraverso il proprio canale televisivo, ottenendo le simpatie dei gruppi della società che versano in situazioni precarie. Di fronte alla sua decisione di prendere parte alle elezioni presidenziali, nella primavera del 2019 il governo di Chahed ha tentato senza successo una riforma della legge elettorale mirata a contrastare Karoui, poi incarcerato il 23 agosto per evasione fiscale e riciclaggio di denaro. La campagna elettorale è stata quindi portata avanti dalla moglie, Salwa Smaoui.

Non parteciperanno al secondo turno i candidati che rappresentano il mondo politico tunisino degli ultimi anni: Abdelfattah Mourou, candidato del partito islamico Ennahda ha ottenuto l’11% delle preferenze, il Ministro della Difesa Abdelkarim Zibdi il 9,4% e il capo del Governo Youssef Chahed il 7,5%.

Tuttavia, l’affluenza ha raggiunto solo il 49%, registrando una crescita rispetto al 34% delle elezioni municipali del 2018, ma al tempo stesso un forte calo rispetto al 63% delle presidenziali del 2014. Un dato, dunque, tutt’altro che positivo, che dimostra come l’astensione sia stata la vera vincitrice di questa tornata elettorale. Quest’ultima, affiancata alla sconfitta dei candidati dei partiti tradizionali, denota chiaramente la volontà della popolazione tunisina di mostrare la propria contrarietà ad una politica che non è stata in grado di migliorare le condizioni in cui versa Paese. La situazione economica è critica: il tasso di crescita è all’1%, l’inflazione al 7%, il tasso di disoccupazione al 15%, un terzo dei laureati è senza lavoro, lo standard di vita è peggiorato e il divario fra la fascia costiera e l’interno del Paese resta profondo. Ci sono problemi legati alla sicurezza, con tre attacchi suicidi solo quest’estate, e due terzi dei tunisini ritiene che il governo faccia poco o niente per rispondere alla loro esigenze.

In ogni caso, al fine di valutare il futuro della Tunisia, bisogna ancora attendere due appuntamenti importanti. Il primo è il secondo turno delle elezioni presidenziali, per le quali Ennahda il 19 settembre ha annunciato il suo sostegno al candidato Saïed, che vede dunque aumentare le sue probabilità di vittoria; il secondo sono le elezioni parlamentari, per le quali Chaheb ha richiesto ai liberali e ai centristi di unirsi. In ogni caso, indipendentemente da chi uscirà vittorioso, il principale compito che dovrà svolgere è chiaro: continuare il processo di democratizzazione iniziato nel 2011, tentando di garantire un miglioramento delle condizioni di una popolazione che rischia sempre più di perdere la fiducia nella politica.

FONTI

* Università degli Studi di Milano

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