THE RELATIONS BETWEEN FIDESZ AND EPP IN THE INTERPRETATION OF THE HUNGARIAN PRIME MINISTER VIKTOR ORBÁN

I RAPPORTI TRA IL FIDESZ E IL PPE SECONDO IL PRIMO MINISTRO UNGHERESE VIKTOR ORBÁN

di Massimo Congiu*

First Prime Minister Viktor Orbán has recently sent a letter to Manfred Weber – chairman of the European People’s Party (EPP) in the European Parliament –  asking for a loosening in the relations between Fidesz and EPP. The Hungarian initiative was taken before the European summit held to decide European budget for the next seven years, and it could be seen as a preventive step to prepare the exit of his party from EPP.

 

Il compromesso sul bilancio UE per i prossimi sette anni è stato raggiunto con la mediazione della presidenza di turno tedesca. Il meccanismo, comprendente anche i 750 miliardi di euro del Recovery Fund, era stato bloccato dal rifiuto di Ungheria e Polonia nei confronti della condizionalità riguardante il rispetto dello stato di diritto. Il criterio non è stato toccato, lo sblocco ha avuto luogo grazie all’impegno contenuto nella dichiarazione interpretativa di “non utilizzare arbitrariamente” il meccanismo in questione e grazie alla decisione della Commissione europea di non porre in atto alcuna procedura finché la Corte di Giustizia non avrà deliberato sulla legalità del provvedimento.

Le richieste di Ungheria e Polonia andavano oltre questo, ma per esse è già qualcosa. L’Unione europea intanto prende tempo anche perché il problema del mancato rispetto dello stato di diritto nei due paesi è sempre una realtà. Ad esso è dovuta la messa in moto del procedimento legato all’attivazione dell’articolo 7 nei confronti dei due paesi poi congelato, almeno per il momento, col compromesso raggiunto di recente in sede comunitaria.

La politica svolta dal governo danubiano ha portato a concrete obiezioni, da parte dell’UE, sul mancato rispetto degli standard democratici auspicati da Bruxelles ed è all’origine delle difficoltà che da un po’ di tempo a questa parte caratterizzano i rapporti fra il Fidesz di Viktor Orbán e il Partito Popolare Europeo (PPE). Il soggetto politico guidato dal leader ungherese è sospeso dal PPE dal marzo del 2019 per incompatibilità di vedute fra le parti sui rapporti con le istituzioni comunitarie. Lo spunto decisivo è stato fornito dalla campagna del governo ungherese per le ultime elezioni europee contenente elementi propagandistici considerati denigratori nei confronti di Jean-Claude Juncker. Il primo piano dell’ex presidente della Commissione europea era comparso, nella cartellonistica governativa, a fianco a quello del magnate americano di origine ungherese George Soros, presentati entrambi nell’atto di “ghignare” soddisfatti per avere in mano l’UE, quasi fosse un loro giocattolo. Nel caso di Soros, poi, la berlina mediatica era caratterizzata, secondo l’interessato e i critici, da un approccio antisemita.

Orbán, all’epoca, aveva presentato ai suoi la vicenda come una sorta di successo del Fidesz ai fini di una necessaria svolta nei rapporti col PPE. Da allora Orbán si è espresso più volte sui medesimi aspetti sottolineando il fatto di non trovarsi più tanto a suo agio in una famiglia che sta accantonando i valori cristiani e nazionali subendo l’egemonia di forze liberali e di sinistra. Partendo da questa constatazione, il primo ministro ungherese aveva anche affermato la necessità, per il Fidesz, di trovare una nuova collocazione in Europa, di sollecitare quindi la coesione di soggetti attivi nella difesa dei valori cristiani e nazionali per creare un fronte comune pronto a prendere il posto del PPE.  Al tempo stesso, la sensazione era ed è tuttora che Orbán non abbia tutta questa fretta di abbandonare il PPE ma di volerne piuttosto spostare l’asse politico a destra, in senso nazionalista. Il leader di Budapest, però, si tiene preparato anche ad un’uscita dalla famiglia dei Popolari europei in modo da non fare la figura di chi viene cacciato e segnalarsi, invece, come colui che prende l’iniziativa. È una questione di prestigio, sia a livello interno che a livello europeo.

Si inserisce in questa logica la lettera che Viktor Orbán ha scritto e inviato al capogruppo PPE Manfred Weber prima del vertice europeo che avrebbe portato all’accordo sul bilancio UE. Pubblicata dal quotidiano ungherese di provenienza socialdemocratica Népszava, la lettera proponeva di allentare i rapporti fra il Fidesz e il PPE nel Parlamento europeo. In essa Orbán sottolineava che esistono “differenze di interessi e problemi di comunicazione” fra le parti e che per questo occorre pensare per il futuro a rapporti più “sciolti”.

Come già precisato, le relazioni fra i due partiti sono questione da tempo complessa. Le tensioni più recenti risalgono ai primi di dicembre, quando l’eurodeputato del Fidesz Tamás Deutsch aveva commentato in tv una dichiarazione di Weber, parlando di “modi da Gestapo e da KGB”. In realtà, Manfred Weber si era limitato a chiedere perché Orbán fosse contro la condizionalità sul rispetto dello stato di diritto se in Ungheria non ci sono problemi da quel punto di vista. Il vicepresidente del Parlamento europeo, e membro del PPE Othmar Karas, si era impegnato per l’espulsione dal gruppo di Deutsch che nel frattempo aveva presentato le sue scuse. Favorevole al provvedimento anche l’eurodeputato slovacco che al giornale ungherese Index aveva detto di considerare giusta anche l’espulsione del Fidesz dal PPE, di umore simile l’europarlamentare tedesco Dennis Radtke che aveva detto: “non è la prima volta che Deutsch va contro il gruppo”, e aggiunto: “Questa storia deve finire”.

L’episodio non ha certo contribuito alla distensione fra le parti e a dare un’immagine diversa della posizione del governo ungherese e dei suoi sostenitori all’interno dell’UE, a maggior ragione dopo il blocco al bilancio. In Ungheria c’era poi chi prevedeva l’espulsione del Fidesz dal PPE, alla prima riunione del gruppo, se Orbán non avesse cambiato idea sul veto. Alla luce di questa considerazione, la lettera inviata dal leader ungherese a Weber assume la connotazione di una mossa preventiva per evitare di finire nell’angolo con il suo partito. Come sappiamo le cose non sono andate così grazie all’accordo, ma la mossa del premier di Budapest potrebbe essere utile, anche in futuro, insieme ad altre di questo stesso genere, lungo la direttrice dei rapporti difficili e contrastati fra la forza politica che guida e il PPE. Nel frattempo Orbán segue con attenzione i possibili sviluppi in questo ambito pronto a giocare d’anticipo e a presentare in patria l’eventuale svolta decisiva come un successo tutto ungherese.

 

FONTI

 

* Giornalista e studioso di geopolitica dell’Europa centro-orientale, curatore dell’OSME (Osservatorio Sociale Mitteleuropeo).

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