Le elezioni in Afghanistan del 20 ottobre: le sfide da affrontare
di Matteo D’Avanzo
Nell’aprile di quest’anno la Commissione Elettorale Indipendente dell’Afghanistan ha annunciato che le prossime elezioni parlamentari si terranno il 20 ottobre 2018.
Ormai al termine della campagna elettorale, il Paese appare lacerato da scontri armati e tensioni politiche che, con il passare dei mesi, sembrano essersi acuite. La decisione di chiamare gli afgani al voto ha, sì, ricevuto il plauso della comunità internazionale, ma ha fatto emergere le difficoltà interne del paese, anche di stretto carattere amministrativo.
Poco dopo l’annuncio della data, la Commissione Elettorale ha iniziato un’attività di registrazione dei cittadini nelle liste elettorali, sostenendo, alla fine dell’estate, di essere riuscita a completare il proprio lavoro, dopo avere stilato una lista di 9,5 milioni di elettori, di cui il 38 % donne. I partiti di opposizione, invece, smentiscono i dati della commissione, affermando che la mancanza di strumenti di controllo effettivi e la scarsa diffusione di documenti di identificazione invalidano il suo operato. Si teme, inoltre, alla luce delle precedenti tornate elettorali, che frodi e brogli possano ripetersi anche in occasione di questo appuntamento elettorale.
Le elezioni nel paese appaiono, ad alcuni analisti, più come un compromesso che un vero e proprio processo democratico. La forma di governo dell’Afghanistan stabilita dalla Costituzione del 2004 è quella di una repubblica presidenziale, in cui i ruoli di capo di Stato e di governo sono esercitati dalla stessa persona. Le elezioni presidenziali del 2014 hanno, però, sortito un effetto differente da quanto previsto dal dettato costituzionale. Sebbene la popolazione si sia espressa in favore di Ashraf Ghani, che ha ottenuto più del 56 % dei voti, è stato nominato primo ministro (formalmente Chief Executive Officer), in una sorta di co-reggenza, il suo rivale Abdullah Abdullah.
Il problema di eventuali brogli si aggiunge a quello del numero esiguo di candidati sia per la Wolesi Jirga, ossia la Camera bassa che comprende 249 membri, di cui 68 donne, sia per i consigli locali che concorrono alla formazione del Meshrano Jirga. I requisiti richiesti (come il livello di istruzione) e il timore per la propria incolumità hanno, probabilmente, scoraggiato potenziali candidati, diminuendone ulteriormente il numero.
La Commissione Elettorale ha cercato, inoltre, di porre degli argini alle forze estremiste, estromettendo 27 candidati accusati di essere affiliati a gruppi criminali. Intanto continuano a verificarsi, nel Paese, scontri armati ed attacchi terroristici. La galassia di forze e partiti che compone il paese sembrava essere arrivata ad un primo compromesso con la tregua del 15 giugno 2018, in occasione della fine del Ramadan (Eid al-Fitr), rispettata in tutto il paese e accompagnata da dichiarazioni dei talebani di voler riprendere i negoziati con Washington. Sia i talebani sia lo Stato islamico nel Khorasan (ISK), che ha segutio soprattutto a nord-est, si sono dichiarati contrari alle elezioni e, recentemente, hanno organizzato una serie di attentati contro i candidati.
La comunità internazionale, ha, quindi, ancora una volta diretto la propria attenzione verso la violenza che scuote il Paese, lasciando in disparte le questioni prettamente politiche che erano emerse durante la campagna elettorale. E’ in questa situazione che la sfida elettorale sarà il banco di prova per le elezioni presidenziali, che si terranno nella primavera del 2019.
Fonti
Thier Alexander. J, The Making of a Constitution in Afghanistan, in: State recostruction and international engagement in Afghanistan, New York Law School Review, Vol 51, 2006/2007. Pdf: http://eprints.lse.ac.uk/28380/1/Thier_LSERO_version.pdf
UN General Assembly, The situation in Afghanistan and its implications for international peace and security, 10 September 2018, A/73/374–S/2018/824. Pdf:https://unama.unmissions.org/sites/default/files/sg_report_on_afghanistan_12_sept.pdf
Battiston G., Afghanistan: le carte di Ghani e la speranza di un’altra tregua, ISPI commentary, 23 luglio 2018.