THE ABOLITION OF TRIPLE TALAQ IN INDIA: A STEP TOWARDS GENDER EQUALITY OR A DISCRIMINATION AGAINST THE MUSLIM COMMUNITY?

L’ABOLIZIONE DEL TRIPLICE RIPUDIO IN INDIA: UN PASSO VERSO L’UGUAGLIANZA DI GENERE O UNA DISCRIMINAZIONE NEI CONFRONTI DELLA COMUNITÀ MUSULMANA? 

The abolition of Islamic instant divorce in India raises concerns about the true meaning of this action.

di Sara Zanotta1

Il 30 luglio 2019 la Camera alta del Parlamento indiano, Rajya Sabha, ha approvato in via definitiva con 99 voti a favore e 84 contrari l’abolizione del triplo talaq, ossia il triplice ripudio, punendo d’ora in poi questa pratica con una pena detentiva fino a tre anni di reclusione.

Il triplo talaq è una delle forme di divorzio previste dal diritto islamico, probabilmente la più controversa, in quanto il marito pone fine immediatamente al vincolo matrimoniale ripetendo tre volte la parola “talaq” (“ripudio” in arabo), talvolta semplicemente tramite una mail o un SMS, andando ad eliminare il periodo di tempo a tutela della donna normalmente previsto per il divorzio. Il voto, che è seguito a quello altrettanto favorevole della Camera bassa, Lok Sabha, è il risultato di un processo iniziato nel 2017, quando la Corte Suprema aveva ritenuto incostituzionale il triplo talaq, ed è stato suggellato dalla promulgazione del Presidente della Repubblica Ram Nath Kovin, un atto ritenuto una mera formalità, che ha permesso di aggiungere l’India a quella lunga lista di Paesi islamici, tra cui i vicini Pakistan e Bangladesh, in cui il triplo talaq è stato bandito.

L’evento è stato salutato a livello internazionale e dai membri del Bharatiya Janata Party (BJP), il partito nazionalista attualmente al potere in India, come un grande passo avanti nel miglioramento della condizione delle donne, ma le opposizioni non mancano e molti ritengono che la modifica legislativa sia l’ennesima azione governativa volta a discriminare la minoranza musulmana.

Il Primo Ministro Narendra Modi, membro del BJP, ha scritto su Twitter: “Una pratica arcaica e medievale è stata finalmente relegata nella pattumiera della storia”, parlando di “una vittoria della giustizia di genere” che “promuoverà l’uguaglianza nella società”. Questa opinione è condivisa anche dal Ministro della Giustizia Ravi Shankar Prasad, il quale si è espresso sottolineando la necessità di questa legge, data la larga diffusione della pratica nonostante la sentenza della Corte Suprema del 2017, nella quale si sottolineava come questa forma di divorzio violasse i diritti costituzionali delle donne islamiche. Inoltre, il Ministro ritiene che l’approvazione da parte del Parlamento rifletta l’emancipazione femminile e il cambiamento di profilo dell’India.

Di opinione diametralmente opposta sono invece le associazioni a rappresentanza musulmana, che vedono l’abolizione del triplice ripudio non come la volontà della maggioranza parlamentare di promuovere una più profonda uguaglianza tra i sessi, quanto piuttosto come un ulteriore passo per penalizzare gli appartenenti alla seconda religione più diffusa in India. L’opposizione era riuscita a bloccare il progetto di legge per più di un anno, volendo contrastare la clausola che prevede una pena di tre anni per il marito che decida di ricorrere al triplo talaq, sostenendo che nessun’altra religione fosse soggetta ad una simile pena e che non ci fosse sufficiente chiarezza sulle conseguenze per la moglie in caso di incarcerazione del coniuge. Inoltre, la politicizzazione di questo argomento fatta durante la campagna elettorale per le elezioni dello scorso maggio è stata ritenuta una dimostrazione del fatto che il BJP sia un partito anti-islamico. Difatti, buona parte dei gruppi islamici moderati già condanna il triplice ripudio, ma la nuova legge è vista come un’errata ingerenza governativa in questioni riguardanti la comunità religiosa. L’attivista indiana Shabnam Hashmi, come riporta The Independent, ha sottolineato le possibili conseguenze che una simile ingerenza avrebbe per le donne stesse: l’abolizione del triplice talaq rinforzerebbe le tendenze patriarcali e conservatrici nella comunità indo-musulmana, che ha dato vita a una mobilitazione delle donne per salvare la sharia e l’Islam.

Insomma, a poche settimane dal voto della Camera alta è indubbiamente difficile comprendere fino in fondo cosa potrebbe implicare il divieto di triplice ripudio, un passo avanti lungo la lunga strada da percorrere per l’uguaglianza di genere o un passo indietro per la libertà religiosa nella più grande democrazia al mondo. Solo il tempo e le future azioni del partito al governo potranno fare capire da che lato penderà l’ago della bilancia.

FONTI

1* Università degli Studi di Milano

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