Tagikistan, una riforma costituzionale per la presidenza “a vita”

di Angela Carta

 

Il parlamento tagiko ha approvato lo scorso 22 gennaio un emendamento costituzionale che prevede la rielezione del Presidente senza limiti di mandato, consentendo in tal modo a Emomali Rahmon, capo dello Stato dal 1994 – anno dell’entrata in vigore della prima Costituzione dal conseguimento dell’indipendenza dall’Unione Sovietica – di restare potenzialmente in carica per ancora molti anni. Tale emendamento è stato successivamente sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale, e risale al 4 febbraio la sua approvazione definitiva. Questa è la fase culminante dell’iter di revisione costituzionale, come sancito nel decimo capitolo della Costituzione tagika, ai sensi degli artt. 98-99-100: alla fase di iniziativa, la cui competenza spetta al Presidente o ad un terzo dei membri del Parlamento, segue l’esame dell’emendamento ad opera della Corte Costituzionale, con l’obiettivo di valutare la legittimità costituzionale dello stesso; l’esito positivo dell’esame consente alla proposta di revisione di approdare nuovamente in Parlamento, il quale – con il voto di non meno dei due terzi dei deputati di ambo le camere – ha il compito di indire il referendum popolare che condurrà alla definitiva approvazione del testo. La proposta deve infine essere pubblicata tre mesi prima della data del referendum.

Tale progetto non è tuttavia una novità per il Tagikistan, paese che ha già all’attivo due procedure di revisione costituzionale attuate rispettivamente nel 1999 e nel 2003. Una delle più interessanti modifiche da rilevare riguarda proprio l’art. 99, secondo il quale la proposta di emendamento costituzionale può essere avanzata dal Presidente e da almeno un terzo dei membri dell’Assemblea Nazionale (Majlisi Milli) e della Camera dei Rappresentanti (Majlisi Namoyandagon), rispetto ai due terzi richiesti originariamente dal testo costituzionale del 1994. Tale modifica è stata approvata mediante il referendum tenutosi il giorno 22 giugno 2003. Inoltre, oggetto di revisione è stato l’art. 65, riguardante l’elezione del capo dello Stato: a suffragio universale e con votazione segreta, eleggibile non più per un solo mandato, bensì per due mandati consecutivi della durata di sette anni, cioè due in più rispetto ai cinque precedentemente stabiliti dalla Costituzione. Il referendum che ha sancito tale revisione, il giorno 26 settembre 1999, ha di fatto azzerato i precedenti mandati di Emomali Rahmon, consentendogli di correre per nuove elezioni presidenziali e consolidare la propria leadership.

In tal senso va inoltre evidenziato che il presidente Rahmon ha portato alla vittoria il Partito Democratico del Popolo, di cui è leader, nelle elezioni parlamentari dell’1 marzo 2015. Queste hanno avvalorato il progressivo e inesorabile scivolamento del Tagikistan verso l’autoritarismo, come evidenziato dal rapporto “Nation In Transit 2015” redatto da Freedom House. Ne è esempio l’estromissione del Partito della Rinascita Islamica, di matrice religiosa, per la prima volta privato di seggi in Parlamento: il tutto secondo un programma politico preciso, finalizzato ufficialmente all’estirpazione dell’estremismo islamico, ma che ha nei fatti prodotto una limitazione della rappresentanza politica per la comunità musulmana del paese. Inoltre, il rapporto elaborato dagli osservatori dell’OSCE durante le elezioni, dal titolo “OSCE/ODIHR Election Observation Mission – Final Report”, e pubblicato al termine delle stesse ha evidenziato rilevanti deficit democratici nell’andamento delle procedure di voto, come un’elevata disparità di genere, nella partecipazione sia attiva che passiva al voto di donne e uomini, o l’alto rischio di voti multipli e di violazione del principio di segretezza. Nel 35% dei casi osservati, le PEC (Precinct Election Commissions) avrebbero accertato la validità dei voti in modo arbitrario o selettivo, e nel 28% dei casi osservati i voti non sarebbero stati contati in modo onesto.

Tutto questo non è senza dubbio irrilevante, se si pensa che una riforma costituzionale volta a trasformare un mandato tradizionalmente limitato nel tempo in una carica “a vita” sarebbe solo un ulteriore passo verso l’accentramento del potere e un controllo maggiore tanto sull’esecutivo quanto sul legislativo, grazie alla preminenza del partito del Presidente. Il tutto in un quadro di scarsissima trasparenza nello svolgimento delle operazioni di voto.

Fonti
https://freedomhouse.org/report/nations-transit/2015/tajikistan

www.osce.org/odihr/elections/tajikistan/158081?download=true

www.osce.org/odihr/elections/tajikistan/127227

www.refworld.org/pdfid/3ae6b50910.pdf

www.unece.org/fileadmin/DAM/hlm/prgm/cph/experts/tajikistan/Documents/constitution.taj.pdf

www.theguardian.com/world/2016/jan/22/tajikistan-parliament-approves-constitutional-changes-presidential-term-emomali-rahmon

http://it.euronews.com/2016/01/22/tagikistan-emomali-rahmon-verso-presidenza-a-vita/

www.constcourt.tj/eng

 

 

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