PAKISTAN UNDER THE FLOODS: THE EMERGENCY AND ITS POLITICAL IMPLICATIONS

IL PAKISTAN SOTTO LE ALLUVIONI: L’EMERGENZA E LE SUA IMPLICAZIONI POLITICHE

Di Elisa Giunchi*

Le piogge monsoniche iniziate in Pakistan lo scorso giugno hanno fatto ad oggi, secondo la neo-costituita National Disaster Management Authority (NDMA), oltre 1.000 morti e circa 1.600 feriti: 1 milione di case sono state distrutte o gravemente danneggiate; 80.000 ettari di terreno agricolo sono stati devastati e interi villaggi sommersi; sarebbero 33 milioni gli sfollati che si trovano a vivere in condizioni di estrema precarietà. Il costo della ricostruzione, secondo quanto ha dichiarato il ministro degli Interni, sarà di 10 miliardi di dollari, pari al 3% del PIL nazionale. Un costo enorme per un’economia in crisi come quella pakistana, caratterizzata da un’alta inflazione, dalla contrazione delle riserve di valuta estera e da tassi di crescita in diminuzione.

L’emergenza, che secondo gli esperti è peggiore per intensità rispetto a quella, già devastante, che colpì il paese nel 2010, è senza dubbio dovuta ai cambiamenti climatici in corso. Come ha dichiarato il ministro degli Esteri Bilawal Bhutto Zardari, figlio di Benazir Bhutto, la leader del Pakistan People’s Party (PPP) uccisa nel 2007 da estremisti religiosi con la connivenza, probabilmente, dei vertici dell’esercito, «Nature is sending us all a new message, and because of its geographical location, Pakistan has become the ground zero for this century’s biggest threat; global warming». Per quanto il riscaldamento globale nasca da un modello di sviluppo allogeno, il Pakistan ha qualche responsabilità, prima tra tutte l’inadeguatezza delle strade necessarie per portare gli aiuti alle popolazioni colpite e degli edifici che devono stoccarli. L’ex campione di cricket Imran Khan, che è stato destituito dalla carica di primo ministro ad inizio aprile al termine di una crisi costituzionale innescata dal tentativo del Tehreek-e Insaf (PTI) di sciogliere il Parlamento, ha accusato il governo in carica di incompetenza; le carenze infrastrutturali del paese sono in realtà congenite al sistema di sviluppo economico e finanziario che è stato fatto proprio da ogni governo pakistano – incluso quello guidato dal PTI di Khan – alla corruzione dilagante e a malgoverno che ha portato tra le altre cose a un diffuso abusivismo in aree fragili sotto il profilo ambientale.

L’emergenza umanitaria, che si colloca in una fase politica delicata, caratterizzata da una accesa conflittualità tra i principali partiti (Pakistan Muslim League (PML-N) di cui fa parte l’attuale primo ministro Shehbaz Sharif, il PPP al quale appartiene Bilawal Bhutto Zardari, e il PTI) , rischia di esacerbare il malcontento popolare causato dai frequenti blackout elettrici e dagli aumenti dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari. Le misure prese per far fronte alla situazione – in primis il taglio ai sussidi alla benzina e l’aumento delle tasse – si sono rivelate impopolari e hanno contribuito presumibilmente al buon esito elettorale del PTI alle elezioni suppletive del 17 luglio volte a coprire 20 seggi vacanti all’assemblea provinciale del Punjab, tradizionale feudo della famiglia Sharif, della PML-N e dell’esercito. Un segnale preoccupante, questo, anche dal punto di vista degli Stati Uniti: i rapporti tra PTI e Washington, già tesi a causa della posizione ambigua di Imran Khan sull’aggressione russa all’Ucraina e del ruolo giocato da Islamabad nel ritorno al potere dei talebani, si sono deteriorati quando il leader del PTI ha attribuito la mozione di sfiducia che ha portato alla sua destituzione a un cospirazione ordita da Washington, che avrebbe agito in combutta con i principali partiti di opposizione e con l’esercito. Il nuovo governo si è adoperato nel tentativo di migliorare i rapporti con l’amministrazione Biden, con la conseguenza di riuscire ad ottenere due tranche di un pacchetto di aiuti del FMI, pari a 1,7 miliardi di dollari, che erano state sospese sotto il precedente governo. Questi finanziamenti, insieme all’assistenza umanitaria promessa da diversi paesi, permetteranno forse al governo di evitare il default, e ai due principali partiti al potere, PPP e PML-N, di rafforzarsi in vista delle prossime elezioni rispetto a un partito, il PTI, la cui retorica anti-establishment e anti-americana continua a fare proseliti.

* Professoressa ordinaria di Storia dell’Asia, Università degli Studi di Milano

FONTI

Questa voce è stata pubblicata in ASIA, Pakistan, Senza categoria e contrassegnata con , , , , . Contrassegna il permalink.