Nuovo (ma vecchio) sistema elettorale per la Duma di Stato della Federazione di Russia

di Angela Di Gregorio

 

Il 14 febbraio 2014 il parlamento russo ha approvato in via definitiva la nuova legge elettorale, proposta dal capo dello Stato Putin nel marzo del 2013 e che ha incontrato un percorso parlamentare piuttosto vivace, producendosi  – al fine di arginare la proliferazione dei partiti politici – una serie di scostamenti rispetto al testo proposto dal Presidente.

In effetti la proposizione di un’ennesima riforma elettorale, e le sue motivazioni, appaiono quasi paradossali, considerando la parabola della disciplina del fenomeno politico ed elettorale a partire dai primi anni 2000, ossia dal primo insediamento dell’attuale Presidente.

Vanno considerate congiuntamente, a tale fine, sia le disposizioni sulla formula elettorale in senso stretto che quelle relative alla presentazione dei partiti politici alle competizioni elettorali, contenute in tre leggi fondamentali: la legge del 2001 e successive modificazioni sui partiti politici, la legge quadro sui diritti elettorali (ce ne sono state diverse, a partire dai tempi di Eltsin, l’ultima del 2002 più volte emendata), la legge per le elezioni della Duma (anche di queste ce ne sono state diverse). Già solo questo è indice di confusione e di opacità del diritto. La Commissione di Venezia, in una serie di pareri resi nel 2012, consigliava infatti in primo luogo l’introduzione di un unico codice elettorale.

Le disposizioni relative alla formula elettorale ed alle modalità di costituzione dei partiti politici e della loro presentazione alle elezioni, nonché quelle sui controlli e i diritti degli elettori, sono mutate innumerevoli volte negli ultimi 13 anni (dal 2001, data di adozione della legge sui partiti). Nei primi due mandati del Presidente Putin (2000-2004 e 2004-2008) la tendenza è stata di tipo restrittivo per quanto riguarda i partiti (se ne è di fatto ridotto il numero a poche unità a causa sia delle enormi barriere poste per la loro costituzione che per l’elevata soglia di sbarramento portata nel 2005 al 7%) mentre per quanto riguarda la formula, si è passati da un sistema misto ad uno interamente proporzionale a partire dal 2005 (applicato la prima volta alle elezioni del 2007). Durante la presidenza di Medvedev, anche grazie alla pressione di massa in occasione delle elezioni parlamentari del dicembre 2011 e nei mesi successivi, si sono introdotte una serie di misure atte a semplificare la vita dei partiti, consentendone così di nuovo la proliferazione, come era stato ai tempi di Eltsin, quando il fenomeno politico non era affatto disciplinato.

Ma l’eccessiva proliferazione dei partiti ha finito col produrre la divisione e la dispersione delle forze di opposizione. Oltre a ciò Putin, tornando alla presidenza, si è convinto della necessità di rimettere ordine nel fenomeno politico anche a causa della evidente perdita di consensi del partito del Cremlino, sia a livello federale che regionale e locale. Il disegno rimane confuso, manca una strategia chiara. Per il momento si è ritenuto conveniente tornare ad un sistema elettorale misto (leggermente diverso da quello in vigore dal 1993 al 2003, ma non si capisce bene in cosa) mentre la liberalizzazione senza limiti dell’associazionismo partitico ha subito correttivi in sede parlamentare, dove i 4 maggiori partiti del paese (gli unici ad essere attualmente rappresentati alla Duma di Stato) hanno fatto pressione per porre dei correttivi alla presentazione alle elezioni di partiti di qualunque dimensione, anche minima.

Il sistema elettorale approvato il 14 febbraio ritorna alla divisione della selezione dei deputati in due formule paritarie: metà (225) seggi con metodo proporzionale e metà (225) con metodo maggioritario.

Come le leggi elettorali precedenti, anche questa nuova appare eccessivamente dettagliata, prevedendo minuziose regole relativamente allo svolgimento delle elezioni, alla presentazione e registrazione dei candidati, all’annullamento della registrazione, alla propaganda elettorale, al finanziamento delle elezioni, al voto ed al computo dei voti, all’impugnazione degli atti delle commissioni elettorali.

Lo schema dei collegi uninominali verrà stabilito per 10 anni dalla Commissione elettorale centrale non oltre il 5 settembre 2015. Si prevede, come era in passato, che i candidati nei collegi uninominali potranno essere presentati da partiti politici o essere indipendenti. Analogamente, per la parte proporzionale, nelle liste potranno essere inseriti anche candidati non appartenenti al partito. Non è chiaro il collegamento tra le due formule. In passato non vi era alcun collegamento. Le liste dovranno contenere non oltre 400 candidati e non meno di 200. Nella parte federale delle liste devono essere compresi non oltre 10 candidati.

Per quanto riguarda le condizioni per la presentazione delle liste, mentre nel progetto originario non era più prevista alcuna condizione, nella legge poi approvata si prevede la raccolta delle firme in sostegno della lista. Sono esentati solo i partiti già rappresentati alla Duma o ad assemblee regionali o che nelle ultime elezioni alla Duma abbiamo ottenuto almeno il 3% dei voti. Gli altri devono raccogliere almeno 200.000 firme in loro sostegno. La presentazione di un candidato nel collegio uninominale da parte di un partito che ha già registrato una lista federale di candidati non richiede raccolta di firme. Gli altri partiti che sostengano un candidato nell’uninominale devono raccogliere almeno il 3% di firme di elettori registrati sul territorio del relativo collegio uninominale. Se in un dato territorio la popolazione è inferiore a 100.000 persone la firme da raccogliere solo almeno 3000.

Per fare un confronto con le disposizioni precedenti: per le elezioni del 1993 i partiti dovevano raccogliere 100.000 firme; nel 1995 200.000; nel 1999 al posto delle firme era possibile una cauzione elettorale; nel 2007, le prime svolte con sistema proporzionale, la cauzione è stata abolita; alle elezioni del 2011 i partiti non rappresentati in parlamento hanno dovuto presentare 150.000 firme mentre i partiti parlamentari sono stati esentati.

L’elettore avrà a disposizione due schede, una per la parte uninominale e l’altra per la parte proporzionale. Per quest’ultima i partiti devono superare lo sbarramento del 5% a livello federale.

Come in precedenza il finanziamento della campagna elettorale dei candidati avviene a carico dei fondi elettorali il cui ammontare è stato aumentato dai 6 milioni previsti nel 2003 a 15 milioni di rubli.

La legge introduce anche alcune limitazioni al diritto elettorale passivo. In particolare, non possono essere eletti deputati i condannati a pene detentive per reati gravi o gravissimi. Dopo la cancellazione o l’estinzione dei precedenti penali devono trascorrere rispettivamente 10 e 15 anni prima dei quali non possono candidarsi.

Non sono passati gli emendamenti che premevano per la reintroduzione dei blocchi, ossia le coalizioni elettorali. Analogamente non sono passati gli emendamenti che tendevano alla reintroduzione del “voto contro tutti” ed all’abbassamento della soglia dal 5% al 3%. La nuova legge si dovrebbe applicare alle elezioni del dicembre 2016 ma come la storia insegna non è detto che non cambi ancora prima di quella data. A differenza dell’Italia, in Russia cambiare la legge elettorale è molto facile e frequente.

Nonostante tutte queste limitazioni si è calcolato che anche altri partiti, oltre a quelli già rappresentati alla Duma, saranno in grado di presentarsi alle elezioni: Jabloko, Patrioti di Russia, Rodina, Parnas, Giusta Causa, Piattaforma civica, Partito dei pensionati per la giustizia, Comunisti di Russia.

 

www.polit.ru

www.duma.gov.ru

www.rg.ru

www.garant.ru

www.rferl.org

 

Questa voce è stata pubblicata in cicli elettorali RUSSIA, RUSSIA e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.