Mexico: Lopez Obrador’s plan to fight drug trafficking

Messico: le proposte di López Obrador per la lotta al narcotraffico

di Luisa Olivi

La vittoria alle elezioni presidenziali messicane di López Obrador del luglio 2018 non è stata una particolare sorpresa. Andrés Manuel López Obrador, detto Amlo, era infatti il candidato favorito alle presidenziali grazie all’innovativo programma di governo del suo partito, il Movimiento Regeneración Nacional – MORENA, la cui linea politica si è differenziata da quella degli avversari per il suo essere nazionalista, populista e di sinistra, mirando a riavvicinare i messicani alla politica e ad eliminare “l’élite e la mafia del potere”. López Obrador ha vinto le elezioni con il 54% dei voti, in netto vantaggio su José Antonio Meade del Partido Revolucionario Istitucional –PRI, – lo stesso del Presidente uscente Peña Nieto- e su Ricardo Anaya Cortés del Partido Acción Nacional –PAN.

Ad oggi, i sondaggi confermano che il consenso dei messicani nei confronti del neopresidente sia stabile se non in aumento, confermando López Obrador come il Presidente più popolare degli ultimi decenni (un sondaggio del periodico messicano El Financiero parla addirittura del 78% dei consensi).

López Obrador non è nuovo nel mondo politico messicano: è stato governatore di Città del Messico dal 2000 al 2006, dove ha ottenuto buoni risultati nella diminuzione del tasso di reati violenti come omicidi, sequestri ed estorsioni. Si era già candidato due volte per la presidenza del Paese, nel 2006 e 2012, ma senza successo.

Per promuovere la sua campagna elettorale ha viaggiato per tutto il Paese, incontrando anche le comunità isolate e i popoli indigeni, dimostrando così la volontà delle istituzioni di riallacciare i rapporti con i cittadini. Nonostante la campagna elettorale del 2018 non sia stata priva di violenza – si stima che ci siano stati più di un centinaio di politici assassinati-, il neopresidente ha voluto mandare un messaggio chiaro della sua volontà di cambiamento viaggiando senza scorta. La sua linea politica è così riuscita a convincere gli elettori che si sono sentiti dimenticati dai governi precedenti, come conferma l’enorme vantaggio che il Presidente ha ottenuto sugli avversari.

Il programma elettorale di López Obrador si focalizza sulla diminuzione della violenza, sulla lotta al crimine organizzato e al narcotraffico, e sul diritto alla verità.

La questione del crimine organizzato è uno dei principali problemi che sta affrontando il Paese, dove l’escalation di violenza ha avuto importanti conseguenze anche sull’economia, facendo perdere fino al 21% del PIL nel 2017. Il tasso di morti legate alla criminalità organizzata è quanto quello di un paese in guerra, la corruzione è ormai radicata nelle istituzioni governative e nelle forze armate; e la strategia messa in atto da Peña Nieto per sconfiggere il narcotraffico non ha portato a risultati significativi in termini di diminuzione della violenza: tra il 2006 e luglio 2018 si sono registrati oltre 260.000 omicidi associati alla criminalità organizzata.

Riguardo a questo tema, López Obrador, durante la campagna elettorale, ha promesso di attuare un piano triennale per riappacificare il Paese con un progressivo ritiro dell’esercito dalle città, unito a un programma di addestramento delle forze armate e alla creazione di un nuovo corpo di polizia, la Guardia Nacional.  Il piano triennale prevede quindi di ridurre il ciclo della violenza, di eliminare i casi d’impunità – che in Messico è oltre il 90% -, riportando le competenze alla Secretaría de Segurida Pública, affiancata e rafforzata da un nuovo sistema d’intelligence. Il governo di López Obrador si prefissa di rispettare i diritti umani, nonché l’ambizioso obiettivo di “zero torture”, in un Paese dove quasi il 60% dei detenuti subisce violenze e maltrattamenti dopo l’arresto -spesso arbitrario.

Il progetto di López Obrador per la lotta alla criminalità organizzata include alcune riforme legislative, tra cui la proposta di attenuare le pene per i reati non violenti legati al narcotraffico, come ad esempio per il “narcomenudeo”, cioè lo spaccio al dettaglio di piccole quantità di droga (la cui pena ora prevede tra i 4 e i 15 anni di reclusione); nonché la depenalizzazione di semina e coltivazione di marijuana e oppio per uso farmaceutico. Quest’ultima proposta ha ricevuto numerose critiche. In primo luogo, bisogna ricordare che il consumo di droghe in Messico è ancora contenuto, infatti la maggior parte della droga prodotta è destinata al mercato degli Stati Uniti. Inoltre, le principali fonti di guadagno per i narcotrafficanti provengono dalla vendita di metanfetamina e cocaina – la prima prodotta in Messico, la seconda importata dal Sud America -, per cui la depenalizzazione di marijuana e oppio porterebbe ben pochi benefici sotto il punto di vista della lotta al narcotraffico.

L’innovazione che il nuovo governo vuole introdurre consiste nell’affrontare il problema del narcotraffico come una questione economica: si prefissa di combattere la corruzione dei funzionari, l’economia sommersa e il lavoro illegale utilizzando un sistema d’intelligence finanziaria per individuare le attività di riciclaggio e provvedere così alla confisca dei beni. Questo piano d’azione prevede di intensificare il lavoro d’intercettazione e sequestro delle sostanze stupefacenti, soprattutto nelle zone di frontiera.

A più di cento giorni dall’insediamento di López Obrador è possibile fare una prima analisi delle attività del governo e dell’avvio delle prime misure in contrasto alla criminalità organizzata.

La prima azione rilevante compiuta dal governo è stata quella di creare una commissione speciale di indagine sul caso degli studenti di Ayotzinapa, concretizzando la promessa fatta in campagna elettorale di fare chiarezza e dare giustizia alle famiglie dei 43 studenti scomparsi.

Il tema delle sparizioni forzate è strettamente legato alla criminalità organizzata e si stimano più di 40mila desaparecidos nel Paese. La creazione di questa commissione segna la svolta nella metodologia delle indagini per la ricerca dei desaparecidos, che sarà condotta da commissioni composte da organismi civili e non militari – come, invece, è avvenuto fino ad ora.

Per quanto riguarda la demilitarizzazione del paese, il piano di López Obrador prevede il progressivo ritiro dell’esercito dalle città e, per favorire ciò, è stata istituita la Guardia Nacional, composta da membri della Policía Federal, Naval e Militar.

Un ulteriore problema che il governo di López Obrador sta affrontando riguarda la pratica, ormai consolidata, del furto di idrocarburi da parte delle organizzazioni criminali. È assodato, infatti, il coinvolgimento dei cartelli nel racket del furto di carburante, detto “huachicol”, che ogni anno costa miliardi di pesos ai giacimenti nazionali. Per fermare questa pratica, López Obrador ha deciso di chiudere i giacimenti di petrolio in dieci Stati della Federazione mediante il dispiegamento di forze di polizia. Di conseguenza, molte zone si sono ritrovate senza l’accesso a benzina e carburante, creando seri disagi alla popolazione. Inoltre, vi sono state molteplici minacce alla popolazione da parte dei cartelli che gestiscono il racket, come il Cartello di Santa Rosa de Lima, Guanajuato, che tramite una narcomanta[1] ha comunicato al presidente che avrebbero ucciso molti innocenti, se l’operazione del governo non si fosse arrestata.

Un altro elemento che dovrà essere costantemente monitorato saranno i mutamenti strutturali all’interno delle organizzazioni criminali: ai narcos non piacciono i cambiamenti, tantomeno quelli a livello istituzionale, dato che per continuare a lavorare hanno bisogno della rete di corruzione e protezione che hanno costruito negli anni. I principali cartelli ora presenti nel Paese sono quello di Sinaloa e quello di Jalisco Nueva Generación (CJNG), ma, se nel 2005 si contavano solamente una decina di organizzazioni criminali strutturate, ora sono più di duecento le pandillas locali affiliate ai cartelli più grandi. È difficile prevedere come reagiranno i cartelli della droga ed è proprio per questo che è essenziale dare la priorità alla demilitarizzazione del paese e alla lotta alla corruzione dell’esercito e dei funzionari pubblici.

Le azioni del nuovo governo, oltre a essere sotto i riflettori della comunità internazionale, sono attentamente monitorate da organizzazioni non governative che promuovono il rispetto dei diritti umani come Amnesty International, la quale, il mese scorso, ha consegnato al Presidente una lettera di richiesta di impegno, analizzando l’operato dei primi 100 giorni, suggerendo le azioni da attuare nel futuro ed evidenziando le criticità. Benché López Obrador abbia più volte dichiarato l’intento di garantire il rispetto dei diritti umani in Messico, ci sono ancora numerose misure che devono essere attuate prima di poter considerare questo paese sicuro.

 

Bibliografia e sitografia

  • Jon Lee, La rivoluzione di Obrador, in Internazionale, numero 1262, 29 giugno 2018, pp. 40- 48.
  • Amnesty International, Carta abierta al presidente López Obrador a 100 días del inicio de su gobierno.
  • R. Croda, Il Messico vuole la verità sugli studenti di Ayotzinapa, in Internazionale, numero 1275, 28 settembre 2018, p.25

[1] Le narcomantas o narcomensajes sono dei cartelli esposti in punti strategici delle città con cui i narcos mandano avvertimenti, messaggi o minacce ai cittadini, politici o gruppi rivali. Vengono usati per rivendicare attentati e omicidi, ma anche per reclutare nuovi membri.

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