ELEZIONI IN TURCHIA: SE NON ERDOGAN, CHI?

TURKEY’S ELECTIONS: IF NOT ERDOGAN, WHO?

di Martina Tremolada[*]

È da poco iniziato il 2023 e per il popolo turco si prospetta un anno di grandi celebrazioni che culmineranno il 29 ottobre, quando ricorrerà il centesimo anniversario della nascita della Repubblica di Turchia. Prima di questa data, però, un altro importante evento catalizzerà su di sé l’attenzione. Il 18 giugno si terranno le elezioni parlamentari e presidenziali. Lo stesso giorno saranno eletti, come previsto dalla Costituzione, i 600 deputati della Grande Assemblea Nazionale e il Presidente della Repubblica. Nonostante la data programmata, però, il Presidente Recep Tayyip Erdoğan ha annunciato l’intenzione di voler anticipare le elezioni al 14 maggio. Questa data è storicamente molto evocativa. In questo giorno nell’anno 1950, il Partito Democratico (DP), guidato tra gli altri da Adnan Menderes, vinse le elezioni, sconfiggendo il Partito repubblicano del Popolo (CHP), fondato da Mustafa Kemal nel 1923. Per Erdoğan, vincere le elezioni in questo giorno rappresenterebbe un ulteriore allontanamento dall’impronta kemalista della Turchia moderna e, facendosi erede di Menderes, gli permetterebbe di ottenere una nuova vittoria contro il CHP, oggi come allora principale contendente nella corsa elettorale.

Per queste elezioni, i principali oppositori del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP), in questo momento al governo e alleato con il Partito del Movimento nazionalista (MHP), hanno deciso di presentarsi uniti in un’alleanza nazionale. Del composito gruppo, chiamato Tavolo dei sei, fanno parte: il Partito repubblicano del Popolo (CHP), il Partito Buono (IP), il Partito della Felicità (SP), il Partito Democratico (DP), il Partito del Futuro e il Partito DEVA.

Il fronte è unito dalla ferma volontà di sconfiggere Erdoğan, ma sarà sufficiente questa motivazione a tenere unite le divergenze esistenti al suo interno e a convincere il popolo turco a fidarsi e scegliere una compagine così disomogenea come guida per il paese nei prossimi anni? In un momento di crisi come quello che i cittadini turchi stanno vivendo in questi mesi, con gli strascichi della pandemia ancora presenti, un’inflazione galoppante e una guerra alle porte di casa, la prima cosa di cui gli elettori hanno bisogno è certezza. E i sondaggi parlano chiaro: il consenso nei confronti di Erdoğan è cresciuto negli ultimi mesi, passando dal 39% di un anno fa al 47,6% secondo un sondaggio del Centro per gli studi strategici e sociali Metropoll dello scorso ottobre. Se in parte questo miglioramento è dovuto alle politiche economiche messe in campo dal governo che hanno permesso una ripresa dell’economia, un ruolo importante lo ha giocato anche l’attuale apparente mancanza di un’alternativa rassicurante e valida. Nei prossimi mesi, Erdoğan cercherà di far leva sulle incertezze della popolazione, polarizzando la competizione ed evidenziando l’incapacità dei suoi avversari di presentare un programma concreto che possa migliorare le sorti della nazione.

A riprova delle difficoltà dei sei partiti nel trovare unità, l’alleanza non ha ancora annunciato un candidato comune che possa rappresentarla nella corsa per le presidenziali. Il leader del CHP, Kemal Kılıçdaroğlu, avrebbe buone possibilità di essere eletto, tuttavia non riesce a incontrare il favore da parte di tutti e sei i partiti. Situazione diversa, invece, è quella del Sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu. Giovane, carismatico e in passato già capace di sconfiggere lo sfidante dell’AKP nella corsa per le elezioni municipali di Istanbul, è considerato l’avversario più temibile per una possibile rielezione di Erdoğan. O almeno, lo era. Lo scorso 14 dicembre, infatti, İmamoğlu è stato condannato a due anni di carcere con l’accusa di “calunnia nei confronti di pubblici ufficiali”. Le sue possibilità di candidarsi per le elezioni di giugno e le capacità dell’opposizione di convergere sulla scelta di un candidato efficace per sfidare il Presidente in carica, diventano ora più critiche. In ogni caso, per valutare la gravità della situazione, l’alleanza dovrà attendere la pronuncia del giudice di appello cui si sono rivolti i legali di İmamoğlu, insoddisfatti della sentenza di primo grado.

In una condizione non meno critica si ritrova anche il terzo blocco che concorre alle elezioni: l’Alleanza Lavoro e Libertà. Costituito da sei partiti curdi, è guidato dal Partito democratico popolare (HDP), il quale è accusato dall’AKP di avere legami con il Partito dei Lavoratori curdi (PKK). Quest’ultimo è considerato organizzazione terroristica non solo dalla Turchia, ma anche dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea. Di fronte alle richieste del partito di governo e nonostante le tante smentite del partito indiziato, il 5 gennaio la Corte Costituzionale ha deciso di sospendere i finanziamenti che il partito curdo sta utilizzando per sostenere la propria campagna elettorale, permettendo così a Erdoğan di indebolire un altro potenziale avversario che alle scorse elezioni era riuscito ad ottenere il 10% dei voti. Sarà molto complicato per l’HDP condurre la campagna elettorale senza i fondi necessari, soprattutto dopo la scelta del partito di non prendere parte al Tavolo dei sei. La decisione è arrivata inaspettatamente ed è stata attribuita dai membri del HDP alla mancanza di principi in comune con l’alleanza. Nonostante ciò, comunque, è probabile che il partito curdo stia ancora valutando che linea mantenere nei prossimi mesi, a maggior ragione dopo la mossa minatoria dell’AKP.

Tutti questi tentativi da parte del Presidente turco di annullare la concorrenza hanno messo in allarme molti osservatori internazionali, tra i quali l’organizzazione Human Rights Watch (HRW). Attraverso i suoi portavoce, HRW ha più volte denunciato il governo di Erdoğan, ritenendolo responsabile di persistenti violazioni dei diritti umani e di continui tentativi di comprimere le opposizioni interne al Paese. Secondo l’organizzazione, un attento monitoraggio della campagna elettorale e delle elezioni sarà cruciale per garantirne uno svolgimento democratico.  

Nonostante manchino poche settimane all’inizio della campagna elettorale, molte sono ancora le incognite. Sarà importante monitorare le prossime mosse degli attori coinvolti per poter essere in grado di capire ciò che spetterà alla Turchia.

FONTI

  • Al Jazeera, Erdogan says Turkish elections to be held on May 14, 22 gennaio 2023, https://www.aljazeera.com/news/2023/1/22/turkish-elections-to-be-held-on-may-14-says-erdogan
  • Foster, Turkey freezes pro-Kurdish party funds before vote, BBC, 5 gennaio 2023, https://www.bbc.com/news/world-europe-64179858
  • Human Rights Watch, Turkey: Tightened Control in Election Run-Up, 12 gennaio 2023, https://www.hrw.org/news/2023/01/12/turkey-tightened-control-election-run
  • Middle East Eye, Erdogan says Turkish elections to be held on 14 May, a month earlier than scheduled, 22 gennaio 2023, https://www.middleeasteye.net/news/erdogan-turkish-elections-14-may-month-earlier-scheduled
  • Teller, Turkey’s upcoming elections come with dirty tricks, Jerusalem Post, 17 gennaio 2023, https://www.jpost.com/opinion/article-728730
  • Reuters, What’s at stake in Turkey’s upcoming elections, 18 gennaio 2023, https://www.reuters.com/world/middle-east/whats-stake-turkeys-upcoming-elections-2023-01-18/
  • Soylu, Turkey elections: Why is the pro-Kurdish HDP going it alone?, Middle East Eye, 9 gennaio 2023, https://www.middleeasteye.net/news/turkey-elections-hdp-pro-kurdish-party-goes-alone-why
  • Talbot, Turkey Toward 2023, Erdogan’s Turning Point?, ISPI, 1 dicembre 2023, https://www.ispionline.it/en/pubblicazione/turkey-toward-2023-erdogans-turning-point-36834

[*] Studentessa di Studi dell’Africa e dell’Asia, Università di Pavia

Questa voce è stata pubblicata in MEDIO ORIENTE, Senza categoria, Turchia e contrassegnata con , . Contrassegna il permalink.