di Cristiano Preiner
Il prossimo 8 aprile poco più di otto milioni di cittadini ungheresi saranno chiamati a rinnovare l’Assemblea Nazionale (Országgyűlés) per l’ottava volta dalle prime elezioni democratiche del 1990. Si vota per la seconda volta con la nuova legge elettorale approvata nel 2011. Il Governo è diretta emanazione del Parlamento, monocamerale, che elegge il Primo Ministro su proposta del Presidente della Repubblica a norma dell’articolo 15 della Costituzione. L’attuale premier, il leader del FIDESZ Viktor Orbán, si avvia con ogni probabilità a ricoprire il suo quarto mandato, terzo consecutivo.
Il voto
L’Ungheria vota con un sistema elettorale misto a prevalenza maggioritaria. Si vota in un solo giorno. Secondo quanto dispone la legge organica CCIII del 2011, dei 199 seggi del parlamento 106 vengono attribuiti in collegi uninominali con maggioritario secco e 93 sono assegnati proporzionalmente sulla base dei voti ottenuti da liste nazionali bloccate.
Alle preferenze ottenute dalle liste nazionali si vanno ad aggiungere i voti ottenuti dai “secondi arrivati” nei collegi uninominali. Nel computo del riparto proporzionale viene fatto valere una sorta di premio di maggioranza. Il numero dei voti di vantaggio che i vincitori accumulano sui secondi nelle sfide uninominali si aggiunge alla lista di appartenenza del candidato.
Esiste una soglia di sbarramento pari al 5% nel caso di liste singole, al 10% per le coalizioni di due partiti, al 15% per le coalizioni di tre o più partiti. C’è una soglia del 5% anche per le liste delle minoranze nazionali che, nel caso di mancato raggiungimento della stessa, restano comunque rappresentate in parlamento da osservatori accreditati.
Partiti e coalizioni
Saranno 23 le liste che gli elettori troveranno sulla scheda per la quota proporzionale. Due le coalizioni, composte entrambe da due soli partiti. Tredici le liste delle minoranze nazionali tra cui spiccano quella Rom, serba, bulgara e armena. Segue una breve elencazione dei partiti che potenzialmente dovrebbero superare le soglie di sbarramento previste.
Fidesz – KDNP
La coalizione conservatrice, attualmente al governo, è quella formata dall’ Unione dei Giovani Democratici, il partito del premier Viktor Orbán, ed il piccolo Partito del Popolo Cristiano Democratico, legato ininterrottamente al Fidesz dal 2006. Se nel 2014 il leader degli “arancioni”, che è alla ricerca del suo terzo mandato consecutivo, aveva vinto anche grazie alla popolarissima campagna di riduzione delle tariffe e delle bollette (rezsicsökkentés), ora punta tutto sul tema dei migranti, altrettanto coinvolgente e sentito dall’opinione pubblica. La gestione dell’immigrazione clandestina, anche attraverso la costruzione di una barriera fisica lungo i confini meridionali del paese, oltre a compattare l’elettorato di Orbán ne ha consolidato la fama internazionale come capofila del Gruppo di Visegrad ovvero dei paesi del fronte del non allineamento alle politiche di relocation e accoglienza dell’Unione Europea. Per ribadire quanto l’argomento sia decisivo e caratterizzante nella prossima tornata elettorale, sono scesi in campo in prima persona il ministro dell’Ufficio del Primo Ministro János Lázár e il ministro degli Esteri Péter Szijjártó. Il primo ha sfiorato l’incidente diplomatico con l’Austria per aver girato un video in un quartiere di Vienna particolarmente abitato da immigrati paventando gli stessi effetti negativi per l’Ungheria. Il secondo, intervenendo duramente a Ginevra al Consiglio dei Diritti Umani, ha sottolineato come il suo paese non avrebbe in alcuno modo accettato “la nozione di migrazione come diritto fondamentale”. Oltremodo aspra anche la campagna interna contro il filantropo e sostenitore della società aperta, l’ebreo George Soros, reo di promuovere un modello di integrazione e globalizzazione di diritti diametralmente opposto alle vedute di Orbán.
Jobbik
Il Movimento per un’Ungheria migliore (Jobbik Magyarországért Mozgalom) è ormai di fatto da qualche anno il secondo partito ungherese. La formazione di estrema destra, che candida alla guida del governo il suo leader Gábor Vona, ha provato a guadagnare consensi al centro dell’agone politico ma con scarsi risultati. Lo Jobbik ha risentito, specie nell’ultimo anno, della radicalizzazione delle politiche di Orbán Viktor in tema di immigrazione e difesa dell’identità nazionale.
MSZP – Párbeszéd
Alle prossime elezioni i socialisti dell’MSZP non avranno un proprio candidato premier. Nell’ottobre scorso il sindaco di Szeged, László Botka, riconoscendo l’impossibilitá di riunire l’opposizione di centro-sinistra in un’unica lista e in un unico progetto politico duraturo, ha rinunciato alla guida della coalizione. I socialisti, costretti in pochi mesi ad un repentino cambio di strategia, hanno optato per il il quarantatreenne Gergely Karácsony, leader di Dialogo, piccola formazione ambientalista ed europeista di sinistra, con cui si sono alleati.
LMP
Con cinque deputati nella legislatura appena trascorsa, La Politica può essere diversa ( Lehet más a politika) è un partito in cui converge un voto essenzialmente di protesta. Di ispirazione ambientalista ed estremamente radicale quanto alla difesa e all’estensione delle libertà civili, LMP prenderà parte per la terza volta nella sua storia alle elezioni politiche correndo anche stavolta da solo. Il candidato premier è uno dei suoi copresidenti, Bernadett Szél.
DK
La Coalizione Democratica (Demokratikus Koalíció) dell’ex premier Ferenc Gyurcsány, che quattro anni fa era nella coalizione dei partiti di centro-sinistra, non è andato oltre un’accordo meramente elettorale con i socialisti per non ostacolarsi. L’accordo prevede che in 46 collegi uninominali – dei 106 complessivi – i socialisti non presentino un proprio candidato in favore degli uomini di Gyurcsany.
Le precedenti elezioni
Nel 2014 la coalizione conservatrice raggiunse quota 133 deputati, esattamente la super-maggioranza dei due terzi, persa nel febbraio dell’anno successivo in seguito alle suppletive nel collegio 1 di Veszprém, resesi necessarie per le dimissioni di Tibor Navracsics nominato commissario europeo per Istruzione, cultura, giovani e sport. Il cartello dei partiti di sinistra con il 25,57% ottenne 38 seggi, quindici in più della destra radicale di Jobbik, terzo con il 20,22% dei consensi. A superare di poco la soglia di sbarramento prevista, l’LMP con il 5,34%.
Sondaggi e possibili scenari
Se la vittoria del premier Viktor Orbán non sembra in discussione sulla base dei più recenti sondaggi, il dubbio resta sulla consistenza della maggioranza che uscirà dalle urne domenica sera. Ottenere la cosiddetta maggioranza dei due terzi (kétharmados többség) non è un dato trascurabile considerando che il raggiungimento di una simile soglia consente tanto di modificare la Costituzione quanto di approvare le leggi cosiddette organiche che regolamentano ambiti di particolare rilevanza. Secondo gli analisti la differenza potrebbero farla le sfide nei collegi uninominali. Un numero di seggi pari o inferiore a 10 conquistato dalle opposizioni, non metterebbe in discussione i due terzi. Il quadro cambierebbe nel caso i seggi strappati al FIDESZ-KDNP si aggirassero intorno ai 20 o ai 40. Nel primo caso la maggioranza di Orbán potrebbe essere assoluta, nel secondo solo relativa. Gli ultimi due scenari non sono molto lontani dalla realtà. Nelle ultime ore – e c’è da immaginare che sarà così fino al giorno delle elezioni – i partiti di sinistra stanno coordinando una ritirata strategica dei propri candidati per favorire chi, Jobbik compreso, ha più possibilità di vittoria nei collegi in bilico. E’ il modello Hódmezővásárhely. Nel febbraio scorso in questa città dell’Ungheria meridionale, da sempre governata da un sindaco arancione nonché feudo del ministro dell’Ufficio del Primo Ministro János Lázár, è divenuto primo cittadino un indipendente, il giovane Péter Márki-zay. Le opposizioni di destra e di sinistra non hanno presentato candidati propri e il FIDESZ-KDNP si è fermato al 41.63% rispetto al 57,49% del vincitore. Sebbene ritirare i candidati sia rischioso, in termini politici di risposta dell’elettorato e numerici per il mancato trasferimento dei voti alle liste nel proporzionale, i casi si moltiplicano e sono già tre nella sola Budapest i collegi uninominali in cui c’è un unico candidato di sinistra in gara. Determinante sarà l’entità e il peso elettorale della voglia di cambiamento a cui aspirano le opposizioni. Stando ai dati aggregati delle rilevazioni di nove istituti di sondaggi, nel mese di febbraio il FIDESZ-KDNP è stabilmente fermo a quota 48%, quattro punti in più rispetto alle politiche del 2014. Lo Jobbik guadagnerebbe il secondo posto con il 17% superando i socialisti fermi al 13% in coalizione con Dialogo. In Parlamento entrerebbero anche Coalizione Democratica ed LMP rispettivamente con 8% e 7%.
FONTI
valasztas.hu (sito ufficiale dell’Ufficio Elettorale Nazionale)
kozvelemenykutatol.hu (sito di raccolta dati degli istituti di sondaggi)
index.hu (portale di informazione e attualità politica)