Local elections in Bosnia- Herzegovina and the rebirth of nationalism

di Laura Alessandra Nocera

The last elections and a recent referendum vote in Bosnia showed a problematic scenario for the access to the European Union

Domenica 2 ottobre 2016 si sono svolte le elezioni amministrative per rinnovare gran parte dei municipi nella Repubblica Srpska e nella Federazione di Bosnia-Erzegovina, le due entità federate in cui è stato diviso il territorio della Bosnia-Erzegovina dopo gli accordi di Dayton del 21 novembre 1995 (General Framework Agreement for Peace). Le elezioni hanno visto ovunque la vittoria dei partiti nazionalisti a base etnica.
Nella parte bosniaca della Federazione ha dominato il Partito d’Azione Democratica (SDA), partito bosniaco nazionalista e conservatore, di ispirazione religiosa musulmano-sunnita, che ha confermato anche il sindaco di Sarajevo. È risultato particolarmente contrastato, inoltre, il risultato delle elezioni del comune di Vledika Kladusa, dove ha vinto Fikret Abdič, politico e uomo d’affari bosniaco già condannato per crimini di guerra e contro l’umanità e rilasciato l’8 marzo 2012, dopo aver scontato in prigione 10 dei 15 anni della sua condanna.
Nell’Erzegovina occidentale, a maggioranza croata, ha dominato l’Unione Democratica Croata di Bosnia ed Erzegovina (HDZ), partito nazionalista croato. Nella città di Kresevo il candidato dell’HDZ Renato Pejak è diventato sindaco, sfiorando la quasi unanimità dei consensi. Solo a Tuzla ha vinto un candidato del Partito Social-Democratico (SDP). Gli abitanti di Mostar, capoluogo dell’Erzegovina diviso tra bosgnacchi e croati, invece, non si sono potuti recare alle urne per una crisi istituzionale che perdura da otto anni.
Nella Repubblica Srpska di Bosnia, l’Alleanza dei Social-Democratici Indipendenti (SNSD) di Milorad Dodik ha confermato il suo crescente successo elettorale, ottenendo il 30% in più rispetto alle scorse elezioni. Il partito nazionalista serbo ha sconfitto l’Alleanza per il Cambiamento, di orientamento europeista, con una campagna elettorale basata sul ritorno alle radici serbe e sulla richiesta di indipendenza dallo Stato centrale. La vittoria del partito di Dodik ha avuto le sue premesse già con il controverso referendum dello scorso 25 settembre, la cui finalità era di ripristinare contro la decisione della Corte Costituzionale una festività serba nazionale. La Corte costituzionale, infatti, aveva dichiarato incostituzionale il provvedimento che istituiva come festa nazionale della Repubblica Srpska il 9 gennaio, giorno della festività ortodossa di Santo Stefano, in quanto potenzialmente discriminatorio nei confronti della minoranza bosgnacca di religione islamica o, comunque, di tutti i non-serbi abitanti il territorio della Repubblica. Nonostante anche il referendum fosse stato dichiarato incostituzionale dalla Corte costituzionale, Dodik aveva deciso ugualmente per il suo svolgimento a ridosso delle elezioni amministrative, ottenendo, di fatto, un successo plebiscitario per il suo partito. Infatti, benché l’affluenza sia stata del 55%, oltre il 99% dei votanti al referendum si è espresso in favore dell’istituzione della festività ortodossa. Tale risultato ha influito anche sulle successive votazioni amministrative. Il partito serbo nazionalista SNSD, infatti, si riconferma alla guida di Banja Luka, la capitale della Repubblica serba di Bosnia, con Igor Radojicic, oltre che nella maggioranza dei comuni rinnovati dalle recenti elezioni. Anche il sindaco di Srebrenica sarà, per la prima volta dopo il 1995, un esponente serbo del SDP, Malden Krujicic.
Questo ritorno ai nazionalismi e alle rivendicazioni etniche può costituire un problema per la stabilità del Paese, soprattutto in vista del suo prossimo ingresso nell’Unione Europea, che, nei giorni scorsi, ha accettato ufficialmente la domanda di adesione della Bosnia-Erzegovina.

Fonti:
• www.bbcnews.com
• www.balkaninsight.com
• www.sarajevotimes.com
• www.balcanicaucaso.org
• www.cnn.com

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