Sri Lanka’s political and constitutional crisis

La crisi politica e costituzionale in Sri Lanka

di Matteo D’Avanzo         

Il 26 ottobre il Presidente della Repubblica dello Sri Lanka Maithripala Sirisena ha destituito il Primo Ministro Ranil Wickremesinghe, dando avvio a una crisi politica che ha fatto riemergere le rivalità e le difficoltà interne al Paese.

Il 2018 era iniziato con elezioni locali che avevano visto la vittoria del partito “Sri Lanka Podujana Peramuna” (SLPP) guidato da Mahinda Rajapaksa, che aveva ricoperto la carica di Premier dal 2004 al 2005 e di Presidente dal 2005 al 2015. L’esito della tornata elettorale aveva riabilitato politicamente la discussa figura di Rajapaksa: quest’ultimo infatti, era stato emarginato dalla scena politica dopo le elezioni presidenziali del 2015, che avevano portato alla vittoria Mairthripala Sirisena, esponente politico, come Rakapaksa, del SLPP. Sirisena aveva provveduto a nominare in qualità di Primo Ministro Ranil Wickremesinghe e con l’istituzione di un governo di unità nazionale era stato dato avvio ad una fase pacifica per lo Sri Lanka.

Nel corso del 2018 si è manifestata una crisi tra il Presidente Sirisena e il Primo Ministro Wickremesinghe che si è acuita proprio negli ultimi mesi. Dopo la destituzione di Wickremesinghe, Sirisena ha provveduto a nominare come Primo Ministro, senza il consenso parlamentare, Rajapaksa, sostenendo che ciò rientrasse nelle prerogative presidenziali. A tale proposito, in realtà,  le opinioni di molti costituzionalisti divergono da quella del Presidente, in particolare si osserva che la forma di governo semipresidenziale prevista dalla Costituzione conferisce sì molteplici poteri al Presidente, ma non quello di destituire il Primo Ministro. L’emendamento votato dal Parlamento a maggio del 2015, il diciannovesimo nella storia del Paese, attribuisce infatti questa facoltà al Parlamento.

In seguito alla destituzione di Wickremesinghe è aumentato nel Paese il timore di scontri tra fazioni politiche, che rischiano di far ripiombare lo Sri Lanka nell’instabilità. La guerra civile, durata quasi trent’anni, che ha visto le forze governative combattere il gruppo secessionista, le Tigri Tamil, si è risolta con una tregua, che però appare precaria dal momento che il gruppo, schedato come organizzazione terroristica da numerosi governi, secondo alcuni analisti si starebbe ricompattando all’estero tra India, Thailandia e Malesia.

Tra il 2009 e il 2015 l’allora Presidente, Rajapaksa, fu accusato di aver ordito gravi crimini contro la popolazione e di avere legittimato i metodi violenti e brutali dell’esercito. Sebbene negli ultimi anni, poi, Rajapaksa sia stato anche oggetto di numerose accuse di corruzione, la sua popolarità, soprattutto nel mondo rurale, sembra non essere mai scemata. La difficile situazione economica e gli scandali bancari, in particolare la vendita di obbligazioni che avrebbe comportato per la Banca Centrale di Colombo la perdita di circa 11 miliardi di rupie singalesi, hanno, peraltro, fatto naufragare i tentativi di riforma del Primo Ministro Wickremesinghe.

Ranil Wickremesinghe, una volta destituito, si è rifiutato di abbandonare Temple Trees, la residenza ufficiale del Capo del governo a Colombo, mentre Rajapaksa, capo del governo in pectore, ha proceduto alla nomina di un proprio gabinetto di governo. La situazione di stallo è stata in parte risolta da una decisione del 26 novembre della Corte di Appello di Colombo, che ha delegittimato la nomina di Rajapaksa a Primo ministro, censurando il comportamento del Presidente, le cui decisioni creerebbero un vulnus nel difficile percorso del Paese verso la democratizzazione. In Parlamento continua la dialettica tra i due schieramenti politici, ma la maggioranza ha accolto la mozione di sfiducia nei confronti di Rajapaksa, presentata il 14 novembre.

Sirisena si è premurato di rassicurare gli investitori internazionali e il segretario generale delle Nazioni Unite, con una telefonata intercorsa all’inizio di novembre, impegnandosi a risolvere la crisi politica. Il 20 novembre ha nominato un gabinetto di trenta ministri, tra i quali alcuni esponenti del precedente governo, e ha riconfermato come Primo Ministro  Wickremesinghe, nonostante l’acrimonia esistente tra le due figure politiche. Sembra che il timore di una mancata approvazione del bilancio per il 2019 da parte del Parlamento abbia persuaso il Presidente a ristabilire lo status quo ante, ma rimane la preoccupazione che i dissidi politici sfocino in una nuova crisi.

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