RUSSIA – La Corte EDU e i partiti politici

Regolazione dei partiti o limitazione del pluralismo?
La sentenza della Corte EDU Republican Party of Russia v. Russia del 15 settembre 2011

di Francesca Romana Dau

La Corte europea dei diritti dell’uomo è stata chiamata a pronunciarsi su di una questione da sempre delicata nell’economia dell’interpretazione degli articoli della Convenzione: l’ammissibilità e la legittimità dei limiti imposti dai legislatori nazionali al pluralismo politico. La stessa sentenza, inoltre, presenta profili di particolare interesse per quanto riguarda l’evoluzione politica e la trasformazione dei partiti nell’area CSI, ex-URSS, ed in particolare sul versante della regolazione dei partiti.

Il partito repubblicano russo, autore del ricorso contro la Federazione russa (Case of Republican Party of Russia v. Russia, Appl. N. 12976/07), riteneva che fosse stato violato il proprio diritto alla libertà di associazione, riconosciuto dall’art. 11 della Convenzione sulla base di due motivazioni: il rifiuto delle autorità nazionali russe competenti di registrare le modifiche intercorse nel partito; e il suo successivo scioglimento.

Nell’antefatto, il partito repubblicano russo si era visto rifiutare la richiesta di modifica delle informazioni contenute nel Registro statale unificato delle persone giuridiche da parte del Ministro della giustizia, sulla base del fatto che non fossero stati depositati tutti i documenti che attestavano la regolarità dell’assemblea del partito e delle modifiche regionali subentrate. In particolare, nel dicembre del 2005, l’assemblea generale del partito aveva deciso di riorganizzare la struttura del partito su base regionale, ma nei verbali dell’assemblea – a detta del ministro – non erano chiaramente rinvenibili il numero dei componenti, l’elenco e le firme dei partecipanti delegati, e il computo dei votanti ai fini della validità della seduta e della presa delle decisioni. Il partito repubblicano russo era originato da una costola del partito comunista sovietico, e si era formalizzato proprio con la separazione dell’ala democratica del partito nel novembre del 1990. Nel marzo del 1991, i dirigenti del partito avevano completato la registrazione del “Partito repubblicano della federazione russa” come associazione pubblica. Successivamente, a seguito dell’evoluzione della legislazione russa sui partiti, era stata cambiata la denominazione in “Partito repubblicano di Russia” e il partito aveva avviato una campagna di riorganizzazione interna per estendere la rappresentatività territoriale.

La legge federale russa sui partiti, più volte modificata, contiene alcune clausole che riguardano proprio l’organizzazione interna dei partiti e la loro articolazione regionale. Lo status dei partiti politici è regolato dalla Legge federale sui partiti politici, Legge federale n. 95-FZ dell’11 luglio 2001, dalla Legge sulle organizzazioni senza scopo di lucro, Legge federale n. 7-FZ del 12 gennaio 1996, e dalla Legge sulle persone giuridiche, Legge federale n. 129-FZ dell’8 agosto 2001. Le disposizioni più rilevanti che riguardano tanto la veste formale dei partiti, quanto la struttura extra-parlamentare e territoriale, sono la “clausola della rappresentatività territoriale minima”, la registrazione pubblica dei partiti politici, l’organizzazione interna dei partiti, il requisito della partecipazione continuativa dei partiti alle elezioni, il finanziamento pubblico dei partiti e il controllo dello Stato sui partiti attraverso il deposito di una relazione annuale.
Il 23 marzo 2007, dunque, la Corte suprema della Federazione russa aveva dichiarato lo scioglimento del partito perché non rispettava alcune disposizioni della legge federale sui partiti, ed in particolare la “clausola del requisito minimo di iscritti” e la “clausola della rappresentatività regionale”. Dalla ricostruzione del quadro normativo operata dai giudici di Strasburgo, si ricava la complessità e la profondità del dibattito relativo alla regolazione dei partiti nell’ordinamento russo. La legge sui partiti del 2001 aveva introdotto il requisito del numero minimo di membri del partito e della rappresentanza regionale. L’art. 3.2, in particolare, prevedeva una doppia clausola per regolare e autorizzare la costituzione di partiti politici, ossia che un partito politico dovesse avere come minimo 10.000 membri iscritti e dovesse avere una sezione regionale in almeno la metà delle regioni russe, ciascuna con almeno 1000 iscritti. Nell’ottobre 2004 venne discussa la proposta di modificare il suddetto articolo innalzando i requisiti numerici e regionali. La proposta di legge aveva lo scopo di “proseguire nel solco della riforma dei partiti politici iniziata nel 2001 e aveva lo scopo di rinforzare i partiti politici e coinvolgere un’ampio strato di cittadini nella vita politica della società e dello Stato” [§ 31]. Il risultato, tuttavia, fu che dopo la riforma della legge sui partiti, solo diciassette partiti politici su quarantotto precedentemente registrati, rientravano nelle soglie definite dalla legge.

Riprendendo i principi fondamentali della propria giurisprudenza in materia [§75], la Corte di Strasburgo ha sottolineato che fosse necessario verificare se l’ingerenza dello Stato nella libertà dei cittadini russi di formare un’associazione politica fosse stata esplicitamente “prevista dalla legge”, “nel perseguimento di un fine legittimo” e “strettamente necessaria in una società democratica”. Analizzando in dettaglio la regolamentazione russa sulla registrazione dei partiti, dunque, la Corte – pur avendo ammesso in altre circostanze che il margine di apprezzamento degli Stati può comprendere anche il “diritto ad intervenire negli affari interni di un’associazione partitica” – riconosce che in questa determinata circostanza la legge non era sufficientemente chiara nelle sue prescrizioni, e che dunque vi era stata una palese violazione dell’art. 11 nell’atto di rifiuto di registrazione delle riforme del partito repubblicano russo. Riprendendo lo stesso schema argomentativo, la Corte ha agevolmente capovolto anche gli argomenti del Governo a favore dello scioglimento del partito, rilevando un secondo capo di imputazione per violazione dell’art. 11 della CEDU. Su questo aspetto, tuttavia, ha aggiunto anche una motivazione sostanziale. Il partito repubblicano russo era una delle associazioni politiche più antiche e longeve esistenti nella Federazione russa fin dallo scioglimento dell’Unione sovietica. Durante i diciassette anni di attività, il partito non ha mai operato con metodo antidemocratico, o teso a minare il sistema politico russo. La sola ragione per la quale veniva giustificato il suo scioglimento era di tipo formale, per non aver rispettato la “clausola della rappresentatività regionale” [§103]. Una simile ragione, dunque, non era proporzionata allo scopo e non legittimava lo Stato russo ad intervenire così drasticamente nella riduzione del pluralismo dei partiti.

La lunga sentenza Republican Party of Russia v. Russia riporta anche una breve ricostruzione della giurisprudenza costituzionale russa più significativa ai fini della valutazione della compatibilità della clausola dell’art. 3.2, che permette di cogliere un’ulteriore passaggio relativo al dibattito russo sulla regolazione dei partiti [§ 55]. Nella sentenza n. 1-P, del 1 febbraio 2005, in particolare, la Corte ha dichiarato la compatibilità della clausola con la Costituzione russa ritenendo che “il requisito contenuto [nella Legge sui partiti politici] secondo il quale lo statuto di partito politico può essere acquisito solo da un’associazione pubblica di carattere nazionale (pan-russa) persegue quell’obiettivo costituzionalmente protetto che è la creazione di un reale sistema multipartitico, dell’istituzionalizzazione giuridica dei partiti politici al fine di assistere lo sviluppo della società civile, e … la formazione di ampi partiti nazionali. Questo requisito è necessario anche nel contesto delle condizioni storiche contemporanee di sviluppo della democrazia e della rule of law nella Federazione russa, con lo scopo di proteggere i valori costituzionali e, soprattutto, preservare l’unità del paese. La summenzionata limitazione ha un carattere temporaneo e deve essere abolita non appena le circostanze che la giustificano vengano meno” [§ 55].

Prendendo a riferimento esclusivamente i dati quantitativi riportati nella sentenza, per concludere, il tentativo di giuridicizzare la vita politica russa, allo scopo ricordato, sembra piu una misura di controllo/limitazione che una misura di promozione del pluralismo politico e della partecipazione dei cittadini alla vita della Federazione. Ciò nonostante, le argomentazioni della Corte costituzionale russa fanno emergere il nocciolo duro della regolazione russa sui partiti, profondamente radicato nel cuore dell’evoluzione costituzionale, ossia il valore dell’integrità nazionale. La clausola ha un valore transitorio e strumentale allo sviluppo e al radicamento delle regole democratiche nell’ordinamento russo. Così, delle norme che si presentano come una violazione dei principi fondamentali dello spazio pubblico europeo sono, nell’esegesi del giudice costituzionale nazionale, imputabili alla logica di un ordinamento in transizione.

Nel gennaio 2012, la Corte suprema russa – in evidente continuità con i rilievi della Corte di Strasburgo – ha emesso una nuova sentenza di riammissione del partito repubblicano russo. La pronuncia della Corte, tuttavia, interviene nella dinamica politica poche settimane dopo lo svolgimento delle elezioni politiche del dicembre 2011. Certamente la Corte di Mosca ha inteso offrire un’interpretazione più liberale della legge sui partiti, anche se la sequenza cronologica dei fatti desta qualche perplessità sulla reale volontà di reintegrare il partito politico precedentemente sciolto nella vita politico-elettorale russa. Si ricordi, tuttavia, che la legislazione federale sui partiti è oggetto di molteplici trasformazioni che interessano principalmente questioni formali – procedurali, pur rimanendo invariata la “clausola sulla rappresentatività territoriale/regionale”.

Il testo integrale della sentenza:

CEDU.Republican Party of Russia v. Russia

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