di Laura Alessandra Nocera
Borut Pahor has been elected again as the President of Slovenia following the ballot vote on November, 12.
Il secondo turno delle elezioni presidenziali slovene, tenutosi il 12 novembre 2017, si è concluso con la vittoria del Presidente uscente, Borut Pahor. In precedenza, solo il primo Presidente della Slovenia indipendente, Milan Kučan, era riuscito a farsi eleggere per due mandati consecutivi. Borut Pahor era stato Primo Ministro come leader del partito social-democratico dal 2008 al 2012 in un governo di coalizione tra socialdemocratici e liberaldemocratici.
La Slovenia ha una forma di governo semipresidenziale apparente, per cui il Presidente della Repubblica svolge un ruolo privo di indirizzo politico. Il Presidente è eletto direttamente dal popolo, con un sistema a doppio turno, per cui, se nessuno dei candidati riesce ad ottenere il 50% dei voti al primo turno, si passa al ballottaggio tra i due candidati più votati. Il Presidente dura in carica 5 anni e può essere rieletto immediatamente solo una volta: questa limitazione deriva dal ruolo quasi “cerimoniale” e di equilibrio attribuito a tale carica dalla Costituzione del 1991. Tuttavia, la legittimazione derivante al capo dello Stato dalle elezioni dirette può rendere più influente la figura presidenziale. Questo vale soprattutto per Pahor. Il suo ruolo è spesso stato determinante per risolvere situazioni complicate, particolarmente in politica estera e nelle relazioni di vicinato e partnership internazionale. Sul punto, Pahor ha iniziato ad indicare due strategie per la sua linea presidenziale, volte ad una continua integrazione all’interno dell’Unione Europea, ma senza trascurare le relazioni con USA e Russia, così come i rapporti di vicinato con la Croazia, recentemente piuttosto tesi.
Dunque, al ballottaggio del 12 novembre Pahor si è confermato capo dello Stato sconfiggendo l’avversario Marjan Šareć, ex giornalista e attore comico, attualmente sindaco della città di Kamnik.
Šareć ha insidiato il successo quasi scontato di Pahor, impedendogli la vittoria al primo turno delle presidenziali che si era svolto il 22 ottobre. Al primo turno Pahor aveva, infatti, ottenuto il 47% delle preferenze, contro il 25% dello sfidante principale, ma non era riuscito a superare la quota del 50% valida per evitare il ballottaggio, mentre distanti erano rimasti gli altri sei candidati, tra i quali l’ex Presidente Milan Kučan e il leader del centro-destra Janez Janša.
Tutta la campagna elettorale si è svolta con toni fortemente critici contro la presidenza di Pahor, alimentata soprattutto dal contrasto con Šareć, homo novus della politica slovena e non implicato nella logica dei partiti, che è riuscito ad attirare su di sé le simpatie della sinistra più radicale. La conferma di Pahor, quindi, è stata meno sicura di quanto inizialmente ipotizzato, tanto che, al ballottaggio, il vincitore ha ottenuto solo poco più del 52% dei voti di contro al 47% di Šareć, che ha raccolto il consenso dei partiti di opposizione. L’exploit del nuovo candidato sembra possa prospettare un cambiamento nel panorama politico sloveno, con la possibilità della formazione di un nuovo movimento politico facente capo proprio allo stesso Šareć, così come è accaduto qualche anno fa per Zoran Janković, che ha dato impulso nel 2011 alla formazione di Slovenia Positiva, e per l’attuale premier Miro Cerar, che ha fondato nel 2014 il Partito del Centro Moderno, entrambi di centro-sinistra. Un partito incentrato sul proprio leader, però, potrebbe avere vita effimera, visto che i consensi raccolti al secondo turno contro Pahor sono stati determinati dal coalizzarsi di tutte le forze politiche avversarie. Inoltre, non sono pochi coloro che hanno visto nella figura di Šareć il tentativo da parte del più o meno variegato fronte di centro-sinistra di evitare l’elezione del leader di centro-destra Janša, confondendo l’opinione pubblica con il diffuso sentimento anti-Pahor.
È da rilevare, però, che si è abbassata drasticamente l’affluenza alle urne. Al secondo turno delle presidenziali non si è andati oltre il 42% degli aventi diritto al voto, segno evidente di un atteggiamento di disaffezione politica in aumento, preoccupante in vista delle elezioni politiche ed amministrative dell’anno prossimo. Ci sono perplessità anche sull’elezione diretta del capo dello Stato.
Per contrastare i partiti politici avversari, Borut Pahor ha inaugurato un nuovo stile politico, già in parte sperimentato nelle scorse elezioni presidenziali del 2012, volto a rendere la propria figura più vicina al cittadino medio e si è avvalso anche del supporto dei social media.
Fonti:
www.balcanicaucaso.org
www.rainews.it
www.ansa.it
www.ilpost.it
www.nytimes.come
www.dvk-rs-si
www.dw.com
balkanist.net
www.cbc.ca