L’INCERTO FUTURO DEL PRESIDENTE EVO MORALES DOPO LE ELEZIONI BOLIVIANE
di Laura Alessandra Nocera
Domenica 20 ottobre 2019, in un clima generale di protesta, si sono tenute in Bolivia le elezioni per il rinnovo del Congresso e la nomina del Presidente dell’Estado Plurinacional, il cui esito, tuttora incerto, è stato contestato da tutte le parti politiche interne e dagli osservatori internazionali. Infatti, per placare le proteste diffuse in tutto il paese e lo sciopero di una settimana annunciato dai sostenitori di Morales, prossimamente si procederà di comune accordo ad un nuovo riconteggio dei voti con la supervisione dell’Organizzazione degli Stati Americani.
Le elezioni hanno visto contrapporsi due figure di assoluto rilievo, le cui storie politiche personali hanno già oscurato durante la campagna elettorale tutti gli altri candidati: da un lato, Evo Morales, ex cocalero e sindacalista, fondatore e guida del Movimiento al Socialismo – MAS e attuale Presidente uscente, in cerca della quarta conferma al ruolo di capo dello Stato; dall’altro lato, Carlos Diego Mesa Gisbert, giornalista e politico, già rappresentante del progressismo latino-americano (Sinistra Rivoluzionaria) ed ex capo di Stato dal 2003 al 2005, oggi assurto al ruolo di anti-Morales e sostenuto anche dagli ambienti più moderati e liberali.
Sull’incertezza di una nuova affermazione alla carica presidenziale per Morales, gravano, di certo, il suo modo quasi rocambolesco di superare il limite temporale posto dalla Costituzione al mandato presidenziale (che, secondo l’art. 288 della Ley Fundamental, è di cinque anni e può essere rinnovato una sola volta tramite elezioni generali) e le ultime posizioni politiche relative alla questione ambientale e ai rapporti con gli indigeni. Per quanto riguarda il primo fattore, è già noto come Morales, sconfitto al referendum del 21 febbraio 2016 sulla rimozione del limite di eleggibilità alla carica presidenziale, abbia ottenuto una vittoria momentanea con la pronuncia del Tribunal Constitucional Plurinacional (TCP) del 28 novembre 2017 (sentenza n. 0084/2017-R), che ha ammesso la possibilità di rielezione senza limiti di tempo per il Presidente, in quanto qualsiasi limitazione avrebbe costituito una violazione del diritto fondamentale di voto (attivo e passivo). La decisione del TCP è stata a lungo criticata nel paese, proprio perché incurante dell’intenzione di voto espressa durante il referendum del 2016, e ha minato sin da subito la popolarità di Morales, che, di recente, è risultata gravemente compromessa anche da una serie di scandali personali, da voci di corruzione e da decisioni fondamentalmente contrarie ai principi cardine della sua attività politica. Un esempio è costituito dalla situazione ancora non definita del Parco Nazionale TIPNIS, territorio indigeno originario dove è stata approvata la costruzione di una strada e di una serie di infrastrutture che danneggerebbero irrimediabilmente il paesaggio e le sue risorse naturali. La politica ambientale, d’altronde, ha sofferto anche del grave disinteresse presidenziale durante gli incendi in Amazzonia di quest’estate, allorquando Morales, pur intervenendo in modo abbastanza tempestivo con l’invio dell’esercito, si è rifiutato di definire la situazione una emergencia nacional, riservandosi di mettere in atto provvedimenti d’urgenza in altro momento.
La Ley del Regímen Electoral (L. 026/2010) prevede che il Presidente dell’Estado Plurinacional de Bolivia sia eletto direttamente dal popolo con un sistema maggioritario a doppio turno. Diventa Presidente chi, al primo turno, ottiene la maggioranza assoluta (50+1%) dei consensi oppure la quota del 40%, superando, in questo caso, gli altri candidati almeno di 10 punti percentuali; qualora nessuno dei candidati riesca ad ottenere simili consensi, gli elettori sono chiamati nuovamente alle urne per esprimere il proprio voto in un ballottaggio tra i due candidati più votati al primo turno.
La situazione politica boliviana pre-elettorale si è presentata estremamente scomposta e frastagliata, con un MAS in netto calo, dovuto ai forti dissensi per la recente politica di Morales, e l’ingresso di nuovi soggetti politici provenienti sia dal fronte progressista (vedi il ritorno sulle scene politiche di Mesa) che da quello conservatore. In particolare, secondo i sondaggi condotti fino a settembre, lo spettro politico faceva prospettare una sicura vittoria di Morales al primo turno, ma con una quota decisamente inferiore a quella richiesta per evitare il ballottaggio. L’ipotesi ulteriore, pertanto, immaginava la possibile creazione di un Frente unico alleato contro l’attuale capo dello Stato durante il secondo turno di elezioni, che porterebbe all’elezione del secondo candidato più votato (presumibilmente Mesa).
Al termine delle elezioni di domenica 20 ottobre, il Tribunal Supremo Electoral (TSE) ha condotto due verifiche separate sui voti scrutinati: un sistema di conteggio cd. “veloce” sul 95,6% dei voti vedeva in netto vantaggio Morales con uno scarto percentuale del 9,33% su Mesa, mentre un sistema di conteggio cd. “dettagliato” sul 72% delle schede ipotizzava un testa-a-testa tra i due candidati più votati, con una differenza minima dello 0,58%. In entrambi i casi, sembrava, quindi, profilarsi la possibilità di un secondo turno a dicembre tra i due candidati più votati. Però, quasi immediatamente dopo la divulgazione del dato sulla verifica “veloce” da parte del TSE, il sito internet con i risultati delle elezioni è andato in blocco per 24 h per un aggiornamento automatico del sistema, al termine del quale, lunedì 21, il nuovo dato aggiornato ha riportato uno scarto percentuale tra i due candidati del 10,12%, confermando, pertanto, la vittoria di Morales al primo turno.
Prontamente, l’Organizzazione degli Stati Americani ha chiesto spiegazioni in merito ad una situazione complessa e si è proposta di inviare una missione di osservatori elettorali per supervisionare sui risultati. Inoltre, a fronte di uno scarto incerto tra i due votanti e di un conteggio non chiaro, l’Organizzazione vede come unica soluzione per salvaguardare la democraticità dello Stato il ricorso obbligatorio al ballottaggio tra Morales e Mesa il 15 dicembre 2019.
La proposta non è stata accolta in modo favorevole da Morales e dai suoi sostenitori che hanno immediatamente occupato le piazze della capitale La Paz e bloccato le strade delle zone rurali del paese con una tecnica già nota negli scioperi di campesinos e cocaleros, serbatoio certo di voti per il MAS, mentre un’ondata di proteste da parte dell’opposizione si è scatenata nella città di Santa Cruz e nella sua regione. Dal canto suo, Morales ha denunciato il ricorso obbligatorio al secondo turno di elezioni come un tentativo di golpe da parte dei suoi oppositori conservatori, sostenuto dagli Stati Uniti, e si è auto-proclamato Presidente eletto. Il suo avversario elettorale Mesa, invece, ha lamentato una serie di brogli e di frodi elettorali che avrebbero violato la libertà di voto, fino ad arrivare allo scandalo del blocco del conteggio dei voti. Nel frattempo, fa discutere la posizione in apparenza “silenziosa” del Vice-Presidente García Linera, che, in netto dissenso con la situazione attuale, ha rassegnato le proprie dimissioni.
Fonti:
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L.A. Nocera, La pericolosa interpretazione contra constitutionem della giurisprudenza boliviana sui mandati presidenziali, in Nuovi Autoritarismi e Democrazie: Diritto, Istituzioni, Società (NAD), n.1/2019, pp. 65-81
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L.A. Nocera, Il Tribunal Constitucional Plurinacional boliviano ammette la possibilità di rielezione di Morales, in DPCE on line, n.2018/2, pp. 609-615
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S. Verdugo, How the Bolivian Constitutional Court helped the Morales regime to break the political insurance of the Bolivian Constitution, in Int’l J. Const. L. Blog, Dec. 10, 2017
Per i risultati elettorali: www.oep.org.bo.
Per gli ultimi aggiornamenti sull’argomento: www.bbc.co.uk; www.bbc.com; www.theguardian.com; www.infobae.com; www.clarin.com; www.lanacion.com.ar.
Assegnista di Ricerca Post-Doc presso il Dipartimento di Studi Internazionali, Giuridici e Storico-Politici, Università degli Studi di Milano.