Xi Jinping’s speech at the China International Import Expo in Shanghai: China’s role in the creation of a global community

il discorso di Xi Jinping al China International Import Expo di Shanghai: il ruolo della Cina nella creazione di una comunità globale

di Giulio Santoni

Il China International Import Expo (CIIE), si è tenuto a Shanghai dal 5 al 10 novembre 2018 ed ha consentito ad oltre 3000 imprese, provenienti da 172 paesi, di presentarsi agli oltre 400.000 visitatori che ne hanno affollato i padiglioni. L’evento, pur avendo riscosso una limitata eco mediatica in Italia, ricopre un rilievo economico, culturale e politico che prevale sulla sua importanza commerciale.

Negli stessi giorni in cui il Presidente Trump ribadiva con vigore il principio dell’“America first”, la Cina ospitava e (finanziava) la sua prima esibizione dedicata all’espansione dei consumi interni di beni di importazione. Il valore simbolico del CIIE è stato ampliato dall’intervento con cui Xi Jinping ha aperto l’evento.

Il Presidente della Repubblica Popolare ha esordito sottolineando come l’infittirsi della trama dei rapporti globali, o l’inter-connettività, sarebbe espressione di una legge storica macroscopica che sfugge al controllo dell’uomo. Le nuove forme di comunicazione e di trasporto renderebbero di fatto possibili modalità di cooperazione che consentono a individui ed organizzazioni di tutto il mondo di trovare soluzioni a problemi nuovi e antichi. Nessun governo nazionale potrebbe opporsi a queste forze o provare a governarle, ma solo contribuire o meno alla creazione di una comunità globale.

Secondo Xi, la creazione di una comunità globale richiede il superamento di conflitti e diffidenze. E’ una visione che richiede azioni credibili, soprattutto da parte dei paesi più grandi. E la Cina, anche attraverso il CIIE, vuole offrire un esempio tangibile di come il processo di apertura del proprio mercato ai beni e servizi esteri stia accelerando.

Nella seconda parte del suo discorso, Xi Jinping ha presentato delle osservazioni sulle future modalità di apertura del mercato cinese, peraltro in linea con quanto indicato ai capitoli 49 e ss. del 13° piano quinquennale. Il mercato cinese deve essere rivitalizzato attraverso un’apertura bidirezionale, vale a dire attraverso misure che facilitino sia gli investimenti cinesi all’estero sia quelli esteri in Cina. Rivolgendosi ad una platea composta principalmente da ospiti internazionali, Xi Jinping ha annunciato alcune delle azioni concrete, che il governo cinese porrà in essere per ampliare il flusso di beni e servizi esteri.

Il discorso si pone in linea di continuità con i precedenti interventi di Xi Jinping a Davos e Bo’ao. Al fine di svolgere qualche considerazione, può essere utile partire dal comunicato congiunto rilasciato dagli ambasciatori di Francia e di Germania a Pechino, in editoriale a doppia firma del primo novembre. Gli ambasciatori Ripert e von Götze hanno innanzitutto ricordato la significativa presenza di imprese francesi e tedesche nel mercato cinese, adeguatamente rappresentata nei padiglioni del CIIE, dove le aziende provenienti dai due paesi costituivano un decimo del totale. Successivamente, tuttavia, i due ambasciatori hanno rilevato che attualmente le operazioni delle imprese europee in Cina sono afflitte da due categorie di ostacoli. Da un lato, tariffe, dazi e negative lists di vario genere continuano a vietare o rendere di fatto anti-economici gli investimenti esteri in svariati settori dell’economia. D’altro canto, anche nei settori dell’economia in cui il governo cinese formalmente non pone limiti e vincoli alle operazioni di imprese estere, la stessa struttura dell’ordinamento giuridico cinese contrasta la penetrazione del mercato da parte di beni e servizi esteri.

In particolare, Ripert e von Götze individuano le seguenti più importanti non tariff barriers: 1) la mancanza di garanzie circa l’applicazione di criteri scientifici nelle procedure di importazione di prodotti alimentari e agricoli; 2) il requisito di costituire una joint venture con un soggetto cinese, previsto per vari settori dell’economia; 3) il fatto che la legge cinese sulle obbligazioni derivanti da fatto illecito del 2010 (侵权法), così come più in generale il diritto amministrativo cinese, non seguano un principio di proporzionalità nella determinazione dell’ammontare delle sanzioni (ciò, in concreto, risulta nella frequente applicazione di sanzioni eccessive nei confronti degli operatori esteri); 4) le difficoltà nella tutela dei diritti di proprietà intellettuale lamentata dagli operatori internazionali, in contrasto con gli standard imposti alla Cina, in quanto membro dell’OMC; 5) il fatto che la legge sulla cyber-sicurezza del 2017 (网络安全法), nel limitare il flusso transfrontaliero di dati senza prevedere un principio di proporzionalità, renda eccessivamente difficile l’accesso di operatori esteri nel mercato cinese.

In conclusione, i due ambasciatori auspicano una rapida e trasversale evoluzione dell’ordinamento giuridico interno cinese, in una direzione che consenta alle imprese franco-tedesche di operare sul mercato cinese in condizioni di parità e reciprocità, allo stesso modo in cui siffatte condizioni sono garantite alle imprese cinesi in Europa.

Le opinioni di Ripert e von Götze non sono lontane dalle posizioni espresse da organi dell’ Unione Europea. Ad esempio, la Commissione Europea e la EU Chamber of Commerce, nell’auspicare   dei rapporti commerciali tra UE e Cina, individuano anch’esse una lunga lista di barriere non tariffarie che dovrebbero essere rimosse. Tra queste rientrano:  il gran numero di pratiche burocratiche, la lunghezza dei tempi delle procedure amministrative per il rilascio di licenze commerciali, che, peraltro, sono necessarie allo svolgimento di qualunque tipo di attività, la tendenza delle autorità locali a favorire le imprese locali a discapito di quelle estere, l’utilizzo arbitrario del potere da parte dei pubblici ufficiali, la disparità di trattamento nelle gare di appalto pubbliche.

Le opinioni appena riportate si collocano senz’altro nell’ambito di una trattativa commerciale in cui le autorità e le imprese franco-tedesche e, per effetto del loro potere trainante, le autorità europee, stanno tentando di migliorare il trattamento che queste ultime ricevono in Cina. Allo stesso tempo, alcuni limiti nella prospettiva europea devono essere sottolineati. In particolare, non si può ritenere il governo cinese artefice di tutte le barriere non tariffarie che affliggono gli operatori esteri, la cui rimozione, a differenza dei dazi doganali, richiede in alcuni casi riforme di ampio respiro.

E’ vero infatti che il governo cinese ha il potere di rimuovere dazi e barriere non tariffarie come licenze, obblighi di costituire joint venture con soci cinesi o procedimenti di importazione eccessivamente gravosi. D’altro canto, tuttavia, alcuni dei fattori di  discriminazione indicati dalle istituzioni europee non sono dovuti ad un mero intento protezionistico, ma a caratteristiche strutturali dell’ordinamento giuridico e politico cinese.

L’inefficienza della tutela dei diritti di proprietà intellettuale, l’esercizio arbitrario del potere da parte della pubblica amministrazione e la frequenza di comportamenti discriminatori nello svolgimento delle gare d’appalto affliggono le imprese cinesi quanto quelle internazionali. Il miglioramento dell’efficienza della pubblica amministrazione e lo smantellamento di alcuni meccanismi distorsivi della concorrenza messi in atto dalle amministrazioni locali, rientrano in effetti tra gli obiettivi del governo centrale cinese, anche allo scopo di eliminare le stesse sacche di potere a livello locale che Xi Jinping ha duramente contrastato con le campagne anti-corruzione degli scorsi anni. Si tratta di obiettivi che non possono che essere perseguiti nel lungo termine, attraverso quella che il 13° piano quinquennale definisce come trasformazione in “Stato di diritto socialista con caratteristiche cinesi”. Sulla definizione appena riportata si può aggiungere che l’evoluzione del diritto privato cinese sembrerebbe indirizzata verso un ampliamento dell’elenco delle libertà economiche individuali, senza un sostanziale ripensamento del modello politico, che sarebbe invece necessario per pervenire alla parità di trattamento delle imprese estere. Commenti e osservazioni da parte europea che abbiano un carattere tecnico o che siano comunque circoscritte a specifiche questioni possono contribuire all’evoluzione dell’ordinamento cinese.  E ciò è anche comprovato dal lancio, nel 2016, dell’EU-China Legal Affairs Dialogue.  E’ tuttavia comprensibile che pressioni esterne volte a indirizzare il processo di riforma interna che il governo cinese attua con metodica programmazione da oltre quarant’anni non vengano accolte con favore.

 

FONTI

Discorso integrale di Xi Jinping al CIIE

https://www.youtube.com/watch?v=3R0Fgc8ZCBs

Intervento congiunto delle Ambasciate di Francia e Germania

https://china.diplo.de/cn-de/181101-caixin/2156418

EU COMMISSION: Elements for a new EU strategy on China

http://eeas.europa.eu/archives/docs/china/docs/joint_communication_to_the_european_parliament_and_the_council_-_elements_for_a_new_eu_strategy_on_china.pdf

Intervista Christian Hirte

https://www.stimme.de/deutschland-welt/wirtschaft/wt/Chinas-Xi-setzt-auf-Staat-nicht-Markt;art270,4108253

Posizione EU Chamber of Commerce

https://www.bloomberg.com/news/articles/2018-11-02/eu-chamber-says-china-must-move-beyond-rhetoric-at-import-expo

Tim Wu, articolo

https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=882459

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