di Laura Alessandra Nocera
The ongoing constitutional reform in Georgia is one of the priorities of the ruling party since it aims to reduce the competences of the President, consolidate democratic system and strengthen legislative power. The international community is therefore seriously worried about the risk of concentration of power in the hands of a single party.
Con una risoluzione votata il 15 dicembre 2016, il Parlamento georgiano ha affidato alla Commissione per le questioni costituzionali il mandato di elaborare un progetto di revisione costituzionale coerente con i principi fondamentali ispiratori della Costituzione post-sovietica del 1995. La Commissione è composta da 73 membri, selezionati con decreto del 23 dicembre 2016 dal Presidente della Camera – che è anche Presidente della Commissione – Irakli Kobakhidze, in maniera proporzionale tra tutti i gruppi parlamentari e tra rappresentanti della società civile. Il compito della Commissione è stato quello di preparare, entro la data del 30 aprile 2017, le proposte e le procedure valide per un’ampia revisione della Costituzione. La bozza della riforma costituzionale, così elaborata e approvata dalla stessa Commisione in data 22 aprile 2017, è ora sottoposta all’attenzione del Parlamento, dove sarà discussa in due letture consecutive (a giugno e a luglio) e sarà sottoposta a una terza lettura a settembre. Infine, per essere approvata, dovrà essere votata dal Parlamento unicamerale con una maggioranza qualificata di 3/4, così come stabilito dall’art.102 della Costituzione.
La Costituzione georgiana attualmente in vigore è il risultato di una serie di revisioni costituzionali che si sono succedute negli ultimi venti anni e che hanno raggiunto il proprio apice negli anni 2000 con una graduale trasformazione della forma di governo. Già nel 2010 la riforma costituzionale voluta dal partito allora al governo, il Movimento di Unione Nazionale (UNM), è stata un segno della tendenza a cambiare la forma presidenziale del testo originario del 1995 in un sistema ibrido presidenziale-parlamentare, fortificando il ruolo del Governo e del primo ministro a scapito del Presidente della Repubblica, i cui poteri sono stati fortemente erosi.
La revisione costituzionale del 2010, inoltre, si era accompagnata ad una legge elettorale che ha introdotto un sistema combinato di proporzionale di lista a turno unico (per l’elezione di 75 seggi) e maggioritario a doppio turno su collegi elettorali uninominali (gli altri 75 seggi). La legge elettorale, tuttora in vigore, garantisce un forte premio di maggioranza al partito che ottiene la maggioranza relativa alle elezioni, assicurando gran parte dei seggi elettorali e la stabilità governativa. Si tratta di una riforma molto pericolosa perché dà la possibilità ad un solo partito di imporre la propria autorità, aggirando anche il veto presidenziale (così come è accaduto al Governo durante la legislatura 2012-2016, generando una forte frizione tra esecutivo e Presidente della Repubblica). Inoltre, il premio di maggioranza dà la possibilità di avere sempre una sicura maggioranza parlamentare al partito di governo, che è in grado di fare approvare anche revisioni costituzionali solo con il consenso di parte (come sta accadendo con la revisione costituzionale odierna, al vaglio del voto parlamentare, dove ben 115 seggi su 150 sono occupati da esponenti del partito al governo).
La riforma costituzionale è stata uno degli obiettivi prioritari del partito al governo, Sogno georgiano (GD), sin dal 2012, cioè dalla vittoria alle elezioni generali della scorsa legislatura, in contrapposizione con il criticato abuso delle garanzie costituzionali per uso personale messo costantemente in atto dal precedente Governo guidato dal Movimento di Unione Nazionale (UNM). Il programma politico di Giorgi Kvirikashvili, attuale primo ministro e leader del partito Sogno georgiano (GD), successivamente alla vittoria elettorale di ottobre 2016 (nella quale – come detto -ha ottenuto i 3/4 dei seggi dei complessivi del Parlamento unicamerale), ha posto da subito la necessità di una novella costituzionale, che trasformasse gradualmente la forma di governo della Georgia da Repubblica tendenzialmente presidenziale a Repubblica parlamentare, malgrado l’opposizione della minoranza parlamentare e il parere discorde del Presidente della Repubblica Giorgi Margvelashvili e della Corte Costituzionale.
La revisione costituzionale si pone l’obiettivo di ridurre i poteri del Presidente della Repubblica, che rimarrebbero esclusivamente quelli di rappresentanza dello Stato nelle relazioni internazionali e di Comandante delle forze armate. Sono eliminate tutte le competenze proprie del Presidente connesse alla politica estera e alla difesa, ivi compreso il potere di convocare gli ambasciatori e dare loro raccomandazioni, mentre resterebbe intatto il potere di dichiarare lo stato di emergenza e convocare il Consiglio di sicurezza nazionale. Inoltre, la riduzione delle prerogative presidenziali si estenderebbe anche all’eliminazione della forte legittimazione del Presidente proveniente dall’elezione diretta. La trasformazione dell’elezione presidenziale in un’elezione indiretta cambierebbe completamente gli equilibri istituzionali e il sistema di pesi e contrappesi tra poteri.
La riforma propone infatti l’elezione del Presidente da parte di un Collegio elettorale composto da 300 membri: la metà di questi sarà costituita dai deputati del Parlamento unicamerale (150 membri), mentre l’altra metà dai delegati dei consigli locali e municipali e dei consigli supremi delle repubbliche autonome di Adjara e di Abkhazia (quest’ultima autoproclamatasi indipendente nel 2008 col sostegno della Russia e dunque fuori dalla giurisdizione di fatto della Georgia). La revisione – qualora approvata definitivamente – dovrebbe entrare in vigore a partire dal 2023, per cui la prossima elezione presidenziale, prevista per il 2018, si svolgerà ancora in via diretta. Il nuovo sistema di elezione indiretta del Presidente dovrebbe prevedere una maggioranza qualificata dei 3/5 alla prima votazione, ridotta a semplice maggioranza assoluta nella seconda e nella terza votazione (ove non sia possibile raggiungere la maggioranza dopo tre votazioni, si procederà a presentare nuovi candidati).
Inoltre, la riforma costituzionale prevede anche una revisione dell’attuale sistema elettorale misto per i deputati, come richiesto spesso sia dalla società civile sia da numerosi giuristi, in quanto il sistema elettorale odierno assicura la governabilità grazie ad un elevatissimocon premio di maggioranza, ma a scapito della rappresentanza democratica. Tuttavia, la riforma sembra non incontrare, al momento, il gradimento dei costituzionalisti, visto che la Commissione per gli affari costituzionali ha proposto di eliminare la quota maggioritaria per le elezioni generali, rendendo il sistema totalmente proporzionale, con liste chiuse a cui sarebbe impossibile allearsi in coalizioni. Rimarrebbe, però, invariata la clausola di sbarramento al 5% per l’ingresso in Parlamento, influendo negativamente sulla rappresentanza di piccoli partiti o di partiti a base locale che, un tempo eletti grazie ai collegi uninominali, non riuscirebbero a raggiungere il 5% su scala nazionale in un sistema proporzionale.
La Georgia è sempre stata finora leader nel processo di democratizzazione della regione caucasica. Per questo motivo, la revisione costituzionale attuale sembra costituire un passo indietro non solo per l’evoluzione democratica del Paese, ma anche per tutta la regione caucasica, garantendo il rafforzamento di un unico partito a scapito del sistema democratico e dell’equilibrio fra poteri. Di tale avviso è tutta la comunità internazionale e l’Unione Europea, che, dopo le dubbie revisioni costituzionali in Armenia e Turchia, guarda in modo molto critico le riforme presentate in Georgia. Sul punto, è intervenuta anche la Commissione di Venezia, che, analizzando le proposte costituzionali georgiane, si è espressa negativamente per una possibile involuzione del processo di democratizzazione.
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