Ecuador. Il conflitto armato all’interno del paese e le misure adottate per far fronte all’emergenza a gennaio 2024

di Christian Mosquera Arias*

In Ecuador a partire dal 2018 si è verificato un forte incremento della violenza, che lo ha trasformato dall’essere uno dei paesi più sicuri nella regione a uno tra i più pericolosi. Nel 2017 il tasso di omicidi era pari a 5,8 ogni 100.000 abitanti, mentre nel 2023 è di 46,5 omicidi ogni 100.000 abitanti. La motivazione principale della violenza nel paese andino è la diffusione della criminalità organizzata legata al narcotraffico. Tale fenomeno è una conseguenza dell’internazionalizzazione dei cartelli messicani, soprattutto quello di Sinaloa e quello di Jalisco Nueva Generación, che hanno individuato nell’Ecuador un paese molto rilevante per la sua posizione geografica strategica, che confina con la Colombia e il Perù che sono i due principali paesi produttori di cocaina. Oltre a ciò, l’Ecuador si affaccia sull’Oceano Pacifico e i suoi porti servono alle rotte del narcotraffico verso l’America settentrionale e non solo. La loro strategia per poter operare in Ecuador è stata quella di “catturare” le istituzioni dello Stato attraverso reti di corruzione che hanno coinvolto anche alte cariche dello Stato. Inoltre, i cartelli del narcotraffico, approfittando dell’aumento della povertà e del deterioramento del contesto sociale negli ultimi anni, hanno reclutato più facilmente molti giovani dei settori più deboli della società e hanno finanziato i gruppi criminali locali che sono diventati il loro braccio armato nel paese sudamericano.

Per quanto riguarda il fenomeno corruttivo che ha coinvolto le alte cariche, a gennaio del 2023, un’inchiesta giornalistica aveva fatto emergere alcuni casi di corruzione da parte di personalità vicine all’ex Presidente della Repubblica Guillermo Lasso, del partito conservatore Movimiento CREO. Successivamente, la procura aveva avviato diverse indagini e in alcuni casi aveva formulato accuse per corruzione nei confronti di diverse persone, tra cui Danilo Correa, cognato di Lasso. Per quanto concerne i casi di violenza, invece, probabilmente quello più grave si è verificato ad agosto del 2023 durante la campagna elettorale per le elezioni presidenziali anticipate, quando il candidato presidenziale Fernando Villavicencio è stato vittima di un attentato, organizzato da alcuni gruppi di narcotrafficanti, perché aveva denunciato le infiltrazioni di tali gruppi criminali all’interno delle istituzioni e aveva proposto di adottare misure concrete per la lotta al narcotraffico.

Nell’ambito del contrasto alla corruzione, un episodio molto rilevante ha avuto luogo il 14 dicembre 2023, quando il Procuratore generale Diana Salazar ha guidato un’operazione denominata “metastasis”, che si è svolta contemporaneamente in diverse città del paese, per dare esecuzione a 38 mandati di arresto. La Salazar, verso la fine del 2022, aveva avviato un’indagine per la presunta esistenza di una rete di corruzione che prevedeva infiltrazioni di organizzazioni criminali di narcotrafficanti, soprattutto all’interno del sistema giudiziario, coinvolgendo, tra gli altri, giudici, procuratori, politici e funzionari di diverse istituzioni. Tra le persone arrestate durante l’operazione del Procuratore generale vi sono stati il Presidente del Consiglio della magistratura, Wilman Terán, diversi giudici, agenti di polizia e Pablo Ramirez, ex direttore del Servicio Nacional de Atención Integral a Personas Privadas de la Libertad (SNAI), istituzione incaricata di gestire i centri penitenziari del paese. In seguito agli arresti, Salazar aveva dichiarato che la risposta delle organizzazioni criminali sarebbe stata quella di fare scoppiare un’ondata di violenza nel paese, cosa che effettivamente si è verificata dopo qualche settimana. Inizialmente all’interno delle carceri dove hanno avuto luogo delle rivolte e sono stati presi in ostaggio alcuni agenti della polizia penitenziaria, poi anche fuori dai centri di reclusione dove i criminali hanno effettuato saccheggi, incendiato auto, sequestrato agenti di polizia e fatto irruzione in università e ospedali.

Successivamente, il 7 gennaio 2024, José Alfonso Macías Villamar, noto come Fito, leader dell’organizzazione criminale “Los Choneros”, che è legata al cartello messicano di Sinaloa, è evaso dal carcere regionale della città di Guayaquil, nella provincia di Guayas. Fito, che stava scontando dal 2011 una condanna di 34 anni per diversi reati, tra cui narcotraffico, possesso di armi e omicidio, doveva essere trasferito lo stesso giorno in una struttura di massima sicurezza. Nel 2013, Fito era già riuscito ad evadere da un carcere di massima sicurezza, ma dopo circa tre mesi era stato nuovamente catturato.

In un contesto di tensioni e violenza, il Presidente della Repubblica Daniel Noboa, della coalizione di centro-destra Acción Democrática Nacional (ADN) e in carica dal 23 novembre 2023, sulla base dell’art. 164 della Costituzione, ha adottato il Decreto N. 110 del 8 gennaio 2024, proclamando lo stato di emergenza in tutto il territorio nazionale per il grave sconvolgimento dell’ordine pubblico, per una durata di 60 giorni (artt. 1 e 2). Tra le misure adottate con tale decreto si dispone l’intervento delle forze armate, anche all’interno delle carceri, con l’obiettivo di garantire la sicurezza nel paese, evitare ulteriori episodi violenti e proteggere la vita e l’integrità fisica dei cittadini (art. 3). Inoltre, si stabilisce la sospensione di diversi diritti, tra questi: il diritto alla libertà di riunione, per impedire assembramenti negli spazi pubblici che possano rappresentare una minaccia all’ordine pubblico o alla sicurezza della cittadinanza (art. 4); il diritto all’inviolabilità del domicilio, soprattutto per poter realizzare dei controlli o delle perquisizioni con l’obiettivo di individuare depositi di armi ed esplosivi (art. 5); il diritto all’inviolabilità della corrispondenza all’interno di tutti i centri di reclusione, per evitare che i detenuti possano comunicare con l’esterno o tra di loro senza un previo controllo della corrispondenza da parte delle autorità competenti (art. 6). Infine, si prevedono delle limitazioni alla libertà di circolazione, nello specifico, si vietano gli spostamenti dei cittadini, tra le ore 23:00 e le ore 05:00, ma sono previste delle eccezioni per alcune categorie di persone (personale medico e sanitario, membri delle forze armate, funzionari di alcune istituzioni di vertice dello Stato o membri di missioni diplomatiche accreditate, ecc.) (art. 7).

Le misure adottate non sono molto dettagliate, ma quello che appare chiaro dal Decreto N. 110 è che, come tipicamente accade nei momenti di crisi negli Stati latinoamericani, i militari hanno assunto un ruolo di primo piano nell’affrontare l’emergenza. La strategia di Noboa, che si basa sull’intervento dei militari, ricorda quella adottata in Messico dal Presidente Felipe Calderón, del partito di centro-destra Acción Nacional (2006-2012). Tuttavia, bisogna ricordare che nel caso messicano dichiarare la guerra alla criminalità organizzata legata ai traffici della droga con i militari, facendo ricorso alla violenza di Stato attraverso l’adozione di politiche repressive, è stata una strategia fallimentare che ha provocato numerose vittime, torture, persone scomparse e altre violazioni dei diritti umani.

Nonostante la dichiarazione dello stato di emergenza e le misure repressive si sono verificate altre evasioni dai centri di reclusione. Nel carcere di Riobamba, nella provincia di Chimborazo, sono evasi 32 reclusi, tra cui, Fabricio Colón Pico, leader di un’altra organizzazione criminale, “Los Lobos”, che è legata al cartello messicano Jalisco Nueva Generación. Pico era in carcere perché il Procuratore generale Salazar lo aveva accusato di sequestro di persona e il 5 gennaio 2024 era stato catturato a seguito di un ordine di custodia cautelare. Recentemente, il Procuratore generale lo aveva accusato anche di progettare un attentato contro di lei.

Le diverse evasioni dei detenuti dai centri di reclusione riflettono la situazione delle carceri dell’Ecuador che, come aveva sottolineato la Commissione interamericana dei diritti umani (CIDU) nel suo report «personas privadas de libertad en Ecuador» del 2022, è caratterizzata dall’assenza di controllo da parte dello Stato, dalla corruzione e dal numero insufficiente del personale penitenziario. Il controllo effettivo delle carceri è nelle mani dei detenuti che gestiscono da lì la criminalità organizzata legata al narcotraffico. Tuttavia, all’interno delle carceri vi sono diversi gruppi criminali, spesso in lotta tra loro per il controllo dei centri penitenziari. Il primo episodio violento tra i diversi gruppi si era verificato il 23 febbraio del 2021 quando gli scontri tra le organizzazioni criminali rivali aveva provocato 79 morti. È chiaro che la causa principale di tale situazione delle carceri è la corruzione all’interno delle istituzioni che le gestiscono. Infatti, la CIDU sempre nel suo report del 2022 aveva sostenuto che il paese andino «atraviesa por una grave crisis penitenciaria de naturaleza estructural, caracterizada por niveles de violencia y corrupción sin precedentes dentro de las prisiones, y que responde al abandono del sistema penitenciario por parte del Estado».

Nei giorni successivi alla dichiarazione dello stato di emergenza gli episodi di violenza sono continuati. Così, il 9 gennaio 2024, un gruppo di persone armate ha fatto irruzione negli studi televisivi di un noto canale e ha preso in ostaggio conduttori e dipendenti, trasmettendo in diretta e a livello nazionale quello che stava accadendo. I criminali chiedevano al governo di sospendere le operazioni delle forze armate contro i membri delle organizzazioni criminali di narcotrafficanti. La polizia, che nel frattempo aveva circondato l’edificio, dopo due ore è riuscita a portare la situazione sotto controllo e ha arrestato tredici persone.

Il Presidente Noboa ha reagito adottando il Decreto N. 111 del 9 gennaio 2024, che modifica in parte il Decreto N. 110. Nel documento si riconosce l’esistenza di un “conflitto armato” all’interno del paese, che rappresenta un’ulteriore motivazione della dichiarazione dello stato di emergenza (artt. 1 e 2). Inoltre, si integra l’art. 3 del precedente Decreto N. 110, disponendo l’intervento delle forze armate per garantire, altresì, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ecuador contro la criminalità organizzata transnazionale e le organizzazioni terroristiche (art. 3). Ancora, si riconoscono 22 gruppi della criminalità organizzata transnazionale come “organizzazioni terroristiche”, inclusi i gruppi Choneros e Lobos (art. 4). Infine, si richiede alle forze armate di eseguire operazioni militari, nel rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, per combattere tali gruppi criminali (art. 5). Il Decreto N. 111, pertanto, rafforza ulteriormente i poteri riconosciuti ai militari durante lo stato di emergenza.

Per quanto riguarda i costi economici della “guerra al narcotraffico”, secondo le stime del ministro delle finanze, Juan Vega, il conflitto armato costerà all’Ecuador oltre un miliardo di dollari all’anno. Così, per far fronte alle urgenze economiche derivanti dal conflitto, l’11 gennaio, il Presidente Noboa, sulla base dell’art. 140 della Costituzione, ha sottoposto al Parlamento un progetto di legge, il «proyecto de ley orgánica para enfrentar el conflicto armado interno, la crisis social y económica», che prevede l’aumento dell’Imposta sul Valore Aggiunto dal 12% al 15%. Tuttavia, il progetto di Noboa ha suscitato molte critiche, perché la misura proposta potrebbe gravare troppo sui settori più fragili della società. Perciò, non è sicuro che il Parlamento accolga in modo favorevole il progetto del Presidente.

Un aspetto particolarmente preoccupante della situazione in Ecuador è la diffusione, nei discorsi di alcuni politici, fra i quali lo stesso Presidente Noboa, dell’idea che sia necessario adottare un modello simile a quello del carismatico Presidente Nayib Bukele in El Salvador per risolvere il problema della violenza nel paese centroamericano, problema che effettivamente è riuscito a limitare, ma minando i principi che stanno alla base dello Stato di diritto. Il problema della violenza in Ecuador richiede invece il coinvolgimento di tutte le forze politiche per l’adozione di una strategia dettagliata per la lotta alla criminalità organizzata, ma che in nessun modo preveda misure che possano ledere i diritti umani.

Nell’attuale situazione emergenziale in Ecuador due questioni sembrano particolarmente problematiche. La prima riguarda il fenomeno della corruzione che ha indebolito le istituzioni dello Stato. L’idea di adottare un modello autoritario per contrastare la corruzione le indebolirebbe ulteriormente, influendo negativamente sul livello di maturità democratica del paese. Perciò, sarebbe più opportuno che le diverse forze politiche si impegnassero a perfezionare il sistema anticorruzione, sia sotto il profilo del quadro giuridico che sul piano istituzionale, ovverosia, in relazione agli apparati amministrativi e giurisdizionali preposti o in via esclusiva o dotati di funzioni anche nell’ambito del contrasto alla corruzione.

La seconda questione riguarda il sistema giudiziario che, come emerge dall’operazione “metastasis”, presenta dei seri problemi legati alle infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore della giustizia. Già durante la campagna elettorale per le presidenziali del 2023, il Presidente Noboa aveva presentato un programma nel quale si evidenziava che per far fronte al problema della sicurezza fosse necessario adottare misure per migliorare il sistema giudiziario, sia sotto il profilo della qualità che dell’efficienza, senza fare tuttavia riferimento al tema dell’indipendenza dei giudici. Affrontare tale tema, invece, risulta fondamentale perché nel contesto attuale l’indipendenza dei giudici risulta particolarmente condizionata da ingerenze politiche e soprattutto dalla corruzione.

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* Dottorando in Diritto e Scienze umane presso l’Università degli Studi dell’Insubria.

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