CHINA’S OPPORTUNITIES IN THE INTERNATIONAL CORONAVIRUS SOLIDARITY

LE OPPORTUNITA’ DELLA CINA NELLA SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE PER L’EMERGENZA CORONAVIRUS

di Shawn Guidi[1]

The recent wave of solidarity from the People’s Republic of China is certainly a symptom of mutual gratitude in the fight against Sars-Cov-2. The Asian country can however take the opportunity to strengthen its image and the long-term projects started with the Belt and Road Initiative, especially the ones regarding the development of the 5G network.

La pandemia del virus Sars-Cov-2 ha messo duramente alla prova non solo l’economia cinese, ma anche la distribuzione del potere tra il governo centrale e quello locale stabilita secondo le caratteristiche di una forma di Stato socialista a regime comunista fin dalla fondazione della Repubblica popolare. Prendendo spunto dall’organizzazione locale dell’URSS, la gestione e il controllo dei quartieri è in buona parte nelle mani dei comitati volontari di residenti, supervisionati a loro volta da membri del partito eletti o nominati all’interno del comitato. Durante il periodo di riforme degli anni ‘90, sempre più comitati urbani hanno deciso di fondersi all’interno dei cosiddetti “Shequ”, gruppi più ampi che includono anche organizzazioni e istituzioni locali. Risulta quindi difficile delineare le responsabilità dell’iniziale mancanza di trasparenza: l’errata gestione dei primi casi potrebbe essere attribuita sia al governo locale che a quello centrale.

Responsabilità a parte, la gestione iniziale ha favorito la diffusione dell’agente patogeno, che, unito alla sua alta infettività, non si è limitato a colpire duramente solo quella regione del globo come in precedenza era accaduto per i virus SARS e MERS. Le misure draconiane adottate dal governo cinese hanno di certo ottenuto i risultati sperati: la chiusura della provincia dello Hubei con i suoi 59 milioni di abitanti ha contenuto la diffusione del virus, portando i nuovi contagi a cifre controllabili. Se, da una parte, la situazione in Cina è ormai indirizzata verso un ritorno alla normalità, il resto del mondo sta per vivere il picco dei casi, situazione destinata a paralizzare intere nazioni. Il governo cinese può sfruttare la situazione attuale per portare avanti alcuni punti centrali della sua agenda.

In Italia si leggono da tempo articoli e post social sugli aiuti cinesi per fronteggiare l’epidemia. A tal proposito, è doveroso rammentare che una riabilitazione agli occhi del mondo è obiettivo prioritario del governo cinese. Progetti di collaborazione internazionale come la Belt and Road Initiative (d’ora in poi denominata BRI)  necessitano prima di tutto di una buona reputazione. Gli aiuti sanitari cinesi non si limitano, infatti, al territorio italiano, ma vengono spediti ad altri Stati, tra cui Belgio, Spagna, Etiopia, Namibia, Filippine, Iran e Iraq. L’Italia si ritrova, però, a coprire una posizione di rilievo nelle attenzioni internazionali della Repubblica Popolare: il paese è l’unico membro del G7 ad aver aderito alla BRI: questo dettaglio unito alla posizione geografica ideale lo rende un tassello importante del progetto. La nuova rete internazionale cinese punta a collegare commercialmente e politicamente lo Stato asiatico con il vecchio continente, usufruendo allo stesso tempo del controllo strategico dell’informazione. La battaglia per la creazione delle reti 5G disegnerà, infatti, i futuri equilibri geopolitici: la nuova tecnologia di connessione non permetterà semplicemente una velocità di download/upload molto più elevata, ma anche l’introduzione e lo sviluppo di interfacce e sistemi fino ad ora impossibili. Se i numeri dell’economia posizionano la Cina ancora dietro agli Stati Uniti, le grandi aziende hi-tech del paese asiatico si stanno impegnando da anni nello sviluppo della nuova tecnologia. Alcuni colossi come Huawei, ZTE e Alibaba sono ormai all’avanguardia, essendo diversi di loro già fortemente presenti nei mercati occidentali. Huawei ad esempio, oltre che offrire all’Italia la creazione di un una piattaforma cloud per collegare le strutture ospedaliere con quelle di Wuhan, ha creato molte reti dell’attuale generazione ed è presente dal 2005 come  gestore dell’infrastruttura di telecomunicazione del Regno Unito. La creazione di una rete 5G non è alla portata di tutti. Oltre che una solida rete internet nazionale, il know-how e le risorse necessarie per potenziarla sono notevoli: le recenti spinte di Pechino ad accelerare la costruzione di nuovi network ne confermano le possibilità e la dedizione.

Il vantaggio cinese nel settore della connettività 5G è evidente: nonostante le pressioni statunitensi, Huawei ha avuto il via libera allo sviluppo della rete in ben 54 nazioni. Australia, Giappone e Nuova Zelanda hanno, invece, abbracciato appieno le preoccupazioni dell’alleato, vietando alla compagnia lo sviluppo di infrastrutture sul loro territorio. Gli USA hanno forti dubbi sulla sicurezza dei dispositivi e delle reti Huawei. In Cina il mondo delle imprese private, soprattutto quelle d’avanguardia, è infatti molto diverso rispetto alle controparti occidentali. Durante le riforme di libero mercato degli anni ’90, il partito ha stimolato i piccoli imprenditori attraverso propri rappresentanti nei territori. Questa spinta governativa al libero mercato è drasticamente diminuita in seguito alla crisi finanziaria del 2008. Temendo il fallimento di aziende chiave, il partito comunista è tornato ad abbracciare una visione maggiormente ideologica, con l’attuazione di un controllo più rigido. Un esempio di questo controllo è l’obbligo, per tutte le aziende, di mantenere un comitato politico al proprio interno. In cambio di questa continua osservazione, le compagnie possono beneficiare di aiuti governativi, soprattutto se impegnate nello sviluppo di progetti strategici per il paese. Il cosiddetto gruppo di aziende BAT (Baidu, Alibaba, Tencent), come anche Huawei e Xiaomi, collaborano molto spesso con il governo, essendo coinvolte nello sviluppo di asset tecnologici strategici.

Nella rivalità tra grandi potenze, alcuni osservatori, tra cui il MERICS, pongono la questione su un piano più ampio di influenza globale, per cui gli Stati Uniti terrebbero principalmente alla propria posizione di influenza quasi egemonica nell’arena internazionale, più che alla cyber sicurezza dei propri alleati.L’attore nordamericano è, però, ancora determinante nella sfida del 5G: il paese ha risorse tecnologiche più che adeguate per imporsi nella partita e gli attacchi di Trump a Huawei sono stati solo il primo passo per creare spazio alle aziende nordamericane. L’emergenza coronavirus mette però gli Stati Uniti in una situazione difficile: una gestione azzardata da parte dell’amministrazione Trump comprometterebbe buona parte della campagna per il secondo mandato. Allo stesso tempo, inizia ad avvicinarsi l’ombra di una crisi economica mondiale, peggiore di quella del 2008. Attraverso Jack Ma, fondatore di Alibaba, la Cina ha mostrato la prima apertura per l’invio di aiuti anche in USA, il colloquio telefonico tra i due presidenti è stato il secondo passo. A causa della recente retorica della “Chinese flu” da parte di Trump, unita alla netta rivalità tra i due paesi, difficilmente si instaurerà una approfondita cooperazione. Il rifiuto di aiuti sanitari potrebbe, infatti, far crescere l’idea di una amministrazione fin troppo chiusa in se stessa, raffigurando la Cina come lo Stato disposto ad aiutare nonostante la conclamata rivalità.

La Cina ha mostrato con chiarezza i suoi piani per il medio-lungo termine: la nuova via della seta è la spina dorsale di questo progetto, l’espansione dell’industria hi-tech in Occidente è l’avanguardia, il coronavirus l’occasione fortuita. Solo col tempo, sarà possibile notare gli effetti di una simile operazione.

 

 

 

 

 

 

Fonti

[1]Studente del corso magistrale di Scienze Politiche e di Governo.

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