di Elia Bescotti
Moldovan President Igor Dodon has been suspended from his office for the third time by the Constitutional Court of the Republic of Moldova on January 5th. Dodon refused to approve the law on the ban of Russian media after it was approved by the Parliament twice. The President was suspended on January the 2nd by another decision of the Constitutional Court on the appointment of new Ministers due to the same reasons and has been substituted ad interim by the Spokesman of the Parliament Andrian Candu.
Con ben due sentenze, del 2 e del 5 gennaio 2018, la Corte costituzionale della Repubblica Moldova ha sospeso il Presidente della Repubblica, Igor Dodon, dalle sue funzioni per essersi opposto, nel primo caso, alla sostituzione di alcuni ministri e, nel secondo, all’approvazione di un emendamento circa il codice sulle trasmissioni moldavo, finalizzato a vietare, appunto, le trasmissioni di “propaganda russa” all’interno del territorio dell’ex Repubblica sovietica. Il Presidente è stato sostituito dallo speaker del parlamento, Andrian Candu, che ha approvato il rimpasto di governo e la promulgazione della legge anti-propaganda. Secondo quando previsto dall’art. 91 della Costituzione, il Presidente dovrebbe essere sostituto, in questi casi, dal primo ministro o dal presidente del parlamento. La sospensione dei poteri del Presidente rientra comunque nei poteri della Corte costituzionale, secondo quanto sancito all’art. 135.1 (f).
Il presidente Dodon è stato sospeso per aver posto il proprio veto sui provvedimenti adottati dal parlamento per ben due volte. Secondo l’art. 93 della Costituzione moldava, spetta al Presidente promulgare le leggi (comma 1) e, qualora avesse riserve in merito alla loro costituzionalità o opportunità, rinviarle al parlamento entro due settimane dalla loro approvazione: nel caso in cui il parlamento dovesse approvare la legge una seconda volta, il Presidente ha l’obbligo costituzionale di promulgare la legge (comma 2). Questo deve essere fatto indipendentemente dalle pregiudiziali di costituzionalità della legge stessa, secondo quanto dichiarato dalla Corte costituzionale moldava con la sentenza del 5 gennaio. Infatti, “la possibilità di presentare un ricorso alla Corte costituzionale al fine di effettuare l’esame di costituzionalità della legge prima della sua pubblicazione non ha alcun impatto diretto sulle procedure di promulgazione. Pertanto, in caso di promulgazione della legge contestata fino alla pronuncia da parte della Corte costituzionale di una decisione al riguardo, la procedura di controllo a priori della costituzionalità della legge continua nell’ambito di un controllo a posteriori.”
La sentenza del 2 gennaio riguarda la nomina di nuovi candidati per il ruolo di vice primo ministro, ministro della Giustizia, ministro dell’Economia e delle Infrastrutture, ministro degli Affari Esteri e per l’Integrazione Europea, ministro della Salute, Lavoro e Protezione Sociale, ministro dell’Agricoltura, Sviluppo Regionale ed Ambiente. Le candidature sono state proposte dal primo ministro Pavel Filip lo scorso 20 dicembre, e respinte dal Presidente Dodon il giorno successivo. Dodon ha motivato la propria decisione sostenendo che alcuni candidati fossero incompetenti e corrotti, con particolare riferimento a delle deficienze in termini di integrità e di raggiungimento di alcuni requisiti minimi richiesti dagli art. 16.1 e 16.2 della Legge sul Governo n.136 del luglio 2017. Ciononostante, Filip ha nuovamente proposto al Presidente della Repubblica la stessa composizione del Governo e il Presidente, con una decisione del 28 dicembre, ha nuovamente rifiutato la proposta del primo ministro, pur tuttavia avendo approvato un decreto che rimuoveva i precedenti ministri dalle rispettive cariche il 21 dicembre stesso. Nella sua sentenza, la Corte sottolinea come Dodon non abbia indicato quali siano gli effettivi requisiti di cui i candidati sarebbero in difetto e, nello spirito dell’art. 91 della Costituzione, ha sospeso il Presidente Dodon dal suo incarico per aver intralciato le procedure di nomina dei ministri ponendovi un secondo veto e, perciò, violando la Costituzione. Il 10 gennaio scorso i nuovi ministri hanno prestato il proprio giuramento di fronte a Candu e Filip, verso il quale rimangono responsabili. Non è la prima volta che Dodon viene sospeso dall’incarico per essersi rifiutato di nominare un ministro: nell’ottobre del 2017 si oppose alla nomina di Eugen Sturza quale ministro della Difesa. Anche quella volta, Dodon venne sostituito ad interim da Candu, che approvò la nomina.
Più controversa appare la sentenza del 5 gennaio, circa la promulgazione di un emendamento al codice in materia di regolamentazione delle trasmissioni televisive e radiofoniche che va a colpire la cosiddetta “propaganda russa” limitando l’azione dei mezzi d’informazione russi per quanto riguarda le notizie, le analisi, la politica e le questioni militari. In questo caso, Dodon si è rifiutato di promulgare la legge in quanto suscettibile di violare il diritto ad una libera ed imparziale informazione dei cittadini moldavi. La legge avrebbe penalizzato in particolare le minoranze russofone del paese – residenti per lo più in Transnistria, dove de facto le leggi moldave non hanno efficacia. Come già detto prima, tuttavia, la Corte ha dichiarato che le pregiudiziali di costituzionalità di una legge non sono una ragione valida per poterne bloccare la promulgazione due volte, poiché ciò violerebbe la Costituzione stessa. La legge è stata infatti promulgata da Candu, mentre Dodon rimane sospeso. L’approvazione della legge ha ovviamente suscitato una condanna da parte russa, che attraverso le parole della portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zacharova ha espresso il proprio disappunto, minacciando ritorsioni. Anche RIA Novosti ha condannato il bavaglio.
La Moldavia è fin dalla sua indipendenza teatro di scontri politici interni tra forze favorevoli all’integrazione europea ed altre desiderose di favorire migliori rapporti con la Federazione di Russia. Ad oggi, la questione viene esasperata da una sorta di coabitazione – pur essendo una Repubblica parlamentare e non semi-presidenziale – fra un Presidente della Repubblica, eletto a suffragio universale, considerato filo-russo e fautore del processo d’integrazione eurasiatica (Dodon ha infatti portato la Moldavia a diventare membro osservatore dell’Unione Economica Eurasiatica) e un Governo retto da una maggioranza parlamentare d’ispirazione europeista, in cerca di migliori rapporti con gli Stati Uniti e convinta del percorso verso l’integrazione europea. Il paese resta dunque politicamente diviso fra Est ed Ovest: la questione della Transnistria rimane irrisolta nonostante le proposte di Dodon circa la federalizzazione della Moldavia, mentre l’apertura di un ufficio NATO a Chisinau rischia di mettere in dubbio la neutralità stessa della piccola Repubblica dell’Europa orientale, che è prevista dall’art. 11.1 della Costituzione. Inoltre, secondo l’art. 11.2, non è ammessa la presenza militare straniera sul territorio moldavo, ma il caso della Transnistria rappresenta una violazione aperta di tale previsione vista la presenza di forze militari russe sul territorio della Repubblica separatista.
Fonti:
http://www.constcourt.md/?l=en
http://www.presedinte.md/eng/constitution
https://www.rferl.org/a/moldova-parliament-speaker-approves-russia-media-law/28966975.html
https://www.rferl.org/a/moldova-court-allows-approval-law-against-russian-media-propaganda/28956847.html
http://www.euronews.com/2018/01/11/moldova-moves-to-ban-russian-propaganda-broadcasts
http://www.balkaninsight.com/en/article/nato-to-open-liaison-office-in-moldova-11-23-2017
https://www.agenzianova.com/a/5a55bfca97b661.31968287/1769354/2018-01-10/moldova-atteso-oggi-il-giuramento-dei-nuovi-ministri-dopo-rifiuto-di-nomina-del-presidente-dodon
http://www.xinhuanet.com/english/2018-01/12/c_136889204.htm
http://tass.com/world/985363
https://eadaily.com/en/news/2017/01/18/moldovan-parliament-discusses-federalization