Sentenze Maskhadova e altri c. Russia (ricorso no. 18071/05) e Sabanchiyeva e altri c. Russia (ricorso no. 38450/05): la Corte Edu sul bilanciamento tra lotta al terrorismo ceceno e diritto alla vita privata e familiare

di Carolina De Stefano

 

Il 6 giugno – con sentenze che diventeranno definitive solo se entro tre mesi nessuna delle parti chiederà il rinvio alla Grande Camera – la Corte Edu si è pronunciata sui casi Maskhadova e altri c. Russia (ricorso no. 18071/05) e Sabanchiyeva e altri c. Russia (ricorso no. 38450/05),entrambe riguardanti il rifiuto da parte delle autorità russe di restituire i corpi di presunti terroristi ceceni alle loro famiglie per il funerale e la sepoltura. Nel primo caso i ricorrenti sono stati la moglie e i due figli di Aslan Maschadov, ex leader del movimento separatista ceceno sospetto di essere stato uno degli organizzatori dell’attentato alla scuola di Beslan del 2004; nel secondo, si tratta dei parenti di cinquanta ribelli morti in un attacco terroristico contro sedi ministeriali russe nella città di Nalčik il 13 ottobre 2005.

Con cinque voti favorevoli e due opinioni dissenzienti, la Corte EDU ha con le stesse argomentazioni e in entrambi i casi riscontrato le violazioni dell’art. 8 (sul diritto al rispetto della vita privata e familiare) e dell’art. 13 (sul diritto ad un ricorso effettivo) in combinato disposto con l’art. 8 della Convenzione; all’unanimità, invece, la non violazione dell’art. 14 (sul divieto di discriminazione) in combinato disposto con l’art. 8 CEDU.

 

Riguardo alle specificità dei ricorsi, nel caso Maskhadova la Corte Edu ha affermato che il diritto alla vita ai sensi dell’art. 2 CEDU non era stato violato: in particolare, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, che non era possibile né riconoscere una diretta responsabilità delle autorità russe per la morte di Maschadov, né che le indagini sul suo decesso coordinate dalla Procuratura fossero state inadeguate. Sempre all’unanimità, poi, il Giudice di Strasburgo, in Sabanchiyeva c Russia, ha affermato che le condizioni in cui erano stati conservati i corpi dei familiari dei ricorrenti per il riconoscimento non erano in contrasto con l’art. 3 CEDU sul divieto di trattamenti inumani e degradanti: le autorità nazionali, infatti, non avevano agito con l’intento volontario di “sottoporre i ricorrenti a trattamenti inumani e sofferenze psicologiche”, ma si erano trovati di fronte ad una situazione di oggettive “difficoltà logistiche” seguite all’attentato dell’ottobre 2005.

 

Considerando la delicatezza della questione della minaccia terroristica nel Caucaso, la Corte Edu – tanto nel condannare la Russia quanto nell’avallare le argomentazioni della difesa del governo – si è pronunciata valutando caso per caso il bilanciamento che deve sussistere “in una società democratica” tra le esigenze di sicurezza pubblica e la garanzia dei diritti e delle libertà fondamentali tutelati dalla Convenzione. Per questa ragione, nelle pronunce in esame il Giudice di Strasburgo ha più volte sottolineato che le sfide di un paese nella lotta al terrorismo sono ingenti, e ha di conseguenza riconosciuto al governo russo un ampio margine d’azione nel porre in essere misure di carattere eccezionale (compreso l’eventuale rifiuto di restituire i corpi di presunti terroristi alle rispettive famiglie, o metterle a conoscenza del luogo della sepoltura). Al tempo stesso, ha affermato che nei casi di specie il rifiuto era stato “puramente automatico”, e per questo le autorità avevano contravvenuto al loro dovere di valutare caso per caso le situazioni dei singoli ricorrenti, violando così l’art. 8 CEDU sul diritto alla vita privata e familiare.

 

Nelle relative argomentazioni, tanto il Giudice di Strasburgo, quanto i ricorrenti, quanto il governo, hanno fatto riferimento a due precedenti pronunce della Corte Costituzionale russa, rispettivamente del 28 giugno 2007 e del 14 luglio 2011. Nella sentenza 8-P del 2007 la Corte aveva negato che l’art 14.1 della legge federale “Sulla sepoltura” e il regolamento n. 164 – sulla sepoltura delle persone la cui morte sia insorta a seguito del compimento da parte loro di un atto terroristico – fossero incostituzionali. In particolare, il Giudice russo aveva sostenuto che, considerato il “particolare contesto storico” della Federazione, le norme interne che prevedevano la possibilità di non restituire i corpi dei presunti terroristi alle loro famiglie erano non solo legittime, ma pienamente conformi alle norme di diritto internazionale contro il terrorismo;[1] non una sanzione penale, quindi, bensì una giustificata misura di prevenzione. La Corte aveva però anche aggiunto, in funzione garantista, che la legittimità e fondatezza di tali decisioni dovevano essere avallate da un tribunale.

 

In linea con tale pronuncia, la Corte EDU ha rintracciato nella mancata restituzione dei corpi da parte del governo russo un’indiscutibile base legale, ma affermato che contrariamente al necessario requisito garantista non era stato previsto alcun meccanismo di controllo giurisdizionale. Più recentemente, nella sentenza 16-P del 2011, la Corte costituzionale russa aveva dichiarato che gli articoli 24 e 254 del Codice di procedura Penale che prevedevano la possibilità di concludere un processo penale per sopravvenuta morte dell’imputato (e sospetto terrorista) senza ottenere il consenso dei familiari più stretti, violavano il principio costituzionalmente garantito di presunzione d’innocenza.

La Corte Edu ha di conseguenza affermato che l’art. 13 sul diritto ad un ricorso effettivo, in combinato disposto con l’art. 8, era stato violato: sulla base delle due suddette pronunce costituzionali, infatti, la legislazione nazionale avrebbe dovuto garantire un controllo giurisdizionale ed individuale per la valutazione nel merito delle decisioni di non restituire i corpi alle famiglie, cosa che non era avvenuta.

 

In entrambe le pronunce i giudici Hayiev e Dedov hanno espresso un’opinione dissenziente e congiunta, ritenendo che non c’era stata alcuna violazione dell’art. 8 poiché la mancata restituzione dei corpi, e la non comunicazione ai familiari del luogo della sepoltura, era stata pienamente giustificata e proporzionata al rischio effettivo e concreto di azioni terroristiche.

 

 

Riferimenti:

 

Corte Edu, Sentenza Maschadova e altri c. Russia, ricorso no. 18071/05, 6 giugno 2013, http://hudoc.echr.coe.int/sites/eng/pages/search.aspx?i=001-120068.

 

Corte Edu, Sentenza Sabanchiyeva e altri c. Russia, ricorso no. 38450/05, 6 giugno 2013,

http://hudoc.echr.coe.int/sites/eng/pages/search.aspx?i=001-120070#{“itemid”:[“001-120070“]}.

 

A. DI GREGORIO, La giurisprudenza della Corte Costituzionale della Russia nel biennio 2006-2008, in Giurisprudenza Costituzionale, Giuffré Editore, settembre- ottobre 2008, fasc. 5, pagg. 4252- 4290.

 

 

 



[1] In particolare conformi alle risoluzioni ONU  n. 1624 del 2005 e n. 288 del 2006.

Questa voce è stata pubblicata in Giurisprudenza della Corte EDU e contrassegnata con . Contrassegna il permalink.