Praga, vittoria sofferta, ma socialdemocratica

di Fabrizio Manetti

(articolo pubblicato su Avanti on-line il 28 ottobre 2013)

Con il 20,45 % la ČSSD ceca é il primo partito del Paese e  si conferma papabile partito di governo gettando le basi per un cambiamento. Nel Centro esplode il ciclone Babiš (ANO 2011), magnate liberaldemocratico che distanzia anche i neo liberal-progressisti dell’imprenditore ceco-giapponese Toimo Okamura (UNSVIT). Buona la prova dei comunisti (KSČM). Risorgono i democristiani (KDU-ČSL). Nella maggioranza uscente batosta per i liberali moderati (TOP 09) e per i  conservatori (ODS) dell’ex-Presidente della Repubblica  Klaus.

 

La Repubblica ceca è andata al voto venerdì e sabato scorsi. Con 8 milioni e mezzo di elettori, i voti validi sono stati 4.696.984 pari al 59,68% con una leggera flessione del 3% circa rispetto all’ultima tornata di consultazioni del 2010.

 

Le elezioni, che hanno riguardato la sola Camera dei Deputati con i suoi 200 membri da assegnare, si sono svolte con una legge elettorale che prevede la divisione in 14 collegi (corrispondenti alle  Regioni) ed una soglia di sbarramento del 5% per eleggere i deputati. Ai nastri di partenza si presentavano ben 24  partiti per un totale di 6.000 candidati.

Le premesse erano brutte, tanto che nella stampa internazionale prevaleva la sensazione di un probabile  risultato interlocutorio col ricorso a nuove elezioni. Causa  principale di ciò la presenza di almeno 10 partiti o  movimenti nella eligenda Assemblea con alto tasso di litigiosità. Ed invece le cose non sono andate proprio così.

 

IL VOTO – Che l’aria facesse sospettare delle novità  rispetto alla gestione del Governo uscente di centro-destra lo si poteva intuire sin dalle prime ore di voto, venerdì  scorso. All’uscita dei seggi, gli elettori avevano le idee chiare. Davanti al seggio n. 2 del Comune di Maly Chlumec 29 Km dal centro di Praga, periferia ”ecologica” della metropoli mitteleuropea, all’uscita gli elettori di varia estrazione e di varia età, mostravano una voglia precisa di voltare pagina, sia che si parlasse con loro di politica interna sia di politica estera. Tutti, moderati e progressisti, uomini e donne, giovani e anziani, rispondevano con una direzione di scelta ben precisa: quella del cambiamento e, comunque, della novità.

 

In parole povere chi ha dichiarato fedeltà allo schieramento nel voto precedente, ha al contempo ammesso di aver cambiato partito ed altri invece hanno tranquillamente affermato di aver cambiato schieramento e quindi partito. E tutto questo perché nessuno degli intervistati condivideva la politica del precedente Governo di centro-destra che, al netto degli scandali, ha basato la propria azione sul lassismo nella politica sociale e nelle riforme e su un anti-europeismo unanimemente considerato non più attuale.

 

IL RISULTATO – Anche nella fase finale della consultazione non sono mancate conferme e smentite dei sondaggi e delle previsioni ante voto. Inaspettata, ma prevedibile, l’astensione in aumento forse dovuta ad una infelice scelta dei giorni per la votazione. Anche sul fronte specifico dei partiti non sempre le aspettative della vigilia sono state rispettate.

Se infatti i socialdemocratici della ČSSD si sono confermati il primo partito del Paese con il 20,45%, essi non hanno raggiunto quel 25% di soglia “storica” che avrebbe permesso loro di formare un inedito – almeno dalla caduta del Muro di Berlino – Governo con i Comunisti del KSČM grazie ad un accordo che la stampa locale definisce “segreto”, rafforzato dall’appoggio del movimento radical-socialista del neo-Presidente della Repubblica Miloš Zeman (SPOZ), che invece ha ampiamente deluso.

 

Le novità maggiori si sono invece registrate sul fronte del centro non governativo dove si sono messi in luce il movimento ANO 2011 (18,65%) del magnate Babiš (“ANO” in ceco vuol dire “SI” e la data 2011 é quella di fondazione), uomo ricchissimo di spiccate tendenze liberaldemocratiche e l’USVIT ossia “Alba” (6,88%) dell’imprenditore ceco-giapponese Tomio Okamura di impostazione piú liberal progressista. Redivivi i democristiani del KDU-ČSL (6,78%) che rientrano in parlamento grazie al voto delle tradizionali roccaforti della Moravia e della Slesia dove si concentra il voto cattolico – liberale dei ceti agricoli.

 

ANALISI DEL VOTO – Un primo dato da sottolineare é la tenuta del sistema elettorale capace di selezionare 7 formazioni su 24 – quindi al di sotto di ben 3 gruppi previsti da certa stampa anche italiana – e al contempo di non risentire eccessivamente della frammentazione dei suffragi destinati alle formazioni escluse. Un secondo dato è quello relativo ai socialdemocratici della ČSSD i quali, se è vero che si sono tenuti di ben 4 punti al di sotto delle previsioni, hanno per questo diverse  attenuanti. Infatti occorre tener presente altresì la non breve assenza dalle stanze del potere centrale e che, negli ultimi 5 anni, questo partito ha dovuto subire le due microscissioni dello SPOZ di Zeman e del LET 21 che hanno sottratto questa volta alla formazione aderente al PSE un buon 2,5% di elettorato storico.

 

Altra osservazione interessante è quella relativa al magnate Babiš da molti – e da lui stesso – indicato come liberaldemocratico ed assimilato troppo frettolosamente al Presidente Silvio Berlusconi. Dico frettolosamente non tanto in relazione all´etichetta liberaldemocratica che lo stesso Berlusconi ama attribuirsi, quanto perché la proprietà di due giornali non è comparabile con il patrimonio dei media di proprietà del fondatore di Forza Italia.

 

Per le motivazioni anzidette la sconfitta dei governativi TOP 09 ed ODS era nella logica delle cose: per stessa ammissione dei propri dirigenti è un miracolo il superamento del 5% e la presenza in parlamento. Molti dubitano in una loro ripresa e c’è già chi prevede una convergenza dei due partiti sconfitti con i due nuovi soggetti liberali ANO 2011 ed USVIT .

 

A beneficiare del crollo dell´ODS sono stati anche i “redivivi” democristiani del KDL-ČSL chiara indicazione che il voto cattolico liberale é tornato alla “casa madre” dopo una trasferta non troppo felice nella conservatrice ODS.

 

Ci sono poi  i liberal-progressisti dell’USVIT dell´imprenditore e re delle compagnie di viaggio, Tomio Okamura, giapponese con moglie ceca e da anni cittadino della Repubblica mitteleuropea de quo agitur. Dopo un’iniziale disponibilità alla vocazione governativa un minuto dopo aver incassato la “qualificazione” parlamentare con il loro scarno, ma sufficiente 6,88 % si sono resi “aventiniani” ad ogni partecipazione al Governo e si sono ritratti in una attesa non sappiamo quanto disinteressata.

 

Infine due parole sul dato dei comunisti del KSČM quel 14,98 % lievemente inferiore al posseduto nel 2010 ed al 16% atteso alla vigilia. Grazie a questo risultato per loro si prospetta un corteggiamento a fini governativi o – quanto meno – della maggioranza di un Governo che potrebbero appoggiare dall’esterno. Quindi un buon risultato che riporta i comunisti cechi vicino a quel potere esecutivo da cui mancano dal 1989, ma allora era un’altra storia e c’erano altri comunisti.

 

RISVOLTI ISTITUZIONALI – una Repubblica che ha appena compiuto la transizione da parlamentare pura in una dove il Presidente eletto a suffragio universale (la prima volta nel gennaio di questo anno) divide il potere con un Primo Ministro che gode della fiducia parlamentare, non potevano mancare i risvolti di tipo istituzionale con intrecci forti a questa situazione politica. Infatti se è vero che Miloš Zeman è stato eletto come inquilino al Castello di Praga con l’appoggio di tutta la sinistra, di buona parte del centro ed anche da elettori di destra in “libera uscita“, non è detto che il rapporto del Presidente con i partiti dei suoi elettori siano idilliaci. In gioco una impostazione di consuetudini costituzionali da avviare ex novo ed in bilico fra quanti chiedono che la forma di governo in Cechia sia simile a quella francese, con il Presidente più influente del Primo Ministro, e chi invece vorrebbe un premierato temperato dalla Presidenza e con quindi il Premier più forte del Presidente. La posta in palio ed il fatto che Zeman sia a suo tempo uscito dalla ČSSD non certo silenziosamente e che i socialdemocratici siano rimasti il primo partito con conseguente priorità nelle consultazioni, rende ancor più intrigante ed appassionante la vicenda.

 

CONCLUSIONI – Alla fine ecco la tavola completa di seggi assegnati e relative percentuali inerenti ai 7 Partiti o Movimenti politici presenti nella Camera dei Deputati avendo superato la soglia del 5%.

1- ČSSD ( SOCIALDEMOCRATICI) 20,50 % seggi n. 50

2- ANO 2011 ( LIBERALDEMOCRATICI) 18,65 % seggi n. 47

3- KSČM ( COMUNISTI) 14,91% seggi n. 33

4- TOP 09 ( LIBERALMODERATI) 11,99% seggi n. 26

5- ODS ( CONSERVATORI ) 7,72 % seggi n. 16

6- USVIT (LIBERALPROGRESSISTI) 6,88 % seggi n. 14

7- KDU-ČSL (DEMOCRISTIANI) 6,78 % seggi n 14 .

 

TOTALE SEGGI 200 MAGGIORANZA RICHIESTA 101

 

Con questi numeri esistono, sia pur con molta difficoltà, diverse formule di governo che possono impedire un precipitoso ritorno alla urne con la conseguenza di un aggravamento della situazione interna specie con il blocco delle riforme necessarie sul piano sociale, ma anche strutturale ed una caduta di credibilità internazionale di questa appena ventenne Repubblica.

 

Mentre scrivo le Agenzie d’informazione trasmettono la notizia di incontri che potrebbero portare ad un esecutivo di centro-sinistra formato da ČSSD + ANO 2011+ KDL-ČSL (SOCIALDEMOCRATICI+LIBERALDEMOCRATICI +DEMOCRISTIANI) e così per un totale di 111 seggi su 200. Per rendere più stabile l’esecutivo si parla di un appoggio esterno dei comunisti del KSČM con i loro 33 seggi che farebbero salire ad un più tranquillizzante numero di 134 seggi la maggioranza di sostegno al Governo.


											
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