di Laura Alessandra Nocera
The ANO Movement of the Czech tycoon Babiš obtained the higher number of votes at the Czech general elections of 20 and 21 October 2017, followed by other parties from the right-wing, while Social-democratic and Communist parties are at the minimum percentage in the history of the Republic. It’s a confirmation of a general trend towards the right-wing parties in East-European countries.
Venerdì 20 e sabato 21 ottobre si sono svolte nella Repubblica Ceca le elezioni per il rinnovo dei 200 seggi che costituiscono la Camera bassa del Parlamento bicamerale, il ramo parlamentare che conferisce la fiducia al Governo.
Come previsto dai sondaggi le elezioni, svoltesi con metodo proporzionale nei 14 collegi distrettuali cechi, hanno visto la vittoria del leader del movimento centrista-populista ANO (Azione dei cittadini insoddisfatti – Akce nespokojených občanů), Andrej Babiš, ex tycoon delle telecomunicazioni e delle aziende farmaceutiche, in politica dal 2011. Babiš ha ricoperto già il ruolo di Ministro delle Finanze e di vice premier nel precedente e contrastato Governo di coalizione guidato dal social-democratico Sobotka, dal quale è stato costretto alle dimissioni nel maggio 2017, a seguito di uno scandalo finanziario relativo a un possibile coinvolgimento in una frode fiscale, che aveva portato l’esecutivo sull’orlo della crisi di governo e a rischio di elezioni anticipate. Dalla scongiurata crisi, il Governo era uscito apparentemente più forte e coeso, in grado di dirigere una politica volta alla lotta all’evasione fiscale e alle frodi finanziarie (vedi su questo sito cronaca degli avvenimenti di maggio).
Malgrado tutto, però, gli scandali finanziari non sembrano aver intaccato minimamente la figura di Babiš agli occhi dell’opinione publica, dando la percezione di una persecuzione giudiziaria nei suoi confronti. Come si denota dai dati ufficiali, il partito di Babiš ha ottenuto il 29,6% dei voti, pari a 78 seggi parlamentari, con un aumento percentuale dell’11% (e, quindi, di 31 seggi) dalle scorse elezioni del 2013, diventando, di fatto, il primo partito della Repubblica ceca.
Il successo di Babiš è stato seguito a ruota da un’affermazione quasi univoca degli altri partiti di centro-destra. Il secondo partito più votato è stato l’ODS (Partito Civico Democratico – Občanská demokratická strana), fondato nel 1991 dall’ex Presidente della Repubblica, Václav Klaus, e di orientamento liberal-conservatore. L’ODS, guidato dall’attuale leader Petr Fiala, ha ottenuto una percentuale dell’11,3% dei voti, in recupero di oltre 3 punti percentuali rispetto alle elezioni del 2013 e pari a 25 seggi parlamentari.
Una quasi certa alleanza fra i due maggiori partiti vincenti consentirebbe già la formazione del Governo, visto che da soli ANO e ODS raggiungerebbero i 101 seggi necessari per ottenere la maggioranza assoluta alla Camera dei Deputati. Si tratta di una maggioranza che potrebbe essere rafforzata con l’apertura nei confronti di altri partiti di centro-destra che hanno ottenuto seggi alla Camera: i cristiano-democratici di KDU-ČSL, guidati da Pavel Bělobrádek, hanno ottenuto una percentuale del 5,8% dei voti, pari a 10 seggi; i liberali pro-europeisti di TOP09, guidati dall’ex ministro Miroslav Kalousek, hanno ottenuto una percentuale del 5,3%, pari a 7 seggi; il movimento liberal-conservatore dei sindaci STAN, guidato da Jan Farský, è entrato per la prima volta in Parlamento con una percentuale del 5,2% dei voti, pari a 6 seggi.
Un calo netto, invece, si è verificato in modo omogeneo su tutto il fronte di sinistra, rendendo facilmente prevedibile un’opposizione piuttosto debole ad un futuro governo di Babiš. Il partito social-democratico del premier uscente Bohuslav Sobotka, ČSSD (Česká strana sociálně demokratická), ora guidato dal candidato premier Lubomír Zaorálek, è crollato dal 20,5% delle scorse elezioni parlamentari al 7,3%, percentuale corrispondente a soli 15 seggi e, quindi, perdendo ben 35 seggi. Anche il partito comunista di Vojtĕk Filip, KSČM (Komunistická strana Čech a Moravy), perde ben 18 seggi parlamentari rispetto alle scorse elezioni, ottenendo una percentuale del 7,2%, corrispondente a 15 seggi.
Entrano per la prima volta in Parlamento il movimento populista e anti-sistema Piráti, che propugna la democrazia diretta, la partecipazione pubblica – anche in via telematica – dei cittadini e la trasparenza, e il partito nazionalista di estrema destra SPD (Svoboda a přímá demokracie), il quale porta avanti un programma politico basato sull’euroscetticismo e sulla lotta all’immigrazione. In base ai risultati delle urne del 20-21 ottobre, entrambi i movimenti possono vantare 22 seggi a testa, avendo ottenuto una percentuale di oltre il 10%. A causa delle peculiarità anti-sistema di questi movimenti politici, però, è improbabile che siano compresi nella formazione del Governo, che, del resto, non dovrebbe avere problemi a formare una maggioranza coesa, tale da ottenere la fiducia della camera bassa.
Si conferma, in generale, una tendenza comune a tutta l’Europa centro-orientale e che si caratterizza per l’abbandono dei partiti tradizionali e il rafforzamento di partiti e movimenti di nuova formazione, generalmente collocati in area centrista e/o conservatrice. Ancora una volta, il crollo della componente di centro-sinistra è speculare alla crescita di partiti nazionalisti e anti-sistema, mentre è in continuo aumento l’atteggiamento di euroscetticismo in tutta la regione.
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