di Cristiano Preiner
Venerdì 7 febbraio scorso la Corte Suprema (Kúria) ungherese ha presentato in una conferenza stampa le conclusioni di due gruppi di lavoro che hanno analizzato il processo di redazione delle decisioni e il tema dei rapporti col diritto comunitario. In particolare il titolo della relazione che ha riguardato quest’ultimo aspetto, esposta dal giudice della Kúria András Osztovitsz, è stato “L’adattamento al diritto dell’Unione Europea: le esperienze delle iniziative di procedura di rinvio pregiudiziale”.
Il rinvio pregiudiziale è un istituto cui possono avvalersi le giurisdizioni dei singoli stati membri dell’Unione Europea per investire la Corte di Giustizia, l’unico organismo ad avere l’esclusiva prerogativa dell’interpretazione del diritto comunitario. La corte con sede in Lussemburgo può essere adita ogni qualvolta durante procedimenti giudiziari in corso insorgano dubbi sull’applicazione o sulla validità del diritto europeo. La procedura del rinvio pregiudiziale è generata dall’iniziativa delle parti o del giudice stesso che segue la causa.
Il dato da cui si parte è che a dieci anni dall’adesione alla UE i tribunali ungheresi hanno fatto uso del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia in sole 58 occasioni. Questo significa che l’attenzione prestata da giudici, avvocati e giuristi ungheresi al diritto comunitario è scarsa. Secondo Osztovitsz se il paragone è fatto solo con i paesi entrati in UE nel 2004, l’Ungheria fa ricorso alla Corte di Giustizia molto spesso ed è persino la prima della classe. Il giudizio cambia radicalmente se ci si confronta con gli stati membri di lunga data, come “ad esempio l’Olanda che nell’arco di un anno fa registrare – sottolinea il relatore – più di duecento iniziative alla Corte lussemburghese”.
Il giudice della Kúria ha fatto notare come la stragrande maggioranza dei contenziosi amministrativi aventi per oggetto le decisioni delle autorità esecutive ai vari livelli si fondi sul diritto comunitario. Questo vale ad esempio per i procedimenti giudiziari in materia fiscale, di appalti pubblici e di diritto di concorrenza. I ricorsi ungheresi che, come spesso capita anche per gli altri stati membri sono in maggioranza legati a processi in cui si discute di IVA, sono costituiti in misura sempre crescente da casi di tutela dei consumatori. L’esempio più recente e attuale è quello di chi ha contratto debiti in valuta estera e che sta impugnando i contratti stipulati con gli istituti di credito per presunte clausole inique e sleali. Non mancano iniziative prese in relazione alla concessione, all’erogazione ed al controllo delle sovvenzioni comunitarie all’agricoltura. Il gruppo di lavoro della Kúria ha analizzato anche la provenienza geogafica dei ricorsi. Pertanto se a Budapest i giudici hanno adito la Corte di Giustizia 22 volte, in otto regioni non ci si è mai avvalsi dello strumento del rinvio pregiudiziale negli ultimi nove anni. ”Questo significa – ha notato Osztovitsz – che ci sono zone del paese dove nessuno ha nostalgia del diritto comunitario”.
Tra le cause dell’impopolarità di questo istituto Osztovitsz segnala il fatto che i processi da cui si è originato il rinvio restano fermi troppo tempo considerando che la Corte di Giustizia può pronunciarsi nel merito anche dopo due anni, cosa che rischia di mettere in discussione la stessa praticità di un simile ricorso. Può capitare infatti che una delle parti possa avvalersi di detto strumento col solo scopo di allungare i tempi di un processo.
E’ stata tuttavia riconosciuta nella relazione l’insufficiente preparazione degli avvocati ungheresi nel campo del diritto comunitario che molto spesso può invece rivelarsi risolutore in un singolo dibattimento ancor più del diritto interno. Una risorsa dunque piuttosto che un limite.
Quanto alla portata e agli effetti delle pronunce della Corte di Giustizia, Osztovitsz ha ricordato come queste siano immediatamente obbligatorie per il processo in corso. La prassi ha in seguito confermato che la mancata conformità delle giurisdizioni nazionali a questa giurisprudenza “europea” può portare anche a procedure di infrazione per gli stati.
Le sezioni civile ed amministrativa della Corte Suprema hanno poi espresso in un’opinione congiunta la necessità di formulare un parere preventivo sulle cause di rinvio pregiudiziale in modo tale da costituire un filtro attraverso il quale al tempo stesso far passare quelle effettivamente fondate e bloccare quelle palesemente finalizzate a ritardare i tempi dei processi.
I lavori del gruppo presieduto dal giudice András Osztovitsz sono stati approvati in seduta plenaria dalla Kúria e vi si leggono oltre a valutazioni e statistiche le seguenti proposte: perfezionamento della formazione nel campo del diritto comunitario per i giudici ungheresi, redazione di banche dati volte ad evitare doppi casi di rinvii aventi per oggetto identiche fattispecie, incremento dell’ utilizzo del rinvio pregiudiziale nei casi di processi di appello o di fronte alla Corte Suprema invertendo così una tendenza che vede i 4/5 delle iniziative scaturire da istanze di primo grado .
A margine della relazione il giudice Osztovitsz ha così fotografato la situazione attuale in un’intervista all’emittente radiofonica Lánchíd Rádió:”Il grado di preparazione dei giudici magiari nell’adattamento al diritto comunitario può essere spiegato attraverso la figura del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Esistono punte di eccellenza ma persistono mancanze che sono inaccettabili a dieci anni dall’adesione. Bisogna evitare il classico errore di soffermarsi sulla compatibilità formale e apparente tra norme interne ed europee. Compito del giudice è quello di accertare che la norma sia la dimostrazione concreta della volontà del legislatore di adempiere fattivamente agli obblighi derivanti dal diritto europeo”.
Non vi è notizia di rinvii pregiudiziali della Corte costituzionale alla Corte di Giustizia.
Fonte
www.hirado.hu (portale di informazione pubblico)
www.lb.hu (sito della Corte Suprema ungherese)