CORONAVIRUS IN LIBANO: UN’OCCASIONE PER I PARTITI TRADIZIONALI?
di Andrea Haidar*
I casi di Coronavirus in Libano continuano a salire. Secondo quanto riportato dal Ministero della Salute libanese in data 10 aprile, sarebbero 609 i contagiati, mentre il numero dei decessi si aggirerebbe intorno a 20. Numeri per ora limitati, che il sistema sanitario statale potrebbe però presto non essere più in grado di gestire.
Attanagliato da una profonda crisi economica, il governo libanese già da tempo lottava contro un’inflazione galoppante, una disoccupazione in continua crescita e una crisi valutaria senza precedenti. Per cercare di arginare la situazione, l’amministrazione Diab ha risposto con una serie di tagli alla spesa pubblica. Tra i settori più colpiti, quello sanitario. L’epidemia di Coronavirus non ha fatto altro che aggravare il quadro.
Al momento, solo un ospedale pubblico, il Rafiq Hariri General Hospital di Beirut, è stato allestito per rispondere alla crisi. I letti, però, cominciano a scarseggiare e, di conseguenza, diminuisce la fiducia del popolo libanese nel nuovo governo. Intervistata da Middle East Eye a fine marzo, Fatima al-Sayah, esperta di sanità pubblica libanese, ha rivelato dati scoraggianti, secondo i quali negli ospedali statali è disponibile solo il 10 % dei letti necessari a gestire i casi attuali.
L’8 aprile, il governo Diab ha annunciato l’avvio di un pacchetto di aiuti destinati alle fasce più povere della popolazione. Secondo quanto comunicato dal Ministero degli Affari Sociali, 400.000 lira libanesi, circa 140 dollari, saranno distribuiti a 187.500 famiglie. Tuttavia, rimangono dubbi sulle modalità con cui verrà distribuito il denaro e sul reale numero di persone che ne beneficeranno.
Di fronte alle difficoltà incontrate dal governo libanese nella gestione della crisi, i partiti tradizionali si sono adoperati per colmare il vuoto lasciato dallo Stato.
L’intervento al momento più sostanzioso è quello di Hezbollah. Il 25 marzo, ‘il Partito di Dio’ ha annunciato sul proprio canale televisivo Al-Manar un piano per arginare il Coronavirus. 25.000 sono le persone coinvolte, tra cui 1.500 dottori, 3.000 infermieri e paramedici e 20.000 attivisti. “E’ una guerra vera e propria – ha dichiarato Sayyed Hashem Safieddine, capo del Consiglio Esecutivo di Hezbollah – che dobbiamo affrontare con la mentalità di un guerriero”.
Il partito sciita ha inoltre allestito un ospedale di sua proprietà a Beirut per prestare cure a pazienti affetti da COVID-19, ha affittato quattro ospedali in disuso e ha preparato 32 centri medici su tutto il territorio nazionale.
Seguendo la scia inaugurata da Hezbollah, i partiti rivali Forze Libanesi (LF) e Movimento Patriottico Libero (FPM) hanno dato il via a interventi per contenere l’epidemia. Forze Libanesi ha creato una squadra di volontari che si occupa di sanificare strade, case e chiese. In maniera simile, il Movimento Patriottico Libero ha avviato attività di sanificazione, ha fornito test gratuiti e beni essenziali a famiglie in stato di bisogno.
Non sono mancati gli aiuti economici da parte di leader politici. Gli ex primi ministri Rafiq Hariri e Najib Mikati hanno donato rispettivamente 50.000 e 40.000 dollari. Più importante la donazione del leader druso, Walid Jumblatt, che ha offerto 600.000 dollari all’Ospedale Rafik Hariri e alla Croce Rossa libanese.
Secondo diversi analisti, le misure intraprese dai partiti sono volte a recuperare parte della legittimità persa nel corso delle proteste avvenute tra ottobre 2019 e febbraio 2020. Al grido di ‘Tutti significa tutti’, centinaia di migliaia di libanesi sono scesi in piazza per domandare la sostituzione della vecchia classe politica, accusata di corruzione e clientelismo e superare il sistema settario che comporta la spartizione delle cariche pubbliche in base alla confessione religiosa. La portata delle manifestazioni è stata tale da causare la caduta del governo Hariri nell’ottobre 2020 e innescare una forte crisi dei partiti tradizionali.
Il Coronavirus sarebbe dunque un’ottima occasione per dimostrare ai propri elettori che i partiti tradizionali sono tuttora presenti e che riescono a rispondere alla crisi in maniera migliore rispetto al governo.
Tra le voci a sostegno di questa teoria, quella di Jamil Mouawad, professore di Scienza Politica presso l’Università Americana di Beirut, che ha dichiarato a Foreign Policy che “i partiti vogliono essere visti come gli unici attori che offrono servizi, consolidando la loro legittimità”.
È dello stesso parere Bassel Salloukh, docente presso la medesima istituzione. Intervistato da Middle East Eye, ha affermato che: “la crisi economica che ha innescato le proteste di massa l’anno scorso ha notevolmente indebolito la base di supporto dei partiti tradizionali”. Il coronavirus, dunque, sarebbe un’ottima occasione per ricordare al popolo che “non ha nessun’altro a parte noi”.
* Laureato in Relazioni Internazionali, Università degli Studi di Milano.