BOLIVIA: TENSIONI INTERNE ESACERBATE DAL RINVIO DEL CENSIMENTO DELLA POPOLAZIONE  

BOLIVIA: INTERNAL TENSION MADE WORSE BY THE POSTPONEMENT OF THE POPULATION CENSUS

di Davide Serraino*

La Bolivia, quinto Paese per estensione territoriale dell’America meridionale dopo Brasile, Argentina, Perù e Colombia, è dal 2009 definito uno «Stato plurinazionale», come previsto dalla sua Costituzione che riconosce i diritti di tutte le minoranze indigene (art.2). Sono 36 i popoli indigeni riconosciuti[1] – i principali sono Quechua e Aymara – che costituiscono quasi il 50% della popolazione; il 30% è costituito da meticci, il 12% da boliviani di origine europea e il resto da altre etnie[2].

L’eterogeneità etnica della popolazione boliviana si manifesta sovente anche come contrapposizione culturale tra le regioni occidentali andine e quelle orientali amazzoniche. Tra i 9 dipartimenti in cui è diviso il territorio boliviano spiccano in particolare quello del principale centro politico, La Paz, e quello orientale di Santa Cruz de la Sierra, che insieme ospitano oltre la metà dei 10 milioni di abitanti del Paese.

Tuttavia, questi numeri e percentuali sono piuttosto incerti dal momento che l’ultimo censimento ufficiale della popolazione boliviana risale al 2012 e il nuovo censimento, che era stato previsto per novembre 2022, è stato rimandato a marzo 2024. Tale scelta, giustificata dal governo centrale con l’emergenza pandemica e la necessità di tempo per l’organizzazione di una complessa e capillare struttura di raccolta e analisi dei dati, ha suscitato diffuse perplessità nell’opposizione parlamentare e proteste prolungate proprio nel dipartimento di Santa Cruz.

Quest’ultimo, infatti, oltre a essere il più esteso e tra i più ricchi del Paese (Pil pro-capite pari al 107% della media nazionale nel 2021)[3], apporta quasi il 35% del valore aggiunto nazionale ed è anche quello con la dinamica demografica più pronunciata.

Ciò pone due ordini di problemi: i) un tema di rappresentanza, visto che a un aumento del peso della popolazione di un dipartimento sulla popolazione totale deve corrispondere un maggior numero di seggi in Parlamento assegnati a quel dipartimento[4]; ii) una questione legata alla distribuzione delle risorse tra centro e periferia in risposta ai cambiamenti demografici che subirebbe un’inevitabile variazione, tanto più forte in un contesto quale quello boliviano in cui la finanza locale è quasi interamente finanza derivata (i.e. trasferimenti dal governo centrale) e il potere impositivo dei governi locali è molto limitato.

Non sfugge, inoltre, l’evidenza che il dipartimento di Santa Cruz rappresenti ormai da lustri la roccaforte conservatrice della Bolivia in opposizione al voto progressista che domina invece nella parte andina.

Anche nelle ultime elezioni generali di ottobre 2020 Santa Cruz ha visto una netta affermazione di Creemos, la mini-coalizione capitanata da Luís Ferdinando Camacho, governatore del dipartimento da maggio 2021 e vero antagonista del Movimiento al Socialismo (MAS), che è al potere ininterrottamente dal 2005 tranne una breve pausa tra il 2019 e il 2020.

Lo stesso Camacho è stato arrestato lo scorso 28 dicembre sulla base di accuse di terrorismo con riferimento al presunto golpe che costrinse il presidente Evo Morales a dimettersi e a rifugiarsi in Messico dopo i presunti brogli elettorali delle elezioni del 20 ottobre 2019. L’arresto è stato confermato dall’ufficio del procuratore di Stato della Bolivia e Camacho si trova attualmente in regime di carcerazione preventiva per quattro mesi nel carcere di massima sicurezza di Chonchocoro nel dipartimento di La Paz.

Ciononostante, il vicepresidente del dipartimento di Santa Cruz, Mario Aguilera, ha finora opposto resistenza ad assumere le funzioni di presidente come intimato da vari esponenti del MAS, perché significherebbe legittimare le scelte del potere centrale. Non è certo la prima volta che indagini giudiziarie determinino un aumento della polarizzazione in Bolivia, Paese che si caratterizzata ancora una volta come uno dei più arretrati sotto il profilo della rule of law, le cui non già eccellenti dimensioni sono inferiori anche alle medie dell’area (Fig.1).

Fig.1 Indicatori di governance della Bolivia a confronto con i peer (dati 2021, percentile)

Fonte: Moody’s Investor Service su dati Worldwide Governance Indicators di Banca Mondiale. In verde il dato della Bolivia, in azzurro la mediana dei rating in fascia “B” (la Bolivia ha rating B2 con outlook negativo per Moody’s) e in blu la mediana latino-americana.

Anche se il nuovo censimento della popolazione si terrà nel 2024 e quindi le nuove elezioni generali del 2025 dovrebbero portare a un Parlamento che rispecchierà l’effettiva numerosità della popolazione boliviana, i rischi di natura politica nel Paese[5] non sono destinati a ridursi ed è evidente che per la Bolivia la strada da percorrere per diventare un contesto più maturo dal punto di vista democratico rimane molto lungo.

* Analista di Rischio Paese SACE per l’America Latina e i Caraibi

[1] International Work Group for Indigenous Affairs (IWGIA), Indigenous Peoples in Bolivia, 2022, https://www.iwgia.org/en/bolivia.html.

[2] Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), scheda Paese Bolivia, https://www.aics.gov.it/tag/bolivia/.

[3] Instituto Naciónal de Estadística (INE), Producto Interno Bruto según departamento (1988-2021).

[4] In Bolivia sia 60 membri della Camera dei Deputati su 130 sia i 36 membri del Senato sono eletti su base proporzionale, pertanto il peso demografico del singolo dipartimento conta.

[5] Gli indicatori di rischio politico SACE (punteggio 0-100 ove 0 rischio minimo) evidenziano per la Bolivia un media pari a 73/100 di cui 75/100 relativo a esproprio e violazioni contrattuali, 70/100 rischio guerra e disordini civili, 75/100 trasferimento di capitali e convertibilità.

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