ELEZIONI IN INDIA 2024: UN RISULTATO INSPERATO
di Marzia Casolari[1]
Dal 19 aprile al 1° giugno 2024 si sono tenute in India le elezioni dirette dei 543 componenti della Lok Sabha, la camera bassa del parlamento indiano. Le elezioni si sono svolte in 7 fasi, per consentire di votare all’enorme elettorato di 968 milioni di aventi diritto. La percentuale di votanti è stata poco più del 66%, per un totale di 642 milioni di persone, di cui 312 milioni donne.
Come nelle precedenti elezioni, il Bharatiya Janata Party (BJP), il partito radicale della destra indù guidato dal Primo Ministro Narendra Modi, si è presentato a capo della coalizione denominata National Democratic Alliance (NDA). Il BJP ha vinto nuovamente, come nel 2014 e nel 2019 e Modi ha ottenuto il suo terzo mandato ma, a differenza del 2019, quando il partito aveva ottenuto la maggioranza assoluta di 303 seggi su 542, mentre complessivamente la NDA ne aveva ottenuti 353, quest’anno il BJP e la coalizione hanno subito un netto arretramento, ottenendo rispettivamente 240 e 293 seggi alla camera bassa: se quindi nel 2019 il BJP avrebbe avuto i numeri per governare da solo, e in questi anni ha fatto pesare la sua forza agli alleati, oggi il partito ha un bisogno vitale della coalizione. Fin dalle prime settimane successive alle elezioni il problema della governabilità si sta mostrando in tutta evidenza.
Stupefacente è stato il risultato ottenuto dalla coalizione INDIA, acronimo che sta per Indian National Developmental Inclusive Alliance e che sfida il tentativo messo in atto dal BJP di rinominare l’India con l’altro termine, Bharat, utilizzato anche in apertura della Costituzione. La coalizione, guidata dal Congresso, è composta da 37 partiti, tra cui le diverse correnti dei comunisti indiani, partiti espressione della comunità musulmana, anche del Kashmir, e a base rurale. INDIA ha ottenuto 232 seggi, avvicinandosi ai numeri del BJP e della NDA: un esito ancora più stupefacente, se si pensa che nel 2019 il Congresso, aveva ottenuto solo 52 seggi, mentre la coalizione che guidava, la United Progressive Alliance (UPA), ne ottenne 91.
Quest’anno il BJP ha perso lo stato del Maharashtra, sua roccaforte storica, così come si è dissolta l’alleanza con lo Shiv Sena, partito militante appartenuto tradizionalmente alla destra indù, che però per queste elezioni ha deciso di entrare a far parte della coalizione INDIA. Meno netto l’atteggiamento dell’RSS (Rashtriya Swayamsevak Sangh), l’organizzazione militante che fornisce la base ideologica e i quadri del BJP, la quale ha in più occasioni criticato la corruzione dilagante nel partito e l’inclinazione di Modi e del suo entourage a curare interessi privatistici, soprattutto dei magnati, loro sostenitori. Pur non avendo rilasciato dichiarazioni di voto contrario al BJP, tuttavia molti suoi militanti devono avere optato per votare INDIA o di non votare.
Ancora più stupefacente è stato il risultato nella circoscrizione di Varanasi, la città sacra dell’induismo: da qui nel 2019 la NDA aveva ottenuto 64 seggi, di cui 62 solo del BJP, mentre il Congresso ne otteneva uno solo: quest’anno la coalizione INDIA ne ha ottenuti 43, di cui 6 al Congresso e 37 al Samajwadi Party (SP), solido partito a base castale.
Infine, si può considerare addirittura clamorosa la perdita da parte del BJP della circoscrizione di Faizabad, la città gemella, con una forte e storica identità musulmana, di Ayodhya, dove il BJP, e Modi in particolare, hanno capitalizzato il mito del Ramjambhoomi, ovvero del luogo dove la tradizione vorrebbe fosse nato il dio Rama. Qui nel dicembre 1992 fu demolita la Babri Masjid, la moschea di Babur, risalente probabilmente al 1527 perché, secondo la propaganda della destra indù, l’edificio si trovava nel punto dove anticamente avrebbe dovuto sorgere il tempio che consacrava il luogo di nascita del dio. Narendra Modi e tutta la destra indù hanno fortemente voluto e sponsorizzato la costruzione, sulle rovine della moschea, di un tempio dedicato a Rama, che è stato consacrato dal primo ministro in persona a gennaio 2024. Tutta questa enfasi su un’unica divinità nella patria di un politeismo diffuso in cui esistono divinità familiari o culti locali, ha indignato molti indiani, soprattutto nelle aree rurali, dove gli dei ‘minori’ sono molto venerati. Il dato di Faizabad/Ayodhya va però ulteriormente studiato: bisogna ricordare che alle elezioni del 2004, avvenute a poca distanza dallo spaventoso pogrom antimusulmano di Ahmedabad del 2002, il BJP e la NDA persero le lezioni a favore del Congresso. I fattori che collegano le violenze intercomunitarie ai risultati elettorali sono diversi, non ultimi quelli economici: a nessuno convengono le tensioni sociali e in India, durante lo scorso mandato di Modi, la violenza politica era dilagante ed endemica, contro minoranze religiose, dalit e tribali, giornalisti, intellettuali, attivisti e dissidenti in genere. Si sono moltiplicate le intimidazioni e le censure agli organi di informazione, molti dei quali sono stati sanzionati o addirittura chiusi, e i siti oscurati.
Secondo l’editorialista e commentatore politico Apoorvanand, è stato decisivo il voto dei giovani, in particolare under 35, poco attratti dall’utopia della nazione indù e interessati invece a soluzioni concrete, in un paese dove il tasso di disoccupazione è dell’8,1% (alto per un paese che ambisce ad essere una delle più grandi economie del mondo) e la povertà resta un problema irrisolto. I giovani indiani sono poi tendenzialmente istruiti e connessi al resto del mondo, quindi difficilmente manipolabili da una propaganda infarcita da leggende e simboli religiosi. Inoltre, partiti come l’SP, la cui base storica è rappresentata da musulmani e dalla comunità di estrazione rurale degli Yadav, hanno probabilmente ottenuto i voti degli strati più bassi dell’elettorato tradizionale del BJP, anch’essi delusi dalla politica di un partito che ha ostentatamente curato gli interessi delle élite e dei grandi capitalisti. Questi ultimi hanno ottenuto favori e concessioni redditizie, soprattutto nel settore energetico e carbonifero, in cambio di sostegno finanziario al BJP, in un paese dove il finanziamento pubblico ai partiti non esiste. I frequenti scandali che hanno contraddistinto lo scorso mandato del BJP, dalle speculazioni sui prodotti energetici, in campo finanziario o i favoritismi nell’accesso al pubblico impiego, hanno fatto la loro parte: se ne contano almeno 12 tra il 2019 e il 2024 e 14 dal 2014 al 2019, compresi casi di stupro di donne appartenenti alle caste basse.
Quello di quest’anno è un risultato inaspettato: la campagna elettorale di Modi e del BJP è stata pervasiva, con tabelloni disseminati in ogni angolo dell’India e una presenza continua sui media. Ma è stato anche un risultato insperato, visto che la campagna elettorale, condotta in larga misura anche a mezzo stampa, è stata caratterizzata da un messaggio volto a ingigantire la solidità del BJP e dei suoi alleati e a sminuire l’opposizione. Clamoroso il fallimento degli exit poll, che davano BJP e NDA in netto vantaggio, per essere smentiti dal risultato reale, a ennesima riprova dell’inaffidabilità di questo genere di sondaggio.
Il merito della coalizione INDIA è stato quello di cogliere il malumore diffuso nel paese e, soprattutto, di ascoltare questo malumore: da questo punto di vista si sono dimostrati fondamentali i ‘pellegrinaggi’ politici intrapresi da Rahul Gandhi, rispettivamente il Bharat Jodo Yatra, una lunga ‘marcia unire l’India’ da sud a nord, durata 150 giorni tra settembre 2022 e gennaio 2023 e il Bharat Jodo Nyay Yatra, svoltosi dal 14 gennaio al 16 marzo 2024, che ha attraversato il paese da ovest a est. Rahul ha camminato sempre a piedi, come una sorta di Forrest Gump, affiancato da guardie del corpo molto discrete, e seguito da compagni di partito, attivisti e masse immense di persone di ogni tipo: tantissime donne, giovani, persone di bassa estrazione e di bassa casta, tribali, disabili, sportivi e persino militari. La marcia è stata affiancata da una campagna di aggiornamento quasi in tempo reale sui social, che ha mostrato immagini impressionanti della folla oceanica che si è unita allo yatra, dando l’idea della reale vicinanza del leader al popolo, senza però scadere nel populismo.
Il risultato delle elezioni generali indiane del 2024 è stato insperato, non solo perché l’informazione ufficiale indiana e internazionale dava ormai per scontata la vittoria del BJP e si cominciava a dubitare della sopravvivenza della democrazia indiana, ma perché la forte ripresa del Congresso e l’ascesa dei partiti della coalizione INDIA hanno dimostrato che l’India è effettivamente la più grande democrazia del mondo, i cui valori sono profondamente radicati nella sua popolazione.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Election Commission of India, Lok Sabha Elections 2024 – Election Updates
M. Casolari, La strumentalizzazione politica dell’architettura e degli spazi urbani nell’India del BJP, in Domenico Francavilla (a c. di), Immagini delle città in Asia tra passato e presente, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2022
N. Mukhopadhyay, The Demolition. India At The Crossroads, HarperCollins, New Delhi, 1994
S. Shamin, India election results: Big wins, losses, and surprises, Aljazeera, 4 giugno 2024, https://www.aljazeera.com/news/2024/6/4/india-election-results-big-wins-losses-and-surprises
[1] Professoressa associata di Storia e Istituzioni dell’Asia all’Università degli Studi di Torino.