ABOUT JAVIER MILEI’S VICTORY IN ARGENTINA
di Marco Morra*
Le elezioni presidenziali dello scorso 19 novembre 2023 in Argentina hanno riportato la vittoria dell’ultraliberale Javier Milei, con oltre 10 punti di scarto rispetto al candidato peronista Sergio Massa. Milei ha vinto in 21 delle 24 province, raggiungendo il 49% dei consensi perfino nella provincia di Buenos Aires, storico feudo del peronismo. L’affluenza alle urne è stata del 76%. Secondo alcuni sondaggi riportati da El País, l’economista “libertario”, come si autodefinisce il futuro presidente, avrebbe riscosso una maggioranza significativa di consensi tra gli elettori di età inferiore ai 34 anni, mentre il 97% dei suoi simpatizzanti disapproverebbe l’operato del precedente governo, di cui faceva parte Sergio Massa.
Se Milei rappresenta il volto ultraliberista della nuova destra argentina, con la promessa di dollarizzare l’economia, chiudere la banca centrale e privatizzare la compagnia statale del petrolio, la Yacimientos Petrolíferos Fiscales (YPF), l’avvocatessa Victoria Villarruel mostra, di certo, quello più schiettamente conservatore. Fervente cattolica, contraria all’aborto e figlia di un generale inquisito per crimini contro l’umanità, Villarruel sarà vicepresidente dal prossimo 10 dicembre, quando ci sarà il passaggio di consegne tra Alberto Fernández e Javier Milei. Il movimento fondato da quest’ultimo, La Libertad Avanza, ha acquisito una crescente popolarità – soprattutto fra i giovani – nel corso del 2020, opponendosi alle misure restrittive adottate dal governo peronista per contenere la pandemia di Covid-19 (che ha provocato 130.000 decessi nel paese) e in un momento di profonda incertezza e di impoverimento diffuso (il lavoro informale costituisce una parte rilevante del PIL argentino).
L’insuccesso delle misure economiche adottate dall’amministrazione di Alberto Fernández per far fronte alla crisi incipiente ha accresciuto il malcontento popolare verso la politica tradizionale. Ereditando una economia in recessione e fortemente indebitata dalla presidenza del conservatore Mauricio Macri, Fernández ha dovuto affrontare le nuove difficoltà prodotte dalla pandemia, dall’aumento dei costi dell’energia e da una siccità che ha recato gravi danni all’agricoltura. Decise di rispondervi nella stessa maniera del suo predecessore: negoziando un nuovo accordo con il FMI al costo di nuove misure di austerità. Secondo Anne-Dominique Correa, il risultato è stato l’aumento della povertà e la crescita dell’inflazione. Secondo fonti governative, la povertà relativa ha raggiunto il 40,1% della popolazione nel primo semestre dell’anno, di cui il 9,3% vive in condizioni di indigenza, mentre l’inflazione si attesta al 140% annuo nel momento in cui scriviamo (Instituto Nacional de Estadística y Censos).
L’elezione argentina è stata la quattordicesima in cui ha vinto l’opposizione su quindici elezioni presidenziali tenutesi in America Latina dal 2019 ad oggi (con la sola eccezione del Nicaragua). La vittoria di Javier Milei è l’ennesima conferma di un’ipotesi che abbiamo già argomentato sulle pagine di Nuovi Autoritarismi e Democrazie. Al contrario di quanto si poteva prevedere dopo la vittoria di Gabriel Boric in Cile, Gustavo Petro in Colombia e Lula Inácio da Silva in Brasile, nel subcontinente latinoamericano non è in corso nessuna nuova ondata progressista. Piuttosto assistiamo ormai da tempo all’alternanza di governi di centro-destra e di centro-sinistra dovuta all’incapacità delle politiche centriste di rispondere ai bisogni, alle aspettative e alle domande di cambiamento emerse dalle società latinoamericane nell’ultimo decennio. Come scrivevamo su Nuovi Autoritarismi e Democrazie in occasione dell’elezione di Lula in Brasile:
«il voto dei cittadini negli ultimi anni si è orientato a punire le classi dirigenti e i partiti al potere, a prescindere dalla loro collocazione sullo scacchiere politico. Le cause di queste oscillazioni vanno individuate nel deterioramento delle condizioni sociali, nell’aumento della povertà e nella mancanza di prospettive per la classe media impoverita, nel corso di una congiuntura economica negativa che la regione ha attraversato tra il 2013 e il 2019, prima ancora di andare incontro all’accentuarsi degli squilibri nel 2020, per gli effetti della pandemia, e nel 2021-2022, per le tensioni inflazionistiche e la guerra in Ucraina. L’aumento del malcontento sociale, quindi, si è tradotto in un voto punitivo per i partiti e i presidenti al potere, che ha colpito un insieme eterogeneo di governi di destra e di sinistra» (n. 2/2022).
La “crisi dei centrismi”, come potremmo definirla, ha portato all’affermazione di una tendenza autoritaria, conservatrice e liberoscambista in alcuni paesi della regione, rappresentata da Jair Bolsonaro in Brasile, José Antonio Kast in Cile e Javier Milei in Argentina, per rimanere soltanto ai casi più noti. Questa nuova destra ha intercettato il malcontento diffuso verso la politica tradizionale presentandosi come portatrice di un nuovo ordine morale ed economico, fondato sul libero mercato, la sicurezza e la lotta alla corruzione. In concreto, propone misure quali la riduzione della spesa pubblica e delle tasse alle imprese, l’incentivazione del libero mercato e la privatizzazione dei beni demaniali. Bolsonaro, Kast e Milei, inoltre, sono accomunati dall’adozione di un discorso apologetico e negazionista verso la storia recente dei loro rispettivi paesi, in particolare per quel che riguarda i crimini delle dittature militari del Cono Sud. Secondo Milei e Villaruel, per esempio, i 30.000 desaparecidos della giunta argentina (1976-1983) – che essi sottostimano a 8.000 individui – sarebbero, non già le vittime di un piano sistematico di sterminio di ogni forma di dissidenza sociale, politica e culturale, ma il risultato degli “eccessi” di una “guerra” giusta e necessaria “contra la subversión”. D’altra parte, Villaruel presiede il Centro di studi legali sul terrorismo, un’organizzazione che vorrebbe riscrivere la storia della giunta militare argentina, negando i crimini della dittatura.
Se vorrà sperare di riconquistare i consensi perduti o di conservarli dove ancora governa, il progressismo latinoamericano dovrà farsi promotore di una politica redistributiva che possa alleviare il malessere delle classi medie e dei settori popolari e rilanciare la crescita in una regione tra le più diseguali al mondo per tasso di concentrazione della ricchezza. Si tratterebbe, in parole semplici, di aumentare i salari, controllare i prezzi, tassare le grandi fortune, nazionalizzazione le risorse strategiche, ecc. Difficile, tuttavia, che un simile programma possa realizzarsi senza l’appoggio di una vasta mobilitazione popolare. Queste misure, inoltre, potrebbero non bastare. Affinché le riforme sociali risultino sostenibili nel tempo, come sottolinea Álvaro García Linera, è necessario che queste non dipendano dalle oscillazioni dei prezzi delle materie prime sui mercati internazionali. In altri termini, è necessario incentivare l’industrializzazione su piccola e grande scala, tanto pubblica quanto privata. Si può prevedere che una simile “rivoluzione copernicana” della politica progressista in America Latina sia molto difficile da realizzare. Non siamo gli unici, tuttavia, a credere che questa sia l’unica strada percorribile per far fronte alle nuove destre nel subcontinente. E forse anche altrove.
Fonti
¿Quién ha votado a Milei? Así son sus apoyos por edad, género o territorio, El País, 21 novembre 2023, https://elpais.com/argentina/2023-11-21/mapa-quien-ha-votado-a-milei-asi-son-sus-apoyos-por-edad-genero-o-territorio.html
Anne-Dominique Correa, I grandi ruggiti e le esigue innovazioni della destra argentina, Le Monde diplomatique, edizione italiana, ottobre 2023.
Alvaro Garcia Linera, Seis hipótesis sobre el crecimiento de las derechas autoritarias, Jacobinlat.com, 22 ottobre 2023, https://jacobinlat.com/2023/10/22/seis-hipotesis-sobre-el-crecimiento-de-las-derechas-autoritarias/
Daniel Lvovich, Rodrigo Patto Sá Motta, Las Nuevas Derechas Latinoamericanas Y Los Usos Del Pasado Reciente, in Contenciosa, n. 12/2022, https://doi.org/10.14409/rc.10.12.e0013
Marco Morra, Lula ha vinto, Bolsonaro non è sconfitto, in Nuovi Autoritarismi e Democrazie: Diritto, Istituzioni, Società, n. 2/2022, https://riviste.unimi.it/index.php/NAD/article/view/19472/17365
*Dottorando in Studi Internazionali, Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”.