ROMANIA – Il referendum-revoca del Presidente della Repubblica Traian Băsescu del 29 luglio 2012
di Francesca Romana Dau
Il 29 luglio 2012 si è svolto per la seconda volta nel giro di un quinquennio un referendum per la destituzione anticipata del Presidente della Repubblica, Traian Băsescu, in carica per il secondo mandato. Il ricorso alla consultazione popolare, sulla base dell’art. 95 della Costituzione, è seguito all’approvazione da parte del Parlamento di Bucarest di una mozione di rimozione del Capo dello Stato, il 6 giugno scorso.
Di fronte al quesito “Sei tu d’accordo con la destituzione del Presidente della Romania, Traian Băsescu?”, l’88,7% degli elettori (pari a 7.4 milioni di voti) ha risposto in modo favorevole, mentre solo l’11,3% si è espresso in modo contrario. La votazione, tuttavia, non è risultata valida poiché si è recato alle urne solo il 46,24% dell’elettorato, al di sotto della soglia costituzionale necessaria. La Corte costituzionale rumena, chiamata a giudicare sulla validità del referendum, aveva annunciato inizialmente che si sarebbe pronunciata il 12 settembre 2012, mentre, in corso d’opera, ha deciso di rendere la decisione anticipatamente. Il 21 agosto, dunque, ha confermato l’invalidità della votazione deliberativa per mancato raggiungimento del quorum.
La crisi politica che ha portato al voto parlamentare del 6 giugno è stata guidata dal Primo ministro, Victor Ponta e dal Presidente ad interim, Crin Atonescu, provenienti dalle file dell’Unione social-liberale, la maggioranza di centro-sinistra, e scatenata dal fatto che il conflitto tra le due cariche istituzionali di vertice aveva portato ad una paralisi decisionale e ad un blocco del sistema. Un fatto controverso, tuttavia, ha segnato l’attivazione dell’istituto costituzionale. Il Governo di Ponta un giorno prima della votazione parlamentare sulla destituzione aveva fatto modificare la legge sul referendum per rendere più facile il raggiungimento del quorum, sostituendo la “maggioranza dei voti degli aventi diritto” con la “maggioranza dei voti dei partecipanti”.
La Costituzione rumena del 1991, come più volte modificata, concede ampi poteri e immunità al Presidente della Repubblica che dura in carica cinque anni e può essere rieletto per un massimo di due mandati, e descrive due istituti per la destituzione del Presidente, la sospensione dalla funzione cui segue il referendum-revoca, e la messa in stato di accusa. L’art. 95, in particolare, disciplina l’ipotesi della sospensione delle funzioni da parte del Parlamento per fatti gravi di violazione della costituzione, e prevede l’intervento obbligatorio del Corpo elettorale tramite il referendum. Di fronte alla seria violazione di una o più disposizioni costituzionali, il Parlamento in seduta comune può votare a maggioranza dei voti la sospensione e la rimozione dalla carica. Nel caso di votazione positiva, si deve tenere obbligatoriamente un referendum popolare entro trenta giorni dalla data della votazione parlamentare.
Secondo la dottrina, l’istituto della revoca popolare del Presidente è uno strumento di bilanciamento consequenziale all’elezione diretta del Capo dello Stato in cui il potere di decidere sulla permanenza in carica dell’organo titolare del potere esecutivo è attribuito al Corpo elettorale non solo in entrata ma anche in uscita, in modo da favorire un effettivo esercizio diretto del potere e una continua e costante legittimazione popolare dello stesso (Duculescu, 2009). L’articolo 81 della Costituzione, difatti, stabilisce che il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale, eguale, diretto, segreto e libero, e il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei seggi viene proclamato eletto. Qualora nessuno dei candidati riesca ad ottenere questa maggioranza, viene organizzata una seconda votazione cui accedono solo i due candidati che hanno ottenuto più voti. L’elezione presidenziale, dunque, è a doppio turno e regolata sul modello dell’elezione del Presidente francese.
Tuttavia, la regolazione in dettaglio dell’istituto del referendum-revoca lo rende particolarmente sbilanciato a favore del Presidente a causa dell’elevato quorum necessario per rendere valida la votazione. Le conseguenze politiche dell’istituto, difatti, rivelano il doppio significato attribuibile al voto di astensione nel corso della votazione elettiva e nel corso della votazione deliberativa. Se da una parte nel corso della votazione elettiva di conferimento dell’incarico, il voto di astensione non sortisce alcun effetto, e per passare al secondo turno è sufficiente ottenere la maggioranza relativa del numero dei voti, che poi al secondo turno diventeranno voti utili per l’elezione alla presidenza; nel corso della votazione deliberativa di rimozione dalla carica, di contro, il voto di astensione contribuisce ad aumentare la soglia dei voti necessari a destituire il presidente. Il voto di astensione, così, diviene un voto favorevole alla permanenza in carica del Presidente, rendendo non chiaramente espressa la volontà del singolo elettore.
E’ la seconda volta che il Presidente Băsescu viene sottoposto al voto popolare per la destituzione anticipata dall’incarico. La prima, difatti, era stata nel maggio 2007, quando gli elettori rumeni avevano confermato il Presidente in carica con il 74% dei voti. La legittimità di Băsescu era stata fortemente messa in discussione dall’opposizione che criticava la violazione della costituzione in ben nove casi, e in particolare a seguito dell’attitudine partigiana, per l’abbandono del ruolo costituzionale di mediatore politico, per il rifiuto ingiustificato di nominare i ministri proposti dal Primo ministro, e per il sostegno a interessi economici privati. La procedura di destituzione era stata avviata il 19 aprile del 2007 con il voto favorevole di 322 parlamentari, contro 108, e 10 astenuti, ed è diventata effettiva il 20 aprile successivo. Il referendum obbligatorio è stato organizzato il 19 maggio ma ha sanzionato la mozione del Parlamento e respinto, con più del 75% dei voti, la destituzione del Presidente (Fara, 2007).
Se è vero che la scelta di inserire il referendum è stata un omaggio alla simmetria della derivazione popolare del potere esecutivo, per riequilibrare i poteri, il ricorso al pronunciamento popolare si sta rivelando un forte strumento di legittimazione del potere e della permanenza in carica dello stesso Presidente. A seguito della prima votazione popolare del maggio 2007, difatti, Băsescu era stato rieletto nel 2009 con quasi di 5.3 milioni di voti al secondo turno, dimostrando anche la valenza di “mid-term election” intrinseca nello strumento della revoca referendaria.
FONTI:
AAVV, Romania: The Political Economy of a Constitutional Crisis, www.sar.org.ro, 2012-09-01.
Bartole S., Riforme costituzionali nell’Europa centro-orientale. Da satelliti comunisti a democrazie sovrane, Il Mulino, Bologna, 1993.
IFES Election Guide, Romania. Referendum, www.electionguide.org.
Fara V., Romania. La rivincita di Băsescu, DPCE, 2007.
Orlandi A., Quando il semi-presidenzialismo passa ad est, Giappichelli, Torino, 2002.
Pallone G., La democrazia romena e le sue fragilità, Aspenia online, 1/8/2012, www.aspeninstitute.it.
Tănăsescu E.S., Réussite de la procédure de suspension et échec de la déchéance du Président de Roumanie, RFDC, 1/2008.
Timu A., Romania Government Changes Referendum Law to ease Impeachment, in Bloomberg, www.bloomberg.com, 5 luglio 2012.