COVID-19: LATIN AMERICA IN ALERT TO FACE THE SANITARY EMERGENCE

Quasi tutti gli Stati latino-americani hanno dichiarato l’emergenza nazionale con l’adozione di drastiche misure eccezionali per far fronte alla minaccia del Covid-19. Una panoramica della situazione attuale.

di Laura Alessandra Nocera*

L’emergenza Coronavirus ha messo in allerta gli Stati dell’America latina, che sono ricorsi immediatamente a misure restrittive per limitare gli ingressi di cittadini europei, cinesi e statunitensi all’interno dei propri confini nazionali. Ovunque nel subcontinente latino-americano, l’emergenza ha coinciso con la fine delle vacanze estive e l’apertura delle scuole, determinando la decisione da parte di tutti i governi nazionali di prorogare la data di inizio dell’anno scolastico e dell’anno accademico di un periodo dai 15 giorni ai due mesi.

In Argentina, dove l’emergenza è stata avvertita sin da subito in modo allarmante a causa dei frequenti contatti con l’Europa, il Presidente Alberto Fernández ha parlato a reti unificate alla nazione domenica 15 marzo per annunciare il differimento di 14 giorni dell’avvio dell’anno scolastico, la chiusura delle frontiere e l’immediata sospensione dei voli da e per l’Europa, la Cina, gli Stati Uniti e l’Iran per un termine di 30 giorni, eventualmente prorogabile. Contestualmente, Fernández ha disposto la chiusura di tutti i parchi nazionali e la cancellazione di attività ed eventi che avrebbero potuto creare assembramenti di persone, con un inasprimento delle sanzioni per tutti coloro che violano le nuove disposizioni emergenziali e lo stato di quarantena eventualmente imposto per esigenze medico-sanitarie. Tra l’altro, è necessario ricordare che l’Argentina conta il triste primato del primo morto per Covid-19 sul territorio latino-americano.

Anche in Bolivia, la Presidente ad interim Jeanine Áñez con un decreto di emergenza nazionale del 12 marzo ha disposto misure straordinarie per prevenire e contenere il contagio, autorizzando il Ministero degli Interni a schierare un dispiegamento di 10.000 forze di polizia per proteggere i confini nazionali da ingressi dall’esterno con la creazione di un cordone sanitario di emergenza. Inoltre, lo stesso decreto della Presidente ha imposto l’obbligo di dichiarazione sanitaria volontaria sul proprio stato di salute (cd. juramento sanitario) per il personale straniero di consolati e ambasciate. Le misure nazionali sono state particolarmente intensificate nei dipartimenti di Potosí, Chuquisaca, Cochabamba e Oruro, le cui amministrazioni hanno annunciato una forma di isolamento speciale fino al 31 marzo per tutti i cittadini. Rimane il rischio che possano essere sospese e rinviate le elezioni generali previste per maggio 2020.

In Brasile, dove si è temuto che il contagio avesse toccato anche il Presidente Bolsonaro, risultato negativo al test del tampone, ai provvedimenti federali che hanno disposto il differimento dell’inizio dell’anno scolastico e la sospensione di diverse attività ed eventi si sono aggiunti i provvedimenti di ciascuno Stato con misure di emergenza differenziate per evitare il propagarsi del virus (a Brasilia, per esempio, tutti i ristoranti sono stati costretti a collocare i propri tavoli in modo da creare una distanza di due metri fra loro e di almeno un metro tra ogni commensale dello stesso tavolo). Tuttavia, non esiste tuttora alcuna sospensione a livello nazionale dei voli, né alcuna limitazione del traffico aereo, mentre i viaggiatori provenienti dalle cd. “zone a rischio” sono semplicemente invitati ad un periodo di isolamento volontario con rilevazione giornaliera della temperatura, senza alcun obbligo formale.

In Cile, il Presidente Sebastian Piñera ha ordinato a decorrere dal 18 marzo la chiusura delle frontiere nazionali, la sospensione di eventi e attività culturali e sportive che prevedano la partecipazione di più di 200 persone e la quarantena obbligatoria per tutti coloro che provengono dalla Cina, dall’Iran, dall’Italia, dalla Spagna, dalla Francia e dalla Germania, a pena del pagamento di una multa pari a circa 3000 dollari statunitensi.

In Colombia, il Presidente Iván Duque ha ordinato la chiusura di tutte le frontiere e di tutte le vie di comunicazione fino al 30 maggio con la contestuale sospensione di tutte le attività scolastiche e accademiche fino al 20 aprile. Inoltre, è stato disposto che, a causa dell’emergenza sanitaria mondiale, fino al 30 marzo (e con eventuale e possibile rinnovo) sono devoluti al Presidente poteri straordinari di tipo normativo oltre che esecutivo, in linea con quanto previsto dalla Costituzione e dalla legislazione nazionale per il cd. estado de excepción. Diverse restrizioni sono state imposte, nel frattempo, per evitare la creazione di assembramenti di persone, dalla sospensione della Fiera del Libro e del campionato di calcio al divieto di concerti e di pic-nic. Il governo sta tentando, al tempo stesso, di prendere provvedimenti per ristabilire l’economia del Paese e, soprattutto, il settore commerciale e turistico, su cui si fonda tuttora l’economia colombiana e che risulterebbero particolarmente compromessi in questo periodo di emergenza internazionale.

Simili disposizioni, pur lievemente più blande, sono state adottate da Costa Rica ed Ecuador, che dal 12 marzo hanno differito le attività scolastiche ed accademiche di 14 giorni e hanno sospeso almeno la metà degli eventi pubblici e delle riunioni che prevedono un assembramento di persone.

In El Salvador, il Presidente Nayib Bukele ha dichiarato una quarantena nazionale di 21 giorni, sospendendo qualsiasi attività ed evento pubblico e autorizzando un dispiegamento di 2000 soldati per vigilare sul rispetto dei divieti di assembramento e per proibire l’ingresso di stranieri nel paese. Inoltre, le donne in gravidanza e le persone di età superiore ai 60 anni sono poste in isolamento obbligatorio presso i loro domicili, con intervento da parte delle istituzioni socio-sanitarie nazionali per garantirne lo stato di salute e l’approviggionamento.

Divieti di ingresso e disposizioni di quarantena per gli stranieri rientranti da paesi a rischio sono stati annunciati anche dai governi di Honduras (che aveva già iniziato a dichiarare lo stato di emergenza fin dal 10 febbraio) e Guatemala (dove il Presidente Alejandro Gianmattei ha destinato un fondo di almeno 30 milioni di dollari statunitensi per fronteggiare l’emergenza medico-sanitaria, proclamando l’estado de calamidad pública). Una sospensione generale di tutte le attività è stata imposta dal Presidente del Messico López Obrador fino al 20 aprile, periodo definito dalle autorità sanitarie federali come jornadas de sana distancia, con eventuale riprogrammazione del campionato di calcio e di altri eventi in un periodo successivo al pericolo di contagio attuale. Medesime misure di contenimento con sospensione di attività scolastiche ed esercizi commerciali sono state ordinate dal Presidente di Panama Laurentino Cortizo con la dichiarazione dello estado de emergencia nacional e, quindi, la devoluzione di poteri straordinari all’esecutivo fino al termine del periodo di possibile contagio.

Mentre il Paraguay ha provveduto solo a una chiusura parziale dei propri confini nazionali e ad una sospensione delle attività didattiche per un periodo di due settimane, in modo molto più drastico è intervenuto il Presidente del Perù Martín Vizcarra che ha ordinato una quarantena generale in tutto il paese con attivazione di protocolli di emergenzia sanitaria e di isolamento domiciliare per almeno 15 giorni e devoluzione di una somma minima come indennizzo per tutte quelle famiglie che saranno colpite economicamente dalla sospensione dell’attività lavorativa e/o imprenditoriale. La sospensione delle attività scolastiche e accademiche è prevista anche in Uruguay e nella Repubblica Dominicana, che hanno attivato contestualmente una interruzione dei voli provenienti dai soli Stati a rischio, lasciando intatto il normale traffico aereo; è necessario precisare, però, che a partire dal 20 marzo l’Uruguay ha disposto la chiusura della frontiera con l’Argentina, a causa dell’elevata potenziale pericolosità nella diffusione del contagio.

In parziale controtendenza, invece, è rimasta Cuba, che non ha sospeso alcun volo per non gravare sull’industria turistica e alberghiera; tuttavia, il Ministro della Sanità ha previsto regole ferree per controllare lo stato di salute dei viaggiatori in transito o in arrivo sul territorio dell’isola, tramite una vigilanza costante da parte del sistema sanitario nazionale, che tuttora si è sempre dimostrato tra i migliori della regione.

In Venezuela, il Presidente Nicolás Maduro ha preso forse i provvedimenti più draconiani dell’intero continente, dichiarando la emergencia permanente nacional. Con un decreto del 17 marzo, infatti, è stata estesa a tutti i viaggiatori provenienti dall’estero la quarantena obbligatoria inizialmente disposta solamente per i 7 Stati più colpiti dal Covid-19, mentre sono stati sospesi tutti i viaggi e chiuse le frontiere con i confinanti Colombia, Panama e Repubblica Dominicana. Contestualmente, è stato interrotto il campionato di calcio e vietate tutte le attività e gli eventi di massa, con la chiusura di bar e discoteche e la sola possibilità di ritirare i pasti presso i ristoranti. Il governo ha, infine, reso nota una lista di 46 centri ospedalieri attrezzati per l’emergenza sanitaria e diffusi su tutto il territorio nazionale, presso cui sono stati inviatati a recarsi i cittadini con sintomi simil-influenzali.Tuttavia, giacché i posti in terapia intensiva all’interno delle strutture ospedaliere del paese sono solo 206, Maduro ha chiesto un prestito di 5 miliardi di dollari al Fondo Monetario Internazionale per “emergenza umanitaria”. Il 18 marzo, il FMI ha negato qualsiasi prestito a causa del mancato riconoscimento internazionale dell’attuale governo venezuelano. Di fronte a tale rifiuto, Maduro ha chiesto ed ottenuto supporto sanitario da Cuba: negli ultimi giorni, un gruppo di medici cubani è atterrato sul suolo venezuelano per offrire supporto nell’emergenza attuale, portando respiratori, medicinali e mascherine.

Fonti:

*Post-Doc Fellow presso Dipartimento di studi internazionali, giuridici e storico-politici, Università degli Studi di Milano

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