di Angela Di Gregorio
La Duma eletta il 4 dicembre scorso – e che si aggiorna in questo periodo per le vacanze estive − si differenzia per molti aspetti da quelle delle due precedenti legislature: per la prima volta da otto anni Russia unitaria non detiene più la maggioranza “costituzionale” dei due terzi dei deputati (necessaria per l’adozione delle leggi costituzionali e di revisione costituzionale, per il superamento del veto presidenziale sulle leggi ordinarie e del veto della camera alta). Inoltre il partito non ha ottenuto tecnicamente alle elezioni neanche la maggioranza semplice ed è riuscito a conquistare oltre il 50% dei seggi grazie al sistema di redistribuzione dei voti dei partiti che non hanno superato lo sbarramento. Di conseguenza Russia unitaria detiene 238 seggi su 450, cosa che le consente comunque di far approvare qualunque legge di proprio gradimento.
Nella nuova Duma è di conseguenza aumentata la rappresentanza dei partiti di opposizione (ma il numero dei partiti è sempre lo stesso, dato l’elevato sbarramento): attualmente il partito comunista ha 92 seggi, Russia giusta 64 e il partito liberal-democratico 56. Il nuovo speaker della camera, Sergej Naryškin (in precedenza direttore dell’Amministrazione presidenziale), che ha sostituito Boris Gryzlov, ha dichiarato dopo la seduta inaugurale che Russia unitaria avrebbe tenuto conto dell’opinione degli altri gruppi collaborando con essi.
Nonostante Russia unitaria detenga la maggioranza dei voti l’opposizione ha fatto finora sentire la sua voce più che in passato benché non ci siano stati effetti pratici.
Per fare un esempio, per la prima volta dopo 12 anni il candidato premier non ha ottenuto la maggioranza “costituzionale” dei voti all’investitura (pur non richiesta dalla norma costituzionale). Già prima, in aprile, in occasione dell’ultimo resoconto alla Duma del governo Putin i deputati di Russia giusta a titolo dimostrativo avevano abbandonato l’aula in sostegno del loro collega Šein, impegnato in uno sciopero della fame per protestare contro la falsificazione delle elezioni del sindaco di Astrachan.
Il tono della protesta si è elevato quando dopo la “marcia dei milioni” su piazza Bolotnaja il 6 maggio Russia unitaria ha deciso di adottare un pacchetto di leggi che di fatto limitano i diritti dell’opposizione. Si tratta dell’aumento delle multe per lo svolgimento di riunioni non autorizzate o marce popolari, dell’inasprimento delle regole di funzionamento delle associazioni che ricevono sovvenzioni dall’estero, della creazione di un registro dei siti web che pubblicano informazioni dannose per l’infanzia, e della reintroduzione nel codice penale dell’articolo sulla calunnia.
Durante l’esame delle modifiche alla legge “Sulle manifestazioni pubbliche” i gruppi parlamentari di Russia giusta e dei comunisti hanno messo in atto quello che la stampa russa definisce “sciopero all’italiana” ossia una tattica tipica dell’ostruzionismo parlamentare tramite la presentazione di un numero elevatissimo di emendamenti.
Tuttavia nella scorsa sessione parlamentare ci sono state luci ed ombre. Fino a un certo punto i deputati di Russia unitaria si sono dati da fare per approvare il pacchetto di misure di “liberalizzazione” della vita politica annunciate dall’allora Presidente Medvedev nel messaggio alle camere del dicembre scorso (sul punto si veda V. Nikitina, Ulteriori semplificazioni per la vita dei partiti politici in Russia, su questo sito, 5 maggio 2012).
Il pacchetto in questione è stato approvato in primavera: attualmente per la registrazione di un partito politico sono sufficienti 500 membri invece di 40.000, come prevedeva la precedente versione della legge; ai partiti non è richiesto di raccogliere firme per partecipare alle elezioni; il numero di firme richiesto ai candidati indipendenti per presentarsi alle elezioni presidenziali diminuisce considerevolmente, da due milioni a 100.000; è stata reintrodotta l’elezione diretta dei governatori, ma non nella versione precedente in quanto le regioni hanno il diritto di consentire o vietare le auto-candidature (la maggioranza assoluta di esse le ha vietate) ed inoltre i candidati presentati dai partiti devono raccogliere per registrarsi le firme dei deputati municipali (dal 5% al 10%, a seconda delle regioni) e infine il Presidente ha il diritto di consultarsi coi partiti sui candidati governatori, cosa che potrebbe tramutarsi in uno strumento di pressione psicologica sul partito per ritirare candidature indesiderate.
Dopo l’inaugurazione di Putin come nuovo Presidente le tendenze liberalizzatrici sono cessate, assistendosi viceversa alla presentazione di una serie di misure limitative dei diritti. Proprio a ridosso della chiusura della sessione i deputati di Russia unitaria sono riusciti a far approvare a velocità record un intero pacchetto di leggi da molti definite reazionarie.
A seguito della manifestazione popolare del 6 maggio sulla piazza Bolotnaja, che si è conclusa con disordini di massa, il deputato di Russia unitaria Sidjakin ha introdotto un progetto di modifica del codice sugli illeciti amministrativi che proponeva di aumentare le multe per la violazione della legge sulle manifestazioni pubbliche di oltre 100 volte. Il progetto di legge è stato approvato rapidamente: tra la prima e la terza lettura è trascorso meno di un mese e le modifiche sono entrate in vigore proprio a ridosso della nuova grande manifestazione pubblica dell’opposizione prevista per il 12 giugno.
Lo stesso Sidjakin ha proposto una serie di modifiche alla legge sulle ong secondo cui le organizzazioni che ricevono finanziamenti dall’estero e la cui attività contribuisca alla formazione dell’opinione pubblica devono essere inserite in uno speciale registro degli “agenti stranieri”. In caso di inadempimento sono previste multe salate e persino la detenzione fino a tre anni. Si tratta di un provvedimento che ha suscitato le reazioni non solo delle tante organizzazioni per i diritti umani esistenti in Russia ma della stessa Chiesa ortodossa, che pure riceve contributi dall’estero.
Dopo avere “fatto i conti” con le manifestazioni di piazza e non gli “agenti stranieri” il partito del potere ha deciso di mettere ordine anche sul web, proponendo un progetto di modifica di una serie di leggi federali allo scopo di “tutelare l’infanzia da informazioni dannose”. Si prevede in particolare la chiusura prima dell’intervento di un giudice dei siti web che divulghino pubblicità che incitano al suicidio, all’uso di droghe, che distribuiscano materiale pedo-pornografico ed “altre informazioni pericolose”. Il progetto ha suscitato le proteste accese degli operatori della rete perché si ritiene che potrebbe essere chiuso in via extra giudiziale qualunque sito. Tale reazione ha prodotto qualche risultato: in seconda lettura dal progetto è stato tolto il punto che parlava di qualunque “informazione pericolosa”.
Il terzo progetto rientrante nel pacchetto di leggi “reazionarie” è una modifica al codice penale che prevede la reintroduzione del reato di calunnia (era stato eliminato poco tempo fa). Anche in questo caso si prevedono multe salatissime.
Tutte e tre queste leggi sono state approvate ad una velocità notevole. Ciò appare francamente in contrasto con le dichiarazioni del nuovo presidente di Russia unitaria, Dmitrij Medvedev, che ha più volte affermato che il processo di adozione di una legge deve durare almeno 60 giorni, affinché la camera possa ascoltare tutte le diverse posizioni.
Possiamo in conclusione osservare che la nuova Duma, grazie ad una maggiore presenza di partiti di “opposizione” e grazie alle pressioni della piazza è divenuta il luogo di un dibattito più acceso rispetto al passato (quando i partiti diversi da Russia unitaria comunque votavano a favore delle sue proposte) acquisendo dunque maggiore visibilità in un gioco di potere in cui solitamente la camera politica è considerata una semplice cintura di trasmissione di decisioni prese dall’alto. Ma i deputati di maggioranza continuano a detenere un importante strumento di pressione sui colleghi recalcitranti, ossia la minaccia di privazione dell’immunità parlamentare, che negli ultimi tempi è stata usata più volte.