di Caterina Filippini
Tutta l’evoluzione costituzionale dell’Ucraina, come generalmente anche nelle altre Repubbliche ex sovietiche, è stata principalmente condizionata proprio dal conflitto per la ripartizione dei poteri tra il Presidente e il Parlamento.
Il processo di riforma costituzionale, avviato alla fine degli anni ’80 mediante l’introduzione di corrispondenti emendamenti nella Costituzione socialista sovietica dell’Ucraina del 1978, aveva inizialmente dato luogo ad un testo costituzionale non omogeneo che conteneva delle disposizioni non sempre favorevoli all’esercizio dei poteri presidenziali.
A fronte di ciò il neoeletto Presidente Kutchma dal 1994 sostenne la necessità di aumentare i poteri presidenziali proponendo l’adozione della “Legge sui principi di organizzazione e di funzionamento del potere statale e dell’autogoverno locale sino all’adozione di una nuova Costituzione” le cui disposizioni, secondo quanto stabilito dal relativo Accordo successivamente concluso tra il Presidente della Repubblica e la Rada, dovevano prevalere, seppure non approvate con i due terzi della maggioranza dei deputati del Parlamento, su quelle della Costituzione sovietica dell’Ucraina del 1978, almeno sino a quando non fosse entrata in vigore una nuova Costituzione.
La “Legge sui principi di organizzazione” prevedeva un Presidente della Repubblica direttamente eletto per cinque anni con ampi poteri poiché innanzitutto era definito non solo “capo dello Stato”, ma anche “capo dell’esecutivo”. In base all’Accordo costituzionale in quanto capo dell’esecutivo il Presidente dell’Ucraina poteva inoltre nominare e revocare direttamente il Primo Ministro e gli altri componenti del Governo senza alcuna ingerenza da parte della Rada. Il Governo poteva però essere contemporaneamente anche sfiduciato dalla Rada e, in questo caso, il Presidente era costretto a revocarlo. Si delineava in questo modo una duplice responsabilità del Governo nei confronti del Presidente dell’Ucraina e della Rada che però non poteva essere sciolta dal capo dello Stato a differenza di quanto previsto dalla Costituzione della Russia in conformità con la quale in caso di manifestazione di sfiducia nei confronti del Presidente del Governo il Presidente russo può comunque decidere in seconda battuta di sciogliere la Duma, ovverosia la Camera bassa.
Rispetto a quanto previsto dalla Legge sui principi di organizzazione del 1995 la prima Costituzione postsovietica dell’Ucraina del 1996 ha operato una parziale riduzione dei poteri presidenziali poiché nella stessa il Presidente dell’Ucraina veniva definito non più “capo dell’esecutivo” ma solo “capo dello Stato”. Oltre a ciò il Presidente non avrebbe più potuto nominare autonomamente il Primo Ministro, ma necessitava dell’ulteriore consenso della Rada. Il Primo ministro e i restanti ministri restavano comunque sempre contemporaneamente responsabili nei confronti del Presidente e della Rada suprema poiché la Costituzione del 1996 continuava a prevedere che questi potevano ancora essere sia revocati direttamente dal Capo dello Stato sia sfiduciati dalla Rada. All’obbligo del Presidente di richiedere il consenso iniziale della Rada per la nomina del Primo ministro, corrispondeva però l’introduzione di un limitato diritto del Presidente di scioglimento del Parlamento nel caso in cui non si fosse riunito in seduta plenaria entro 30 giorni dall’inizio della sua sessione.
Le modifiche costituzionali del 2004 – approvate nel corso della rivoluzione arancione tra il secondo turno delle elezioni presidenziali e la ripetizione di tale turno ed entrate in vigore nel 2006 – hanno invece segnato un passo fondamentale nella direzione di una riduzione significativa dei poteri presidenziali poiché in base ad esse il Presidente non solo non veniva più, come già in base alla Costituzione del 1996, posto a capo del potere esecutivo, ma veniva ancora maggiormente vincolato alla volontà della Rada per la formazione del Governo. Il Presidente non avrebbe infatti più potuto, come previsto nel 1996, nominare direttamente il Primo Ministro con il successivo consenso della Rada, ma si sarebbe dovuto limitare a sottoporre all’approvazione del Parlamento un candidato alla carica di Primo Ministro (tranne che per il Ministro per gli affari Esteri e per il Ministro per la Difesa) proposto da una coalizione di gruppi parlamentari che doveva rappresentare la maggioranza dei componenti della Rada e che si doveva costituire entro 30 giorni dalle elezioni della stessa. Parimenti con le modifiche costituzionali del 2004 è stata completamente eliminata la possibilità per il Presidente di revocare unilateralmente i ministri che di conseguenza potevano essere sfiduciati solo dal Parlamento (Tuttavia la Costituzione emendata nel 2004 all’art. 113 recitava ancora che il Gabinetto dei Ministri era responsabile sia di fronte al Presidente sia alla Rada). Di converso il Presidente acquisiva ulteriori poteri di scioglimento nei confronti della Rada nel caso in cui entro 30 giorni dalle elezioni legislative non fosse riuscita a formare una coalizione oppure nel caso in cui una coalizione entro sessanta giorni dalla sua formazione non fosse riuscita a formare un nuovo Governo.
A partire dalla primavera del 2010 ha invece avuto luogo un’inversione di tendenza nell’evoluzione della forma di governo ucraina.
In seguito alla sua elezione, avvenuta nel febbraio del 2010, il grande sconfitto della rivoluzione arancione ed ex delfino di Kutchma Viktor Janukovich – non potendo formarsi allora nella Rada una coalizione di gruppi parlamentari che rappresentasse la maggioranza dei deputati che potesse proporre un candidato alla carica di Primo Ministro a lui gradito – è riuscito infatti a far approvare una modifica della Legge sul regolamento della Rada in base alla quale il candidato a Primo ministro poteva essere proposto non più solo da una coalizione di gruppi parlamentari che rappresentasse la maggioranza dei componenti della Rada, ma anche da una coalizione formata sia da gruppi parlamentari sia da singoli deputati. Grazie all’approvazione di tale novella legislativa, dichiarata conforme alla Costituzione dalla stessa Corte costituzionale dell’Ucraina, Janukovich riuscì quindi nell’intento di formare una coalizione e un Governo (Partito delle Regioni, Partito comunista e Partito popolare) che lo sosteneva grazie alla “fuoriscita” di alcuni singoli deputati da altri gruppi parlamentari
Dopo questo primo passo alcuni deputati del Partito delle Regioni hanno chiesto alla Corte costituzionale di dichiarare incostituzionale per questioni procedurali la riforma costituzionale del 2004 il cui annullamento ha portato al ripristino della Costituzione nella sua versione originaria del 1996.
Infine il 3 febbraio 2011 nel testo originario della Costituzione ucraina del 1996 è stata introdotta una modifica costituzionale che ha elevato il mandato del Presidente e della Rada a cinque anni.
Alla reintroduzione della versione originaria della Costituzione del 1996 hanno inoltre corrisposto delle corrispondenti modifiche delle leggi di attuazione del dettato costituzionale (in particolare della Legge sul Governo che ha stabilito nuovamente che il Presidente del Gabinetto deve presentare le dimissioni dinanzi al Presidente di nuova elezione).
Infine per la quarta volta è stata modificata la Legge sulle elezioni della Rada che – al posto della formula interamente proporzionale applicata nelle elezioni parlamentari del 2006 e del 2007 – ha stabilito la reintroduzione della formula mista già applicata nelle elezioni del 1998 e del 2002.
In base alla nuova legge elettorale del dicembre 2011 225 seggi devono essere infatti assegnati nell’ambito di un’unica circoscrizione nazionale sulla base della formula proporzionale mentre i restanti 225 seggi in corrispondenti circoscrizioni territoriali sulla base sempre della formula della maggioranza relativa. Tuttavia, a differenza del sistema misto applicato nel 1998 e nel 2002, non è più ammesso che nel collegio plurinominale proporzionale le liste di candidati siano proposte ancora dai blocchi di partiti, ma solo dai singoli partiti.
Grazie alla reintroduzione di tale sistema elettorale alle ultime elezioni parlamentari del 28 ottobre 2012 il Partito delle Regioni, che sostiene il Presidente Janukovich, non solo è riuscito a mantenere la propria posizione al primo posto, ma è anche riuscito a guadagnare 12 seggi rispetto alle elezioni del 2007. Il partito Patria ex blocco Tymoshenko, pur rimanendo al secondo posto, ha invece perso ben 54 seggi. Per capire tale differenza è utile lo studio dei dati disaggregati dei risultati del proporzionale e dei risultati del maggioritario. La differenza percentuale di voti tra il Partito delle Regioni e il Partito Madrepatria nel proporzionale è stata infatti di poco inferiore al 5% con rispettivamente 72 deputati per il Partito delle Regioni e 62 deputati per il Partito Patria. Nel caso del maggioritario si è invece evidenziata una forte tenuta del Partito delle Regioni che ha ottenuto 114 seggi mentre il partito Patria ne ha conseguiti meno della metà, ovverosia solo 43. La scelta relativa al cambiamento del sistema elettorale sembra dunque aver favorito soprattutto il Partito delle Regioni mentre l’opposizione del Partito della Tymoscenko, pur rimanendo al secondo posto, non ha mai ottenuto un risultato così basso dal 2006.
Per la prima volta hanno però fatto ingresso in Parlamento due nuovi partiti, ovverosia il Partito “Udar” (Alleanza democratica ucraina per le riforme) e il Partito “Svoboda” (Libertà). Udar ha ottenuto un risultato migliore nel riparto proporzionale che gli ha permesso di conseguire il terzo posto subito dopo Patria, ma a livello di collegi uninominali ha conquistato solo 6 seggi. Svoboda che si è posizionata al quarto posto, ha invece conseguito una percentuale inferiore di seggi con il proporzionale, ma il doppio dei seggi uninominali. Infine il Partito comunista, che ha conquistato dei seggi solo sulla base del riparto proporzionale, è sceso dal quarto al quinto posto. Il partito dell’ex presidente Juscenko, il grande sconfitto, non è invece neppure riuscito a entrare in Parlamento. Hanno fatto inoltre ingresso in Parlamento alcuni candidati “indipendenti”.
In seguito alla convocazione della prima sessione del nuovo Parlamento, i partiti Patria, Udar e Libertà si sono collocati all’opposizione. Pertanto il 9 dicembre 2012 tali partiti non hanno neppure votato a favore della nomina di M. Azarov che, proposto dal Presidente della Repubblica, alla carica di Presidente del Gabinetto, ha comunque ottenuto il consenso della maggioranza della Rada con 252 voti a favore su 129 contrari (20 astenuti).
I partiti all’opposizione non si sono però arresi e hanno successivamente cercato di sfiduciare il Presidente del Gabinetto, ma senza esito positivo. Una prima mozione di sfiducia è stata posta ai voti il 19 aprile 2013, ma solo 190 deputati si sono pronunciati a favore rispetto ai necessari 226 (maggioranza assoluta). Parimenti la mozione di sfiducia votata il 2 dicembre 2013, a seguito del rifiuto della firma dell’accordo di partenariato con la UE, non ha ottenuto il sostegno necessario per costringere alle dimissioni il Primo Ministro ucraino, nonostante qualche deputato del Partito delle Regioni abbia votato a favore insieme ai partiti dell’opposizione.
Stante il peggioramento della situazione politica il 28 gennaio 2014 il Presidente del Governo Azarov ha però “autonomamente” rassegnato le dimissioni. Tuttavia il leader del partito “Patria” e del partito “Udar” – ai quali il Presidente Janukovich il precedente 21 gennaio aveva offerto rispettivamente la carica di Presidente e di vicepresidente del Gabinetto dei Ministri – si sono rifiutati di entrare a far parte di un nuovo Governo. Di conseguenza il Presidente del Gabinetto uscente Azarov ha attribuito l’interim della presidenza al suo vice Arbusov.
I partiti all’opposizione non solo hanno cercato di far cadere il Governo ma al tempo stesso hanno anche continuato a rivendicare la reintroduzione della Costituzione dell’Ucraina del 1996 nella versione emendata durante il periodo della rivoluzione arancione del 2004 in quanto le modifiche allora introdotte rappresentano sino ad oggi la massima limitazione attuata in Ucraina dei poteri del Presidente.
Il 21 febbraio 2014 anche il Presidente Janukovich ha annunciato la sua “intenzione” di tornare al testo emendato nel 2004 (oltre a volere indire elezioni presidenziali anticipate e la formazione di un governo di unità nazionale). Il ripristino del testo costituzionale del 2004 – fermi i dubbi sull’effettiva volontà politica del Presidente costretto a trovare una soluzione dinanzi alla degenerazione della situazione politica e alle vittime nelle piazze – non dovrebbe e non potrebbe essere comunque così automatico poiché la Corte costituzionale ucraina nell’annullare nel 2010 gli emendamenti costituzionali del 2004 ha sostenuto che la revisione non era valida per vizi procedurali in quanto il progetto di legge sugli emendamenti non era stata sottoposto al suo esame preventivo, così come richiesto dalla procedura di revisione costituzionale sancita in Costituzione.
La stessa Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa nella sua risoluzione n. 1466 del 2005 – dopo aver espresso una certa preoccupazione in relazione alle circostanze tumultuose nel corso delle quali erano state approvate le modifiche e, parzialmente, anche in merito al loro contenuto – aveva affermato che «The Assembly expressed its concern about the fact that constitutional changes were adopted without any prior consultation with the Constitutional Court, as envisaged by Article 159 of the Ukrainian Constitution and interpreted in the Constitutional Court of Ukraine’s decision of 1998. Therefore the Assembly urges the Ukrainian authorities to address these issues as soon as possible in order to secure the legitimacy of the constitutional amendments and their compliance with European standards».
In Ucraina oltre a una soluzione politica sembra dunque necessaria anche una soluzione giuridica, tranne che la Corte costituzionale decida di ribaltare la propria sentenza o la Rada riapprovi gli emendamenti costituzionali del 2004 sottoponendoli al previo esame delle Corte.
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