THE DRAFT AMENDMENT OF THE RUSSIAN CONSTITUTION: FIRST ASSESSMENTS AGAINST THE BACKGROUND OF THE POLITICAL CONTEXT

IL PROGETTO DI EMENDAMENTO DELLA COSTITUZIONE RUSSA PRESENTATO ALLA DUMA IL 20 GENNAIO 2020: ALCUNE PRIME OSSERVAZIONI DI CONTESTO

di Angela Di Gregorio*

Non essendo stato ancora approvato il testo definitivo, le osservazioni sul progetto di legge della FR di emendamento alla Costituzione della FdR n. 885294-7, presentato alla Duma di Stato dal Presidente della FR il 20 gennaio 2020, sono parziali e provvisorie. È tuttavia possibile sottolineare alcune tendenze generali e alcuni punti oscuri che meriterebbero di essere chiariti dal successivo lavoro parlamentare o dalla legislazione attuativa.

In primo luogo il progetto non sembra costituire un disegno organico e coerente di riforma, pur essendo intitolato “Al perfezionamento della regolamentazione di determinate questioni di organizzazione del potere pubblico”. Ciò è dovuto al fatto, a mio avviso, che si è approfittato della riforma per inserire nel testo della Costituzione alcune innovazioni che erano già state introdotte a livello legislativo negli anni precedenti. Ciò sia al fine di rafforzarne la disciplina che per motivi simbolici.

I contenuti principali della riforma ci sembrano dunque essere i seguenti: costituzionalizzazione di riforme già introdotte in via legislativa, sublegislativa o nella giurisprudenza costituzionale (es.: intervento della Corte costituzionale nella verifica della costituzionalità delle decisioni di organi internazionali che interpretano trattati ratificati dalla Russia; requisiti di cittadinanza e residenza per i membri dell’esecutivo; elezione dei presidenti e vice presidenti delle Corti apicali da parte del Consiglio della Federazione; previsione di rappresentanti della FR nel Consiglio della Federazione; introduzione del Consiglio di Stato; inserimento dell’autogoverno locale nel più ampio concetto di “potere pubblico”; esplicita definizione in Costituzione del ruolo e delle finalità della Corte costituzionale e della procura; etc.); introduzione di maggiori garanzie per lavoro e pensioni (rafforzamento garanzie sociali); requisiti più severi per l’elezione del Presidente e per la sua durata in carica (i requisiti sull’assenza di cittadinanza e residenza all’estero sono poi estesi ad un’ampia gamma di supremi funzionari federali); attribuzione al capo dello Stato di nuove competenze, prevalentemente di iniziativa / proposta (destituzione dei giudici in una serie di casi, impugnazione preventiva delle leggi, etc.); nuove competenze della Corte costituzionale (controllo preventivo su leggi federali e dei soggetti) e riduzione del numero dei giudici costituzionali; riduzione del ruolo degli organi legislativi dei soggetti della Federazione (ad esempio in relazione alla nomina dei procuratori dei soggetti) compensata dalle maggiori competenze attribuite al Consiglio della Federazione (ad esempio consulenza nei confronti di una serie di nomine del capo dello Stato); ruolo apparentemente rafforzato della Duma di Stato.

Riguardo all’”architettura” del potere, la direzione della riforma non sembra molto chiara, a prescindere dalle speculazioni dei media, e molto dipenderà dal successivo lavoro parlamentare sul testo e soprattutto dalla prassi costituzionale, che nel funzionamento delle forme di governo risulta assolutamente fondamentale. Ad esempio, ci riferiamo alle competenze ed alla composizione del Consiglio di Stato (nel testo del progetto tale organo partecipa anche alla funzione di indirizzo politico del capo dello Stato; l’attuale Consiglio di Stato non ha questa competenza). Ma la parte che dovrebbe essere maggiormente dettagliata è quella sulla formazione del Governo. A tale proposito, è certamente prevista una maggiore partecipazione al processo delle due camere ma sempre sotto l’impulso e l’iniziativa del capo dello Stato. Viene inoltre espressamente costituzionalizzata la scomposizione del Governo in due blocchi, uno la cui formazione è condivisa tra Presidente (che propone il candidato premier) e Duma, che approva il primo ministro e la lista di ministri da questi proposta (che il Presidente deve accettare), e l’altro composto dai ministri e funzionari “della forza” nominato dal Presidente “in consultazione” con il Consiglio della Federazione. A prescindere dal fatto che una chiara sottoposizione di tutto l’apparato “della forza” (ma non espressamente i ministri) già emergeva dalla legge costituzionale sul Governo del dicembre 1997, la riforma attribuisce al Presidente il potere di determinare quali organi dell’esecutivo rientrano direttamente sotto la sua direzione (e dunque potrebbero andare oltre quelli “della forza”). Non è chiaro inoltre in che modo si effettui la “consultazione” della camera alta in questo procedimento. In relazione all’altro governo, quello diretto dal presidente del governo, diversi aspetti pure necessitano di chiarimento, come ad esempio il rapporto tra un nuovo premier e i ministri nominati dal premier precedentemente destituito dal Presidente che però rimangono in carica, così staccandone il destino da quello del premier che li aveva proposti alla Duma.

Anche se il progetto distribuisce meglio poteri e responsabilità tra i supremi organi costituzionali, non emerge uno stravolgimento bensì una maggiore condivisione di alcune funzioni del Presidente (alcune sono nuove) con le due camere del parlamento. Si tratta però sempre di una collaborazione da posizioni subordinate. Tuttavia è prematuro (in attesa del perfezionamento del progetto e della legislazione attuativa) parlare di una “parlamentarizzazione” della forma di governo. Per fare un esempio: il governo si forma sicuramente dopo l’elezione di un nuovo Presidente ma non dopo l’elezione di una nuova Duma. E questo non è conforme alla logica parlamentare. Non c’è menzione del ruolo dei partiti politici nell’individuazione del candidato premier e rimane la possibilità per il Presidente di imporre il proprio candidato alla Duma che per tre volte dovesse rifiutarsi di “approvarlo”. Maggiori spiragli nella direzione dell’autonomia della camera bassa derivano dalla previsione dell’approvazione della lista dei ministri (ma solo di quelli di uno dei due governi). In tal caso il Presidente è obbligato a nominarli.

Altro aspetto da chiarire nell’iter parlamentare sarà quello riguardante la sottoposizione della riforma, una volta approvata dai vari organi legislativi (le due camere federali, i parlamenti dei soggetti), alla votazione panrussa. Oltre a rappresentare una procedura inusuale (resasi forse necessaria perchè nell’elaborazione del progetto è mancata una fase di partecipazione/consultazione popolare) non è attualmente disciplinata a livello legislativo e richiederà una previsione ad hoc.

L’attenzione dei media e degli esperti internazionali si è incentrata soprattutto sulla forma di governo, nel senso di individuare nella riforma un preciso disegno di ristrutturazione del potere supremo al fine di garantire una successione soft nel 2024 o di assicurare all’attuale capo dello Stato di rimanere in altre vesti, quale padre nobile della nazione o simili. Tuttavia dal contenuto del progetto non si evidenzia una chiara direzione della ristrutturazione del potere ossia della sua futura caratterizzazione/forma.

*Professore ordinario (full professor) di diritto pubblico comparato all’Università degli Studi di Milano

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