Le elezioni in Brasile: la vittoria al primo turno di Bolsonaro
di Marzia Rosti
Il 7 ottobre scorso i brasiliani sono stati chiamati alle urne per eleggere il Presidente della Repubblica, i deputati e due terzi dei senatori del Congresso Nazionale, oltre ai governatori di 27 Stati. Fra i molti candidati alla presidenza, negli ultimi mesi erano emersi Jair Messiah Bolsonaro e Fernando Haddad, portatori di due visioni diametralmente opposte della politica, dell’economia e della società brasiliana. Il primo, ex capitano dell’Esercito, esponente della destra estrema (Partido Social Liberal-PSL) e nostalgico della dittatura (1964-1985), aveva richiamato l’attenzione degli osservatori internazionali con le sue dichiarazioni contro donne, omosessuali e indigeni.
Haddad, già sindaco di São Paulo, ex accademico e Ministro dell’Istruzione dei governi di Lula e di Rousseff, era entrato in corsa per le presidenziali solo a fine agosto, quando era sfumata anche l’ultima speranza di poter candidare l’ex presidente e leader del Partido dos Trabalhadores (Pt) Luiz Ignacio Lula da Silva, in carcere per corruzione e riciclaggio.
Se i risultati della giornata elettorale, da un lato, hanno confermato i sondaggi che negli ultimi mesi avevano dato in testa Bolsonaro con percentuali sino al 30%, dall’altro lato, hanno richiamato l’attenzione proprio per i voti ottenuti da Bolsonaro già al primo turno – 46% – con un distacco di più di 16 punti percentuali su Haddad, che ha raccolto solo il 29,3% dei consensi.
Bolsonaro ha raggiunto percentuali che nessuno si sarebbe aspettato solo qualche mese fa: oltre 49 milioni di consensi sui 147 milioni di iscritti nei registri elettorali e con un’astensione di circa il 22%, registrata soprattutto negli Stati del nord ovest, più isolati e poveri.
Dal momento che nessuno dei candidati ha superato la soglia del 50% dei voti, si andrà al ballottaggio il 28 ottobre: un appuntamento cui giungeranno Bolsonaro, al quale basterebbe la conferma dei consensi ottenuti, e Haddad che, nell’esortare le forze del centro sinistra a unirsi contro l’avanzata di Bolsonaro, ha raccolto per ora il sostegno di Ciro Gomes (Partido Democrático Trabalhista – PDT) che ha ottenuto il 12,5% di preferenze da quegli elettori delusi dalla sinistra e che forse non si identificavano più nel Pt. Anche insieme, comunque, Haddad e Gomes al momento non supererebbero il 40% e non è detto che, in caso di alleanza al secondo turno, i loro voti possano sommarsi.
L’affermazione di Bolsonaro è il risultato di diversi fattori politici, economici e sociali. A una economia in crisi, una corruzione dilagante e una criminalità in crescita con il senso di insicurezza che genera nella popolazione, si sono aggiunte una crisi della sinistra, l’opposizione alla ‘narrazione lulista’ e anche il tracollo dei partiti di centrodestra, sui quali pure tanti cittadini avevano fatto affidamento, appoggiando l’impeachment della Presidente Dilma Rousseff, nel 2016. I brasiliani non hanno infatti perdonato che i grandi accusatori del Movimento Democrático Brasileiro (Mdb) e del Partido da Social Democracia Brasileira (Psdb) si siano rivelati più corrotti degli accusati. E dunque il ministro Enrique Meirelles, candidato del partito del Presidente uscente Michel Temer, ha raggiunto appena l’1,2% dei consensi; il Psdb, che con il candidato Aecio Neves alle elezioni vinte da Rousseff aveva ottenuto il 33% dei voti al primo turno e il 49% al ballottaggio, ora con Geraldo Alckimin ha totalizzato un 4,8% di preferenze. Infine, l’eterna outsider Marina Silva, che nelle ultime due tornate elettorali – nel 2010 e nel 2014 – aveva ottenuto, rispettivamente, il 19% e il 21,32% dei consensi, ha raggranellato un misero 1%.
Fonti
- Capuzzi, Bolsonaro vuole “cancellare” l’era Lula, Avvenire, 7 ottobre 2018
- Capuzzi, Lo tsunami Bolsonaro già stravolge il Brasile, Avvenire, 9 ottobre 2018
- Lichterbeck, La tentazione autoritaria, Internazionale, 5 ottobre 2018
Tribunal Superior Eleitoral: www.tse.gov.br
www.termometropolitico.it/1334588_elezioni-presidenziali-brasile.html